di Michele Marchi
In poco meno di una settimana la campagna elettorale francese per le elezioni presidenziali del 22 aprile – 6 maggio 2012 ha subito una improvvisa accelerazione. Giovedì 26 gennaio François Hollande ha presentato ufficialmente le sue “60 proposte per la Francia”, che ha poi “difeso” in serata ad una popolare trasmissione politica, confrontandosi con esperti e, in un teso faccia a faccia, con il Ministro degli affari esteri Alain Juppé. Dal canto suo Nicolas Sarkozy, domenica 29 gennaio ha parlato al Paese in diretta televisiva dal Palazzo dell’Eliseo, rispondendo alle domande di alcuni tra i più autorevoli giornalisti transalpini. Da un lato il candidato socialista, in campagna elettorale dal oltre sei mesi, dato che ha dovuto affrontare le primarie della gauche, e dall’altra il presidente in carica che, anche al termine del lungo dibattito televisivo seguito da oltre quindici milioni di francesi, non si è ancora ufficialmente dichiarato candidato alla prossima elezione.
Ci sono, tra gli altri, due angoli di interesse dai quali guardare a questa fase della campagna elettorale. Uno maggiormente legato alla storia politica della Quinta Repubblica e l’altro più direttamente inerente alla contingenza politica odierna.
Rispetto al primo dato è indubbio che Hollande abbia come punto di riferimento ideale per la sua campagna elettorale il François Mitterrand vittorioso del 1981. Le sue “60 proposte per la Francia” non possono non richiamare alla memoria le 110 dell’allora leader socialista. Peraltro i paralleli tra il “padre nobile” della gauche, unico socialista ad oggi ad aver varcato la soglia dell’Eliseo da presidente, e il deputato della Corrèze non mancano nemmeno sulla stampa, che insiste molto su una certa similitudine tra i due soprattutto per quanto riguarda l’eloquio e la gestualità. Bisogna però ammettere che le somiglianze tra le due esperienze si fermano qua. Al netto delle obiettive differenze storiche tra il 1981 e il 2012, è il percorso di costruzione della leadership dei due ad essere profondamente differente. Mitterrand esercitò il suo fine pragmatismo prima per egemonizzare totalmente il partito, poi per sottrarre progressivamente al PCF militanti ed elettorato, facendo proprie le sue parole d’ordine, innanzitutto quell’idea del changer la vie così cara alla sinistra transalpina. I margini di manovra odierni di Hollande sono molto minori e la crisi nella quale versa il Paese non permette salti nel vuoto e per questo il candidato socialista ha scelto di giocarsi la doppia carta della giustizia sociale (da opporre a Sarkozy candidato del privilegio) e del rassemblement (ancora in contrasto con Sarkozy, colui che divide). Inevitabilmente il programma non può che caratterizzarsi per un alto tasso di conservatorismo e per una scarsa vena riformista.
Tornando alla storia, Sarkozy sembra invece voler vestire i panni di un “novello” Valery Giscard d’Estaing, che in occasione del suo tentativo di rielezione nel 1981 proprio contro Mitterrand, decise di annunciare la sua ricandidatura più tardi possibile. Quella di Giscard arrivò all’inizio del mese di marzo e soltanto perché nel frattempo, circa un mese prima, Chirac era sceso in campo come vera e propria minaccia per il Presidente uscente. A quel punto Giscard tentò il tutto per tutto, giocandosi la carta del cosiddetto “cittadino-candidato” e cercando di mobilitare il Paese per un voto “nuovo”, che si mantenesse lontano dal bilancio di un settennato fatto di luci e ombre, ma in particolare segnato dalla rottura a destra (tra centristi e gollisti) e dalla fine dei “trenta gloriosi” della crescita (complice naturalmente la doppia crisi mondiale del 1973 e del 1979). Anche Giscard e Sarkozy hanno in realtà alcune similitudini e molte differenze. Entrambi hanno perseguito la riforma (seppur con metodi diversi) ed entrambi non si sono sentiti mai completamente accettati dai francesi. Rispetto alle differenze mentre il primo ha sempre cercato, sin dalla decisione di non sciogliere il Parlamento (rinnovato nel 1973) al momento della sua elezione nel 1974, di “governare al centro”, il secondo è il simbolo delle scelte forti, che dividono ma che, almeno nelle sue intenzioni, dovrebbero faire bouger les lignes. Oggi saranno però accomunati dalla non rielezione?
Se la storia finisce, come spesso accade, per rendere meno scontato e più sfaccettato il quadro, è però nella contingenza che si deciderà il prossimo Presidente. E questa parla di un totale contrasto tra le due ricette in campo.
Da un lato Hollande lancia un messaggio chiaro, in particolare alla classe media francese: il modello sociale transalpino, fondato su ampie garanzie di welfare, ma anche su un opprimente prelievo fiscale sul lavoro e un mastodontico settore pubblico, non è morto. Al contrario proprio la crisi ne ha evidenziato il carattere difensivo. Per questo è necessario riformarlo (con estrema cautela), ma forse sarebbe meglio dire rilanciarlo. A questo punto le ricette sono le solite: 20 miliardi di nuove spese da finanziare con la fiscalità aumentata per i redditi più alti e le rendite, rimessa in discussione della riforma pensionistica (con proposta di ritorno ai 60 anni!!), riforma del mercato del lavoro, rientro del deficit basato su rosee prospettive di crescita economica, progressivo abbandono del nucleare e tassazione sulle transazioni finanziarie, con l’aggiunta di una temeraria proposta di rinegoziato del recente accordo salva euro.
Dall’altro una scommessa altrettanto azzardata, da parte di Sarkozy: proporre, a tre mesi dall’elezione, un’ultima e più poderosa ondata di riforme. Obiettivo finale dichiarato esplicitamente dallo stesso Sarkozy nel corso dell’intervento televisivo: “importare” in Francia il modello economico tedesco. Le parole d’ordine sono competitività sul mercato del lavoro, aumento dell’IVA per liberare le imprese dal carico fiscale e proseguimento sulla linea della severa disciplina di bilancio.
Quale delle due proposte ha più possibilità di vittoria? Scorrendo i sondaggi non vi sono dubbi. Anche se il presidente in carica è considerato più credibile nell’incarnare il ruolo di guida del Paese, Hollande stravince in tutti i sondaggi che analizzano le intenzioni di voto. Forse a questo punto il discorso storico potrebbe tornare utile. In fondo Mitterrand nel 1981, con le sue 110 proposte voleva changer la vie rispetto all’ondata di liberalismo anglosassone che, da Londra a Washington, si stava diffondendo, con diverse gradazioni, nell’allora Occidente. E i francesi risposero in maniera entusiasta a quella sorta di cambiamento nella continuità. Il sarkozismo per molti aspetti è uno strano ibrido politico-ideologico. E in questo un po’ assomiglia al giscardismo, mai completamente compreso e mai completamente amato dai nostri cugini d’oltralpe. Insomma, tra un novello Mitterrand e un Giscard geneticamente modificato, la Francia difficilmente dovrebbe avere dubbi. Ma, come si sa, la storia non è certo una scienza esatta.
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