di Danilo Breschi
“Il più grande errore moderno non è l’annuncio della morte di Dio, ma l’essersi persuasi della morte del diavolo”. Gómez Dávila ci ha messo in guardia, radiografando il lato oscuro degli ultimi due secoli. Queste parole tornano in mente ogni volta che si tocca con mano come il diavolo non si limiti a vestire Prada e ad ammiccare, come nell’omonimo film, sotto forma di piccola malizia, o carrierismo ora cinico ora isterico, ma tutto sommato innocente. Innocente rispetto ai veri e propri demoni che si aggirano tra noi, e che spesso vestono panni molto dimessi, al limite dell’anonimato. Anime dannate che, per libido incontrollata, perversione psicologica o altro istinto bestializzante, compiono ogni giorno “un crimine contro l’umanità”.
Così Mario Campanella, giornalista e presidente dell’Associazione Peter Pan, che si occupa di lotta alla pedofilia, definisce quel che un giro di pedofili commette tra Napoli e Roma. “Sembra essere tornati ai tempi de “La Pelle” di Malaparte – afferma il giornalista – ma stavolta c’è meno rumore di allora, quando per la fame e la miseria si concedevano i bambini agli americani ed ai marocchini”.
Sono circa mille i bambini tra i 10 ed i 13 anni, prevalentemente femmine, di origine serba, rumena e albanese, vittime della prostituzione minorile a Napoli e a Roma. Si vendono per 10-15 euro nell’indifferenza generale, anzitutto delle istituzioni. La denuncia arriva chiara e forte da Campanella e merita di essere amplificata da ogni cittadino che abbia coscienza civile e sensibilità umana.
I demoni si aggirano tra noi. I bambini stazionano a Napoli dinanzi a Via Toledo, Piazzale Tecchio, anche a Piazza Trento e Trieste; “arrivano ogni mattina dall’hinterland accompagnati dai loro aguzzini”, rivela Campanella, mentre a Roma si trovano a Piazza Bologna, alla stazione Tiburtina e alla Garbatella. Campanella ha ricordato anche che il giro d’affari attorno al turismo sessuale è pari ad 80 miliardi di euro. Urgono massicci interventi a livello di Unione Europea e un’azione sistematica di educazione nelle scuole e di lotta alla povertà e all’emarginazione dei minori provenienti dall’Est Europa. Sottrarli alla condizione di schiavi del Duemila è il compito nostro, di singoli cittadini, associazioni e istituzioni.
Un amico avvocato mi ha raccontato di come gli sia capitato il caso di una persona arrestata per aver scaricato filmati pedopornografici. Egli, come tutti, poteva accedere ad essi gratuitamente, semplicemente navigando su internet. Mi scrive l’amico, a commento: “La riflessione nasce spontanea: se lui, giustamente, è stato arrestato, il garante e lo stato, in proporzione, dovrebbero avere l’ergastolo. O sbaglio?”. Credo che il mio amico ponga una questione che non possa essere facilmente e sbrigativamente elusa. Si tratta di capire se lo Stato possa ignorare certi temi etici e su questi porsi come soggetto neutrale.
Certamente, in termini liberali può essere corretto il procedimento secondo il quale lo Stato si esprime sotto forma di leggi, che di fatto esistono, e puniscono crimini come la pedopornografia, la sua produzione, lo smercio e la sua fruizione, dopodiché lascia liberi gli individui di scegliere se agire secondo coscienza e rispetto dei diritti e della dignità altrui oppure secondo i propri impulsi possessivi e aggressivi. In altri termini, lo Stato costituzionale di diritto si pronuncia mediante leggi ed è in esse che si trova quel contenuto etico, ispirato ai valori del rispetto e della promozione della persona umana, che il costituzionalismo democratico novecentesco ha portato a piena maturazione. Non priva dei mezzi illeciti, ma ne vieta l’uso, e punisce l’infrazione. Dice: sei libero di scegliere, se vuoi commetti reato, ma poi ne pagherai le conseguenze.
Avendo esordito con Gómez Dávila, non posso adoperare con disinvoltura il termine di “futuro”. Ma senza cedere al compiaciuto “reazionarismo” dello scintillante aforista colombiano, posso dire che se vogliamo costruire un futuro non necessariamente migliore ma almeno non peggiore, se vogliamo provarci, è opportuno che opinione pubblica e istituzioni si concentrino sulla tutela dell’infanzia e sulla promozione di iniziative atte non solo a proteggere i minori ma ad educarli a valori di autonomia propria e rispetto altrui.
