di Michele Marchi*
Se si dovesse riassumere in uno slogan la lunga campagna delle elezioni primarie per scegliere il candidato socialista alla corsa all’Eliseo si potrebbe affermare: “Confronto sì, scontro no”. Questo non significa che i sei candidati in lizza, i cinque socialisti Martine Aubry, François Hollande, Armand Montebourg, Segolène Royal e Manuel Valls e il radicale di sinistra Jean-Michel Baylet, non si siano scambiati colpi proibiti o non si siano divisi nei tre mesi seguiti al deposito delle candidature e nei tre confronti televisivi, due a settembre e uno il 5 ottobre. È certamente vero che anche nell’ultimo dibattito televisivo ad un favorito Hollande (accreditato del 42%), che ha continuato a presentarsi come candidato della sintesi e delle tranquillità, Aubry e Royal (staccate rispettivamente di 15 e 31 punti) non hanno lesinato gli attacchi. L’ex primo segretario ha parlato dell’inutilità di opporre ad una “destra forte”, una “sinistra molle”. L’ex candidata del 2007, dal canto suo, non ha esitato a stigmatizzare il cumulo di mandati di Hollande, contemporaneamente deputato e presidente del consiglio generale della Corrèze.
Nonostante questi attacchi la parola d’ordine in vista del voto del 9 ottobre e, per il quasi certo ballottaggio di una settimana dopo, è stata “scongiurare la rottura”. Gli spettri di Reims 2008, con il partito uscito senza segretario dal congresso e con il successivo testa a testa vinto, con polemica finale, da Martine Aubry su Segolène Royal, mettono i brividi ai dirigenti socialisti. A maggior ragione in questa particolare congiuntura, cioè di fronte alla prospettiva di una elezione presidenziale del 2012 che il PS può solo perdere.
Insomma punto primo non farsi del male da soli, a maggior ragione se, come sembra, il primo turno delle primarie appare scontato. Hollande e Aubry sembrano aver staccato il resto dei candidati e si avviano verso il ballottaggio del 16 ottobre, addirittura in prospettiva tranquillizzati dall’unanimità dei sondaggi: entrambi i candidati socialisti dovrebbero infatti uscire vincitori da un ballottaggio con il presidente uscente Nicolas Sarkozy. Dunque tutto già scritto per il primo turno delle primarie socialiste e addirittura per la riconquista dell’Eliseo da parte della gauche, ad oltre un ventennio dalla rielezione di Mitterrand nel 1988?
Nonostante il quadro sembri già determinato, non bisogna sottovalutare una serie di incognite che riguardano sia propriamente le primarie socialiste, sia in prospettiva la corsa all’Eliseo.
Per quanto riguarda la corsa interna al Ps determinante sarà innanzitutto la partecipazione. Si tratta delle prime primarie “aperte”, dato che sia nel 1995 sia nel 2006, Jospin e Royal erano stati rispettivamente scelti dagli iscritti del partito. Questa volta ci si attendono almeno un milione e mezzo di votanti. Ne consegue che i sondaggi potrebbero essere stravolti e d’altra parte che una partecipazione molto minore, o molto maggiore, potrebbero cambiare il significato della consultazione. Vi è poi una seconda e più pericolosa incognita che riguarda il ballottaggio. Una volta scelti i due sfidanti il partito ricomincerà a lacerarsi? La tendenza al “non facciamoci del male” svanirà e si riproporrà uno scontro fratricida sul modello Reims 2008? E una volta incoronato il candidato, tutto il partito sarà pronto ad appoggiarlo?
Le altre numerose incognite riguardano invece il post-primarie e la corsa all’Eliseo. I bassi livelli di popolarità dell’inquilino dell’Eliseo uniti ad uno strapotere socialista a livello locale (regionale, dipartimentale, cantonale e comunale), peraltro certificato dalla recente storica conquista della maggioranza al Senato, inducono a pronosticare una vittoria semplice per Hollande o Aubry alle prossime presidenziali. Anche su questo punto bisogna però fare molta attenzione.
