di Chiara Moroni

renziMentre tutti gli altri cittadini europei con il loro voto contestano questa Europa, le scelte politiche e soprattutto economiche di un’Unione che non rappresenta i cittadini, gli Italiani si posizionano comodamente al centro, punendo gli estremismi e riponendo la speranza nell’uomo della provvidenza di turno, in attesa che qualcuno li faccia uscire dalla crisi e dal pantano politico-economico in cui ormai versano da diversi anni.

Come sempre in Italia il voto europeo viene letto sulla base delle logiche e dei rapporti di forza nazionali. Sotto questo punto di vista il voto di domenica ha solo confermato una tendenza che ormai è impossibile trascurare: gli Italiani non sono estremisti, la storia lo insegna, la maggioranza degli elettori è moderata e premia quelle forze che dimostrano tale caratteristica a prescindere, ormai, dalla destra e dalla sinistra.

Grillo ha esagerato i toni e gli anatemi, la chiave distruttiva a tutti i costi non paga e molti di coloro che lo hanno votato alle politiche dello scorso anno lo hanno abbandonato proprio perché intimoriti dalla sua capacità di aizzare la folla contro il sistema, dalla mancanza di un progetto per il futuro individuabile e comprensibile, al netto delle minacce e delle contraddizioni evidenti che segnano ormai la vita del Movimento 5 stelle.

Renzi è riuscito a catalizzare il consenso su di sé, come per anni ha fatto Berlusconi, vincendo la scommessa della comunicazione e della persuasione, certo deve ancora dimostrate tutto dal punto di vista del governo, ma è riuscito ad intercettare il voto dei moderati di sinistra e forse non pochi di quelli di destra. Certo agli ex comunisti, democratici di sinistra ecc. andrebbe spiegato che Renzi e il Pd che stravince oggi, della sinistra ha poco, la biografia stessa del leader e la sua politica di governo raccontano la storia di un moderato cattolico che è riuscito laddove la destra si è persa: costruire un partito moderato sul modello di altre forze politiche europee più avanzate, riuscendo ad emarginare gli estremismi non costruttivi e catturare il voto dei moderati.

La vera sconfitta di questa tornata elettorale è la destra. La destra divisa e parcellizzata sulla base di ambizioni personali, priva di un leader degno di questo nome, si è persa nelle paludi della lotta intestina in nome dei personalismi e dei tatticismi di breve periodo. Berlusconi prende i voti dei nostalgici degli splendori del ’94, Alfano cattura una minima percentuale di cattolici moderati, Fratelli d’Italia non sfonda: al nord risulta troppo simile alla Lega – e quindi si preferisce l’originale – al centro e al sud non convince l’operazione nostalgia. Le radici ideali e valoriali sono importanti, ma oggi è fondamentale dare una prospettiva moderna e competitiva sulle idee e sui progetti.

Senza un modello di società che sposi gli ideali tradizionalmente di destra ma che guardi al futuro non si può sperare di ottenere un consenso tanto consistente da rappresentare la possibile alternanza di governo. Ora è auspicabile che le forze di destra sappiano fare un passo indietro, recuperare le idee e la progettualità di chi in passato auspicava e lavorava per un partito di centrodestra unitario, archiviando i due ventenni (quello fascista e quello berlusconiano) e progettando un modello di società che convinca e attragga quelle forze moderate che rappresentano la maggioranza degli italiani.

 

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