di Alessandro Campi
Come ha fatto una personalità ordinaria e grigia come la Merkel, del tutto priva di carisma e di fascino, a conquistare un consenso tanto profondo tra i tedeschi, che per la terza volta l’anno eletta nel ruolo di Cancelliere?
Questa è la domanda che diversi osservatori si sono posti all’indomani delle elezioni che in Germania hanno assegnato alla Merkel e al suo partito un risultato per molti versi eclatante. Nei momenti di crisi economica le forze di governo vengono solitamente penalizzate dalle urne a beneficio di quelle di opposizione. In questo caso, i cittadini tedeschi hanno invece confermato la propria fiducia a chi – secondo il loro giudizio – li ha ben guidati nel mezzo di una tempesta finanziaria che nel resto d’Europa ha prodotto recessione e perdita di posti di lavoro. Si sono fidati della signora Merkel, nonostante il suo tono dimesso e la sua mancanza di appeal, come ci si fida di una mamma amorevole o di una sorella maggiore premurosa e affidabile.
La mancanza di carisma, di grandi visioni ideali e di pathos personale, caratteri che si ritrovano in molti dei grandi leader democratici che abbiamo visto all’opera sulla scena politica internazionale negli ultimi decenni, sarebbe insomma stata compensata, nel caso della Cancelliera, da un atteggiamento all’insegna della sobrietà, del rigore e della dedizione al lavoro, che in tempi di incertezza gli elettori hanno dimostrato di apprezzare.
Ma siamo propri sicuri che la Merkel non abbia quelle capacità straordinarie e uniche, su tutte quella di intercettare gli umori profondi e le aspirazioni autentiche dei cittadini, di entrare in sintonia con il sentimento collettivo, che solitamente si abbinano al termine carisma? Forse bisogna tornare a riflettere su cosa sia effettivamente il carisma, soprattutto nel contesto delle democrazie, e su quali siano i caratteri che lo definiscono.
La parola carisma, come è noto, ha un’origine religiosa e non a caso è stata introdotta nel linguaggio politico da Max Weber a partire dai suoi studi sul cristianesimo dell’antichità. Nel suo significato più autentico essa sembra richiamare qualcosa di miracoloso: una forza sovraumana o eccezionale che può appartenere solo ad una personalità toccata dalla grazia divina, dotata di capacità visionaria, in grado di soggiogare il prossimo con la propria volontà e la propria parola.
Quando parliamo di capo carismatico con riferimento alla politica il nostro pensiero corre immediatamente all’Europa degli anni Trenta, alla forza ammaliatrice dei grandi dittatori, da Hitler a Stalin, passando ovviamente per Mussolini: figure di politici-profeti ai quali grandi masse hanno riservato un vero e proprio culto religioso. Un modo di intendere il carisma – alla stregua di un potere quasi magico, basato su un senso della missione storica che tiene unito il capo al suo popolo – che abbiamo finito per trasferire anche nel contesto dei regimi democratici.
Quando oggi pensiamo al leader di una grande democrazia immaginiamo che debba per forza essere un seduttore, un affabulatore e un visionario, capace di spingersi dove altri non si arrischiano, dalla biografia esemplare e inimitabile; ovvero pensiamo che debba essere un politico furbo e astuto, in grado di dominare ogni situazione, intelligente oltre misura, rapido nelle scelte e pronto a tutto, capace di performances straordinarie nella sua vita privata come in quella pubblica.
Nemmeno ci sfiora che il carisma, vale a dire il prestigio e l’autorevolezza, di un governante o di un aspirante leader possano nascere dalla normalità: non dal fatto di essere banalmente uno come gli altri, ma di farsi guidare nelle proprie scelte dalla ragionevolezza, dal senso del dovere, dal rispetto per il prossimo, dalla capacità di calcolare costi e benefici di ogni azione, da un evidente rigore morale e da un forte senso delle istituzioni, dalla riservatezza riguardo la propria vita privata. Tutte qualità che prese in sé, singolarmente, non hanno nulla di straordinario o miracoloso, ma che concentrate in chi ha responsabilità pubbliche ne fanno una figura in grado di trasformare i propri comportamenti ordinari in comportamenti esemplari.
La verità è che un capo politico democratico – e la Merkel sembra esserne un esempio – non deve necessariamente piacere grazie alle sue pose ammiccanti o far sognare e illudere, può anche limitarsi a convincere con la forza degli argomenti e a dare ai suoi cittadini una ragionevole speranza di benessere. Non deve fare appello per forza al destino o alle grandi passioni collettive, può anche decidere di farsi guidare dal buon senso innato in ogni individuo, dalla prudenza e da un sano pragmatismo. Ciò non gli toglie necessariamente forza, semmai contribuisce ad accrescerne la considerazione.
Si accusa la Merkel di vestire male e di trasmettere un’immagine di sé dimessa e sciatta, di non avere il dono dell’eloquenza, di non perseguire un grande disegno politico ma di limitarsi ad essere una buona amministratrice, di non suscitare mai alcun entusiasmo nei suoi interlocutori. Ma ciò non le ha impedito, negli anni in cui è stata al governo, di prendere decisioni a suo modo storiche (pensiamo alla scelta di abbandonare il nucleare), di conseguire importanti risultati (in campo economico come sul versante dei diritti civili) o di sintonizzarsi con le ansie e le aspirazioni dei tedeschi di ogni condizione sociale.
Insomma, c’è il carisma che nasce da una promessa indirizzata al futuro, ma c’è anche quello che nasce dall’operosità e dalla concretezza applicate al presente. C’è il carisma del condottiero di folle o del grande comunicatore o del salvatore della patria, ma c’è anche quello del governante pacato e fattivo che parla il linguaggio della verità e persegue i suoi traguardi in modo silenzioso ma con ostinazione. Si pensa che un capo carismatico sia quello capace di immaginare e fondare dal nulla un nuovo ordine politico. Ma forse il vero carisma consiste nell’impegno a gestire bene, cercando di migliorarlo nell’interesse di tutti, il mondo imperfetto nel quale viviamo.
* Articolo apparso su “Il Messaggero” (Roma) del 25 settembre 2013 con il titolo Il leader carismatico della porta accanto.
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