di Alia K. Nardini
“Nella mia corsa per la presidenza degli Stati Uniti, pensavo di poter parlare delle differenze tra me e Barack Obama. Ma se c’è qualcosa che ho imparato nella Carolina del Sud, è che non starò a guardare mentre tutti mi attaccano. Risponderò al fuoco col fuoco”. Così Mitt Romney ha esordito nel dibattito di Tampa di lunedì scorso, che precede il voto del 31 gennaio in uno degli stati più importanti per la nomination Repubblicana: la Florida. Sciogliendo molti dubbi, Romney ha finalmente abbandonato i toni da Massachusetts moderate per fare spazio al combattente, disposto a tutto per mettere in cattiva luce il rivale Gingrich e conquistare il cuore degli elettori.
Dopo il secondo posto ottenuto nella Carolina del Sud con più di 12 punti di distacco, dove Romney ha pagato l’indisponibilità della sua dichiarazione dei redditi ed il controverso ruolo rivestito dal 1984 al 1992 come amministratore delegato della Bain Capital, l’ex Governatore del Massachusetts corre ai ripari. Prima di tutto, annuncia che non ci sono sorprese né ambiguità nel suo tax form, reso noto al pubblico nella giornata di ieri; ricorda al partito il vero significato del capitalismo, per cui è legittimo – e tipicamente americano – poter godere dei profitti delle proprie attività imprenditoriali; e contrattacca, mettendo Gingrich alle corde per la sua attività di lobbyista con Freddie Mac, l’impresa parapubblica per l’erogazione e la rivendita di mutui, citando nello specifico le voci del contratto stipulato “non con l’amministratore delegato, non con l’ufficio personale, ma con il lobbyista capo”. Sopra a tutto, ricalcando le recenti affermazione dell’influente Governatore del New Jersey Chris Christie, Romney accusa Gingrich di aver “disonorato il Congresso e il paese”: l’unico speaker nella storia Repubblicana ad essere stato costretto a dare le dimissioni. Gingrich si difende, definendo il proprio abbandono volontario come un segno di responsabilità verso il partito, a fronte ad accuse inesistenti; ma interviene anche Ron Paul, il quale ricorda senza mezzi termini: “Io c’ero, è stato brutto. C’era un gran caos”. L’ex speaker alla Camera, argomenta Romney, ha avuto la sua opportunità per guidare il partito, ed ha fallito, “sedendosi sul divano con Nancy Pelosi a definire nuovi vincoli e penali per l’industria statunitense”. Sull’appoggio di Gingrich alla legislazione cap-and-trade a cui fa riferimento Romney, interverrà in seguito anche Rick Santorum.
Tuttavia il modello del dibattito (niente applausi dal pubblico, domande individuali con 60 secondi per la risposta ed eventuali 30 secondi di replica a discrezione del moderatore) sembra penalizzare fortemente Santorum e Paul; i due candidati minori hanno molte meno occasioni per prendere la parola, anche se appaiono decisamente più a loro agio che nel forum populista della South Carolina. D’altronde, Ron Paul ha già annunciato che preferisce concentrarsi sugli stati più piccoli (i prossimi appuntamenti – Nevada e Maine), e quindi si accontenterà molto probabilmente del quarto posto.
In realtà, l’unico che sembra mettere in difficoltà i due candidati principali è proprio Rick Santorum. Oltre a proporsi come l’unico vero paladino del conservatorismo dei valori, l’ex senatore della Pennsylvania risulta il più credibile su un tema importante, quello dell’immigrazione: grazie alla sua storia famigliare (il padre era un italiano trasferitosi negli Usa), può argomentare persuasivamente che regolarizzarsi e rispettare le regole del paese ospitante deve essere un obiettivo anche per i clandestini. Si oppone inoltre al sostegno di Romney e Gingrich per l’individual mandate, principio cardine dell’Obamacare, che obbliga ogni persona a sottoscrivere un’assicurazione sanitaria; e interviene con passione sugli aiuti a Wall Street, rivolgendosi direttamente ai due: “Se credete così tanto nel capitalismo, perché non avete mai detto esplicitamente che bisognava far fallire le imprese che non sapevano tenersi a galla, così come invece facevate nelle vostre attività imprenditoriali?”. Il motto di Santorum è semplice: bisogna parlare chiaro e pensare alla gente comune, non soltanto alle questioni politiche e alle logiche aziendali.
La Florida resta in ogni caso uno stato molto eterogeneo, riguardo al quale non è semplice fare previsioni, nonostante il vantaggio di Gingrich nei sondaggi. Tradizionalmente moderato, il sunshine state è governato dai Repubblicani; ma qui Obama nel 2008 ha vinto, seppur solo di due punti. Centrale per le dinamiche elettorali sarà il voto degli immigrati, nonché degli over 65 (quasi il 20% degli abitanti, un primato nazionale), il che spiega l’interesse nel dibattito per l’eventuale revisione del sistema sanitario pubblico Medicare. Aumenta anche l’attenzione per le tematiche di sicurezza nazionale, viste le basi militari sul territorio e la vicinanza a Cuba. Con la disoccupazione al 9,9%, al di sopra della media nazionale, contano pure le iniziative per rilanciare l’industria turistica, in risposta al piano per lo sviluppo del settore recentemente esposto da Obama a Disneyworld. La Florida è infine al settimo posto nel paese per il numero di notifiche esecutive di sfratto: Romney sembra voler capitalizzare su questo dato, evidenziando le casistiche in cui Freddie Mac (implicitamente, sotto consiglio di Gingrich) ha portato alla revoca di mutui alle famiglie in difficoltà. Gingrich, d’altronde, non esita a chiamare in causa le compagnie che in Florida hanno fallito sotto Bain. In proporzione, i temi sociali come le unioni omosessuali e la contrarietà all’interruzione di gravidanza dovrebbero passare in secondo piano; anche se in America non si può mai dire, visto il recente malessere tra i credenti dopo l’ultimo annuncio del Dipartimento della Salute, in base al quale tutti i datori di lavoro, e quindi anche gli ospedali cattolici, saranno obbligati a fornire copertura sanitaria per i costi della contraccezione delle loro impiegate, pagando quindi anche per i loro eventuali aborti.
In ogni caso, circa 200mila elettori hanno già espresso la loro preferenza in Florida (il fenomeno dell’early voting qui è molto popolare), al momento in cui Romney era in testa per la nomination del partito. I rappresentanti Repubblicani locali più importanti, come l’ex governatore Jeb Bush, la giovane stella dei Tea Parties Marco Rubio e l’attuale Governatore Rick Scott, hanno mantenuto la completa neutralità riguardo alle proprie preferenze per la nomination, chiedendo di concentrarsi sugli issues, sui problemi del paese, piuttosto che sulle questioni personali. Ma da qui a martedì 31, la strada è ancora lunga.
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