di Domenico Letizia
All’interno del pensiero libertario, l’anarco-capitalismo è tra la teoria politica che rinnega completamente la presenza dello Stato nella vita sociale ed economica dell’individuo, tendendo ad un sistema politico che procede per la completa “liberalizzazione” della società. Molti teorici anarco-capitalisti sembrano aver dimenticato la finalità di tale sistema politico basato sulla necessaria sperimentazione e sulla totale liberalizzazione della società e delle individualità prima ancora di una totale “privatizzazione” dei sistemi economici. Di interesse centrale è capire come e quali sono i valori politici ed economici che interessano un libertario e quali non appartengono a questa teoria politica. La critica durissima dell’anarco-capitalismo ad ogni ipotesi di collettivizzazione è giusta, fondata su solidi principi liberali, ma completamente infondata quando analizziamo forme di collettivismo o di socialismo volontario e non coercitivo.
Un libertario cerca di capire se i rapporti individuali e sociali risultano non coercitivi e rispettosi della libertà individuale, e non condanna o esclude formule politiche che non si ritengono valide per una società libertaria. Come ha ben sottolineato Fabio Massimo Nicosia, bisogna restituire ordine ai concetti: “Dove c’è l’anarco-capitalismo non c’è Stato, e viceversa. Sicché non possono addebitarsi all’anarco-capitalismo i difetti riscontrati in una situazione statualizzata”. Questa analisi, aggiungo, è valida anche per gli anarco-capitalisti stessi. La critica anarco-capitalista non può non essere d’accordo sulla legittimità da un punto di vista libertario di una società socialista o collettivista, benché fondata sulla libertà e sulla volontaria partecipazione dei suoi membri. D’altro canto chi critica l’anarco-capitalismo dimentica quella profonda corrente “umanista” e “comunitaria” che guarda alla figura del proprietario non come tiranno ma come soggetto che interagisce, scambiando e cooperando pacificamente, giacché nel mercato tutti hanno bisogno degli altri e necessitano di valutare i fattori inclusivi e non esclusivi dello scambio.
È importante ricordare il risalto dato alle minoranze, poiché solo il sistema mercato rispetta i diritti delle minoranze, altrimenti schiacciate dal sistema democratico classico attraverso la supremazia della maggioranza. Fondamentale è capire se alla base dell’anarco-capitalismo vi sia una teoria ugualitaria.
Ian Carter filosofo e autore di numerose saggi, critica profondamente chi ritiene l’eguaglianza un valore non rintracciabile nel libertarismo, sottolineando innanzitutto l’aspetto filosofico del rapporto tra libertà e eguaglianza, ritenendo aperto il dibattito che spesso dà per scontato l’aspetto dell’eguaglianza come “danno” per la libertà. In ambito libertario Carter si sofferma sul come si strutturi una teoria delle proprietà fondata sul diritto naturale. Questa teoria parte da un presupposto di eguaglianza non solo perché è “eguale” a tutti i propugnatori di tale teoria – tutti gli anarco-capitalisti hanno una simile visione sui rapporti di proprietà -, ma proprio perché si discute di diritto naturale e di giusnaturalismo.
Se il diritto alla proprietà, alla libertà, alla felicità è diritto naturale, ciò comporta che questo valore è per essenza dovuto ad ogni individuo perché il diritto è anche universale. Ogni individuo ha, quindi, il diritto naturale alla propria soddisfazione vitale. Ciò implica un ripensamento radicale della proprietà, come ha ben sottolineato in questi anni Nicosia, verso formule consensualiste, perché essa è di diritto universale, quindi, un proprietario deve risarcire chi di questa proprietà ne è privato. A ciò va aggiunto la visione di mercato da un punto di vista egualitario: il mercato va considerato, anche secondo Carter, attraverso valori inclusivi favorendo “l’eguaglianza di opportunità e non l’eguaglianza dei risultati”. Come sottolinea Ian Carter anche l’anarco-capitalismo non può ignorare le questioni di giustizia distributiva della società. Non bisogna analizzare la società come se fosse un singolo individuo ma partire da un presupposto teorico di “separatezza delle persone.”
Il compito della filosofia politica, anche per un libertario, è quello di dare valenza pratica all’eguaglianza di base dei diritti di proprietà dell’individuo. Una prospettiva percorribile e auspicabile è quella che ad una società completamente liberalizzata, ad un sistema libertario, non possa che corrispondere un “risarcimento” per i non proprietari, in termini pratici, un reddito minimo universale da versare a tutti i co-proprietari della Terra.
Commento (1)
Gian Piero de Bellis
Più che di “giustizia distributiva” parlerei di condivisione volontaria. L’essere umano è caratterizzato da empatia e dall’interesse razionale di lungo periodo. L’empatia ci porta ad aiutare coloro che sono nel bisogno; l’interesse razionale di lungo periodo ci porta a dare per poi poter ricevere nel caso fossimo noi, in futuro, nel bisogno. Quindi, pur recuperando gli aspetti trattati nell’articolo li fonderei su una base che non ha molto a che vedere con le categorie e il linguaggio attuali.