di Luca Marfé
“G” come “gruppo”, ma anche “g” come “guerra”.
I 20 grandi del mondo si danno appuntamento ad Osaka, le prime linee dei giganti si preparano all’incontro-scontro di politica, diplomazia ed economia.
I riflettori si accendono su Donald Trump, gli Stati Uniti dettano, direttamente e indirettamente, un’agenda fatta di dazi, di Medio Oriente e di Oriente Estremo.
Prima ancora di mettere piede sul suolo giapponese, dopo una breve sosta in Corea del Sud, si parla già di Cina e di Xi Jinping. I funzionari di aquila e dragone hanno lavorato giorno e notte, l’accordo è pronto, ora sta ai due presidenti non farlo saltare. Non si vedono da dicembre, il bilaterale più atteso va in scena sabato, in ballo ci sono miliardi di dollari di possibili tariffe doganali e conseguenze a cascata per l’intera economia mondiale.
Trump minaccia, ma vuole chiudere. Del resto, nel quadro della sua perenne logica elettorale, ha necessità di tornare a casa con un risultato concreto. Il genio delle trattative, come lui stesso ama definirsi, ha insomma bisogno di chiudere quella più importante. Di rassicurare, cioè, la sua base e in generale gli americani tutti.
Non sarà facile, ma non dovrebbero esserci grossi colpi di scena. Anche perché di fronti in completa agitazione il tycoon ne ha già troppi. In primis, ovviamente, quello con l’Iran che proprio con la Cina continua a fare affari d’oro tra petrolio e collaborazioni commerciali e che, peggio ancora, sfida l’Occidente a viso aperto fino ad arrivare sull’orlo dell’abisso di un’altra guerra, questa volta vera.
Sfiorata pochi giorni fa, con tanto di caccia statunitensi in volo e pronti a far fuoco, riposta o soltanto rimandata, almeno per il momento.
Teheran, dunque, pur non essendo presente fa da sfondo a un summit in cui si parlerà, magari a microfoni spenti, delle tensioni mediorientali.
C’è, però, anche un Oriente un po’ più in là. Ed è quello di Pyongyang.
Trump sarà ad un passo, tra i militari di stanza a Seul e dintorni. Con gli sherpa che già lavorano al prossimo incontro con Kim Jong-un. Suggestiva (e probabile) l’idea che lo stesso possa avere luogo presso la DMZ, ovvero presso la Zona Demilitarizzata che corre lungo il 38esimo parallelo e che dal 1953 divide i due universi coreani. Altrettanto e ancor più suggestiva l’idea che possa unirli.
Per concludere, in orbita Giappone c’è anche un certo Vladimir Putin.
Non è previsto un faccia a faccia, ma i leader di Cremlino e Casa Bianca avranno di sicuro modo di incrociarsi, mentre in terra America i democratici provano a rilanciare per l’ennesima volta la grana Russiagate attraverso la testimonianza del procuratore speciale Robert Mueller tra le mura del Congresso (17 luglio 2019, ndr).
Tra il rassegnato e il divertito, a margine del dibattito tra i candidati 2020, Trump li prende addirittura in giro e si imbarca per la sua nuova avventura da presidente con questo tweet:
«Perdonatemi, sono sull’Air Force One, vado a salvare il Mondo Libero!»
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