Proprio la campagna in vista del voto per le primarie ha certamente evidenziato una maturazione, perlomeno dei principali e più accreditati leaders socialisti. Nessuno dei candidati “seri” ha messo in discussione la necessaria lotta contro deficit e debito pubblico. Il realismo e il pragmatismo, in particolare di Hollande e Valls, ma in larga parte anche di Aubry, sono poi risultati evidenti nella decisione di accantonare le chimere dell’immaginifico “Progetto socialista per il 2012”. Insomma dalle primarie sta emergendo un socialismo francese più in linea con il Mitterrand del 1988, che con quello del “changer la vie” del 1981. In particolare Hollande, ma per forza di cose anche Aubry (dal momento che su di lui deve fare la corsa per garantirsi almeno il ballottaggio), hanno insistito sulla loro immagine centrista, riformista e già presidenziale. Tutto ciò in linea anche con la conferma giunta dal voto per il Senato, con un Ps oramai sempre più partito moderato, centrale e centrista. Tutto ciò reggerà anche nella settimana del ballottaggio? Ma soprattutto un Ps “centrista” come riuscirà a garantirsi il voto della sinistra estrema e di una parte dell’elettorato popolare che spesso al primo turno vota Fronte nazionale, suffragi indispensabili in vista del ballottaggio presidenziale?
Tralasciando le possibili e future ricadute dell’affaire Strauss-Kahn, che al momento sembra essersi sciolto come neve al sole, è su un altro punto che si affollano gli interrogativi: Nicolas Sarkozy è davvero politicamente finito?
Lo storico, ex socialista poi consulente dell’attuale presidente, Max Gallo, ha di recente affermato che “l’allergia antisarko è così diffusa che finisce per far perdere di vista qualsiasi criterio di oggettività”. In realtà di dati oggettivi che indichino la pessima posizione di Sarkozy non ne mancano. Mai un presidente in carica si era trovato ad un livello così basso di popolarità ad un anno dal voto. Nell’aprile scorso Sarkozy era fermo al 28% di popolarità, mentre nell’aprile 2001 Chirac arrivava al 56%, stesso risultato per Mitterrand nel 1987, e il declinante (e poi sconfitto) Giscard nell’aprile del 1980 raggiungeva comunque il 45%. È vero che, paradossalmente, la crisi dell’area euro e la guerra di Libia sono state due boccate d’ossigeno per un presidente che ha mostrato il suo volto migliore proprio nella gestione delle crisi internazionali, ma la risalita nella popolarità è comunque lenta e Sarkozy si mantiene costantemente dietro al suo Primo ministro, da circa quattro anni più popolare dell’inquilino dell’Eliseo, novità assoluta per la V Repubblica.
Nonostante questo quadro a tinte così fosche, certificare la “morte politica” di Sarkozy sarebbe l’errore più grave per i socialisti.
Innanzitutto lo sforzo di “ri-presidenzializzazione” che si è imposto Sarkozy, perlomeno nell’ultimo anno, potrebbe alla lunga dare dei frutti.”Sarkozy” ha lentamente, ma con un certo successo, sostituito “Sarkò” e non è da escludere che l’elettorato francese se ne renda conto al momento di scegliere il nuovo inquilino dell’Eliseo.
In secondo luogo con l’emergenza economico-finanziaria destinata a continuare Sarkozy potrà far valere la sua capacità di gestire le crisi, i suoi rapporti internazionali e la sua “posture presidentielle” rispetto a qualsiasi candidato socialista. In fondo sia Hollande, sia Aubry sanno di poter contare solo su un’immagine gestionale, ma non su una “posture presidentielle”. Il primo non è mai nemmeno stato ministro, la seconda ha certamente esperienza ministeriale (durante la seconda presidenza Mitterrand, dal 1991 al 1993 e nel corso della coabitazione con Jospin Primo ministro, dal 1997 al 2000), ma non un profilo internazionale spendibile. Da questo punto di vista il candidato perfetto era certamente Dominique Strauss-Kahn.
Infine la variabile centrista. Il ritiro di Jean-Louis Borloo (accreditato del 7%) dall’ipotesi di candidatura al primo turno, mostra che Sarkozy, anche se non ufficialmente, è già in campagna elettorale. L’assenza di candidature a destra e al centro (se si eccettuano quelle scontate di Marine Le Pen e di Fançois Bayrou,) era la condizione minima posta dal presidente in carica per garantirsi il ballottaggio e scongiurare una frammentazione che potrebbe condurre ad uno scenario sul modello del 2002, con il Fronte nazionale al ballottaggio, questa volta contro il candidato socialista e con quello post-gollista eliminato al primo turno.
In definitiva anche se tutto può sembrare già scritto i nodi da sciogliere non mancano. Già dopo il primo turno delle primarie socialiste il quadro politico transalpino si mostrerà forse un po’ più chiaro.
L’errore più grande, in questo momento, sarebbe quello di pensare che ai numerosi interrogativi possano essere fornite risposte scontate.
*Università di Bologna – Centro Studi Progetto Europeo