di Alia K. Nardini

Il 30 settembre ha ufficialmente sancito il termine dell’anno finanziario negli Stati Uniti. In mancanza di un accordo tra Repubblicani e Democratici sul un nuovo budget per la spesa pubblica, i Repubblicani hanno promosso alla Camera (dove hanno la maggioranza) una risoluzione che concede al governo i fondi necessari ad operare, a condizione che vengano posticipate di almeno un anno le più recenti clausole dell’Affordable care Act (meglio noto come Obamacare), che dovrebbero entrare in vigore questa settimana,.

Il Senato, controllato invece dai Democratici, non ha approvato il provvedimento. Ha eliminato le parti relative all’Obamacare (il risultato è stato definito, in gergo, clean Bill) e ha rispedito la risoluzione alla Camera dei Rappresentanti per la riconciliazione. Così si è giunti all’impasse: lo speaker Repubblicano alla Camera John Boehner non intende mettere ai voti la proposta riformulata dai Democrats, sostenendo che se il debito pubblico necessita ancora una volta di un innalzamento, vanno affrontate prima le ragioni che richiedono tale aumento (ovvero, l’eccessiva spesa pubblica promossa dalla corrente Amministrazione). Per loro conto, i Democratici non sono assolutamente disposti a negoziare mettendo sul tavolo delle trattative la riforma sanitaria, senza dubbio il più grande traguardo raggiunto dall’Amministrazione Obama.

Senza un rinnovo del budget, tuttavia, il governo degli Stati Uniti non è legalmente autorizzato a spendere denaro pubblico: si è dunque entrati ufficialmente nella fase di shutdown, dove vengono garantiti ai cittadini soltanto i servizi essenziali. Funzionano gli ospedali e l’esercito, e vengono elargiti i sussidi ai meno abbienti; tuttavia parchi nazionali e musei sono chiusi, vi saranno severi ritardi nelle negoziazioni e nei rinnovi dei mutui, così come negli enti amministrativi, come l’ufficio passaporti, e, generalmente, per ogni genere di pagamenti. Si stima che circa 800 mila americani siano stati temporaneamente allontanati dal posto di lavoro, e non percepiranno compenso per i giorni di riposo forzato; mentre oltre un milione e 300 mila cittadini hanno seguitato a svolgere le loro mansioni, senza però venire retribuiti. Per quanto possibile, verrà loro riconosciuto un compenso retroattivo.

La situazione deve tassativamente risolversi entro il 17 ottobre, data oltre alla quale il Ministero del Tesoro non potrà più contrarre prestiti: Gli Stati Uniti entreranno quindi nella fase di debt crisis, rischiando di vedere la timida ripresa economica statunitense severamente compromessa dal pressante debito pubblico. Boehner pare non sia disposto a lasciare che gli Stati Uniti subiscano tale default; anche i Repubblicani più moderati sembrano disponibili a votare una risoluzione che non chiami in causa, almeno per il momento, l’odiata Obamacare. Tuttavia, i Tea Parties non vogliono capitolare: o si fa marcia indietro su parte della riforma sanitaria, oppure non si approva il nuovo budget, a loro parere troppo alto. Per questi gruppi, la sospensione di servizi sociali non primari non rappresenta un problema, visto che non reputano sia comunque responsabilità dello Stato fornirli. Il dilemma potrebbe essere risolto scavalcando i Tea Parties, con Boehner e/o parte del Grand Old Party che si dichiara pronto a votare il clean Bill anche alla Camera; tuttavia, né Boehner né il Partito sembrano volere un simile strappo interno.

Per ironia della sorte, lo shutdown non ha effetto sull’Affordable Care Act, che verrà comunque finanziato attraverso appropriazioni cosiddette obbligatorie (le tasse vengono regolarmente riscosse). Aggiungendo danno alla beffa, lo shutdown non comporta alcun risparmio per i contribuenti: l’83% dell’apparato governativo continua comunque a funzionare, a fronte di un’economia fortemente penalizzata, dati i mancati consumi (la gente non spende, quando teme di non ricevere lo stipendio), e le borse – che ci si aspetta accuseranno il colpo in tempi brevissimi.

Il Presidente Obama ha categoricamente dichiarato di non essere disposto a trattare sulla riforma sanitaria: diverrebbe ostaggio dei Repubblicani, creando un pericoloso precedente in cui il Congresso e l’Amministrazione capitolerebbero per la volontà di una minoranza. Realisticamente, l’ipotesi più accreditata è quella di uno short term limit boost, ovvero un innalzamento della spesa pubblica senza condizioni, come vogliono i Democratici, ma a breve termine – qualche settimana – il che darebbe ai Repubblicani la possibilità di riproporre la loro battaglia, se non si trovasse un compromesso sugli aspetti a loro più ostici dell’Obamacare.

 

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)