di Sergio Rizzo

Ritratto di MachiavelliCome ci sarà arrivato un ritratto di Niccolò Machiavelli a Jacksonville, in Florida, è un mistero. Il rigattiere americano che un bel giorno ha deciso di venderlo ha raccontato che con ogni probabilità proveniva dagli oggetti di un generale dell’esercito statunitense di stanza alla Nato, a Bruxelles. Senza però poter dire come, né quando, il piccolo dipinto su tavola fosse giunto in Belgio. E da dove, poi. Altrettanto misterioso è l’autore: assolutamente anonimo. Di sicuro non è, come il rigattiere di cui sopra voleva comicamente far credere, Leonardo Da Vinci.

Sappiamo invece com’è tornato in Italia, perché dall’Italia è certamente partito. L’ha comprato da quel rigattiere, su e-bay, Alessandro Campi. Politologo di chiara fama, insegna all’università di Perugia ed è stato a lungo il direttore della Fondazione Farefuturo. Viene considerato l’ideologo della svolta politica di Gianfranco Fini sfociata nella clamorosa rottura del 2010 con Silvio Berlusconi.

Ma Campi è anche fra gli intellettuali più esperti della vita e delle opere del filosofo fiorentino. Non è un caso che sia stato lui a curare la mostra “Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo” promossa dalla Treccani e organizzata lo scorso anno al Vittoriano di Roma in occasione dei cinquecento anni dalla stesura del Principe, il trattato politico certo più famoso della storia moderna, tanto da essere ancora oggi il libro italiano fra i più tradotti all’estero. Una mostra nella quale erano esposte anche alcune cose provenienti dalla straordinaria collezione di Campi.

Perché nel corso degli anni la passione per Machiavelli lo ha spinto a raccogliere ogni genere di traccia e testimonianza: dalle edizioni del Principe ai francobolli rievocativi, fino agli oggetti più curiosi. Ed è così che ha trovato, su internet, il ritratto scomparso. L’ha comprato e il rigattiere di cui sopra gliel’ha spedito per posta. Sembrava una crosta. Lo stato di conservazione era pessimo e poi bisognava fidarsi delle fotografie: non c’era nulla che garantisse l’autenticità del dipinto poi dimostrata in seguito agli esami tecnici. Nulla, tranne una certa somiglianza del soggetto con gli altri cinque ritratti di Machiavelli esistenti.

Tutti, del resto, realizzati a quanto pare successivamente alla sua morte. Anche il più famoso, quello esposto a palazzo Vecchio a Firenze che secondo la tradizione sarebbe stato eseguito sul modello della maschera mortuaria. E con caratteristiche che lo stesso Campi ha descritto nel saggio sull’iconografia machiavelliana pubblicato nell’Enciclopedia Machiavelli della Treccani: “L’incredibile fortuna del ritratto in questione, di una forza espressiva straordinaria e persino inquietante dipende infatti dalla curiosa circolarità che sembra implicare e che porta a chiedersi, quando lo si guarda, se quella faccia volpina e astuta, magra e ossuta, se quegli occhi vispi e indagatori, se quel sorriso appena accennato ma che sembra denotare malizia e un fondo di irriverenza non siano la trasposizione pittorica ben riuscita e a suo modo geniale, della obliqua fama, vagamente sinistra che ha cominciato a imprimersi su Machiavelli subito dopo la sua morte”. Dunque una specie di caricatura? Una rappresentazione del personaggio, del quale non esisterebbe un ritratto da vivo, che ha tradotto nei caratteri somatici il “machiavellismo” più che Machiavelli in carne e ossa? In effetti i dipinti finora conosciuti potevano in qualche modo accreditare un interrogativo del genere.

Quello ritrovato da Campi a Jacksonville ci consegna invece una figura più umana, con un volto quasi da bonaccione pur nella indiscutibile somiglianza con gli altri. Una faccia nuova e inedita di Machiavelli, da persona normale, in un’opera di fattura “non straordinaria, ma sicuramente interessante”, secondo lo storico dell’arte Claudio Strinati, che presenterà ufficialmente il piccolo quadro lunedì 27 ottobre a Roma al Complesso del Vittoriano insieme a Giuliano Amato e allo stesso Campi. “Interessante” dal punto di vista stilistico, ma forse ancor più dal punto di vista storico. Per gli esperti che l’hanno esaminato, accertandone l’originalità, è plausibile una datazione nel secondo quarto del sedicesimo secolo. Vale a dire, fra il 1525 e il 1550. Una valutazione tale da non escludere che possa essere stato realizzato con la persona ancora in vita, considerando che Machiavelli è morto a Firenze nel 1527, all’età di 58 anni. Un’altra piccola tessera nel misterioso puzzle di Niccolò Machiavelli.

* Articolo apparso sul il “Corriere della Sera” del 12 ottobre 2014.

 

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