di Luca Marfé
NEW YORK – L’eterna rivale Hillary, la prediletta Ivanka e il capo chino con i sauditi. Tutto in poche ore.
Presidente o sovrano?
Democrazia matura da terzo millennio o monarchia di un tempo che non è stato mai?
A giudicare dall’atteggiamento di Donald Trump, in entrambi i casi verrebbe da rispondere con la seconda opzione. Stando almeno a quella che è la sua postura nei confronti dell’istituzione più alta del Paese. Una Casa Bianca che, nelle ricostruzioni più recenti così come nella sua quotidianità sempre più inusuale, assomiglia ogni giorno un po’ di meno al luogo di concertazione del pensiero americano e viceversa ogni giorno un po’ di più ad un ufficio privato.
Il suo, appunto.
Quello dal quale avrebbe ordinato (ordinato!) di indagare Hillary Clinton per realizzare davvero il sogno di vederla in galera. Del resto, «Lock her up!», alla lettera «rinchiudetela!», era stato uno degli slogan più gettonati della sua folle corsa elettorale.
Quello dal quale difende a spada tratta Ivanka dagli stessi identici imbarazzi che avevano messo all’angolo proprio l’odiata Hillary. Ossia l’utilizzo di un account personale per comunicazioni ufficiali e di conseguenza considerate ultrasensibili.
E, per concludere, ciliegina amara sulla torta di una nazione che da sempre si erge al ruolo di paladino della democrazia e dei diritti umani, quello dal quale con una lettera gli Stati Uniti mandano definitivamente giù il rospo della versione saudita sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi. Insomma, nessuna offensiva diplomatica a danno del principe Mohammad bin Salman e nessuna rottura con l’Arabia che il tycoon tiene invece stretta a sé nello scontro perenne con l’Iran.
Tre vicende molto diverse, accomunate però da un unico denominatore: Trump si è abituato oramai a fare di testa sua.
Senza tenere conto del parere del “suo” partito (le virgolette sono d’obbligo considerato che nel 2016 ha vinto anche contro i repubblicani) né di quello dei suoi consiglieri né di quello dei suoi familiari.
Senza tenere conto, secondo alcuni, addirittura della legge. Del perimetro entro il quale è lecito muoversi, anche quando si vestono i panni dell’uomo più potente al mondo.
Un’eventuale iniziativa giudiziaria “a comando” nei confronti di Hillary, ad esempio, si sarebbe di certo configurata in un abuso di potere che sarebbe potuto costargli persino l’impeachment.
Eppure la cosa pare che non gli interessi un granché.
Eppure la cosa sembra piacere molto ai suoi, alla sua Trump Nation.
Ed è proprio con questo atteggiamento da bullo della politica che si rimbocca le maniche e si prepara ad affrontare altri due anni di una campagna elettorale che, in realtà, non è mai finita.
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