Paternalismo pedagogico, per non dir di peggio? Non credo. La civiltà, intesa come sistema di principi e valori, diritti e doveri, non è affatto un ordine spontaneo, ma richiede coltivazione, parola che ha la stessa radice di “cultura”, e associa l’azione dell’uomo sulla terra, e la natura grezza, a quella dell’uomo sull’uomo. Un’azione, in questo secondo caso, non impositiva e coercitiva, ma gentile e delicata sul proprio simile, perché la ragione e la misura smussino gli angoli che ci rendono acidamente insocievoli e disciplini l’“appetitus societatis” che Grozio aveva colto alla base della condizione umana, che è quella di un animale di ordine più elevato rispetto a tutti gli altri.
Dunque, la nuova conservazione (della civiltà occidentale) sarà progressista. E poco mi persuadono le suadenti parole di Gómez Dávila, un inveterato tradizionalista cattolico abbeveratosi a quel piccolo grande esteta nichilista che risponde al nome di Friedrich Nietzsche. Scriveva il colombiano che “se il progressista si volge al futuro, e il conservatore al passato, il reazionario non misura i propri desideri con la storia di ieri o con la storia di domani. Il reazionario non plaude a quanto porterà l’alba prossima, né si aggrappa alle ultime ombre della notte. La sua abitazione si leva nello spazio luminoso in cui le essenze lo chiamano con le loro presenze immortali”. Come si vede, si tratta di tardivo, epigonale romanticismo, ovvero supremazia delle arti su tutti gli altri aspetti della vita. Isaiah Berlin lo aveva ben compreso: “una sorta di tirannia dell’arte sulla vita”. In altre parole: l’estetica come fonte dell’etica. Le conseguenze si sono viste nel Novecento, dalla società totalitaria a quella “trasparente” (decantata da Gianni Vattimo).
A meno non si scelga la nobile strada dell’ascetismo o della contemplazione mistica, frasi come questa lasciano il tempo che trovano: “Il reazionario sfugge alla schiavitù della storia perché ricerca nella selva umana l’orma di passi divini. Gli uomini e i fatti sono, per il reazionario, una carne servile e mortale animata da venti di tramontana”.
La posizione reazionaria, anche nei termini metapolitici posti da Gómez Dávila, è antistorica, nel senso di non realistica e puramente estetica. Bella da leggere, esornativa per un intelletto che voglia stupire e conquistare raffinate e schizzinose dame, ma sterile o nociva, a seconda dei casi, per chi voglia rendere il più vivibili possibile convivenze necessitate, ineludibili. La politica è arte non egoistica, è bellezza gettata nelle fondamenta morali della città.
Traiamo la bellezza della vita incarnata dai cuccioli d’uomo e donna e facciamone il presupposto di scelte politiche che ci rendano degni dei nostri più nobili antenati. Senza tradizione il progresso è sradicamento morale, senza progresso la tradizione è onanismo cerebrale. In entrambi i casi a trionfare sarebbe il nichilismo. È questo il nostro comune nemico. Combattiamolo sin da certe piazze e strade notturne di Roma e Napoli.
Commenti (4)
Alessandro Lattarulo
La civiltà, appunto, la civiltà. Costruirla richiede uno sforzo un po’ più faticoso del mero richiamo dei diritti fondamentali e della corretta focalizzazione sulla dignità umana. Richiede a tutti di interrogarci sul perché di un fenmeno che non può essere scioccamente derubricato a “qualcosa che c’è sempre stato” e chiama in causa, secondo me, più ancora che lo Stato e le istituzioni astrattamente intese, il loro essere diventate succube della mentalità sottesa al capitalismo edonistico che, come ha ben sottolineato Mauro Magatti, a conti fatti ha subito una torsione tecno-nichlistica nella quale – ed è l’aspetto più grave – si perde il senso del limite, della misura -fagicotati dalla tecnica – e ogni comportamento diventa ascrivibile a una generica liceità consentita d’ufficio all’individuo.
Danilo Breschi
Caro Alessandro,
grazie per il tuo commento.
Le responsabilità sono molte, e se parliamo di uno scadimento della libertà in generica liceità numerosi sono i fattori materiali e ideologici che hanno giocato un ruolo decisivo. Fra l’altro, c’è da includere la stessa modernità/modernizzazione, che sai bene come dobbiamo stare attenti a non attaccare indiscriminatamente, e senza sottili distinguo. Fenomeno, la modernità/modernizzazione, che comprende pure l’avvento della società di masse (andate sempre più a declinarsi al plurale) e della loro relativa “cultura”.
C’è cultura e cultura, e le masse non possono che declinarla come mentalità collettiva, schematica e riduzionistica. Con o senza il capitalismo, la massa è, per definizione, amorfa e “pasta” da plasmare. Scuole e università, quanto meno, dovrebbero lavorare sul sottrarla da questa condizione. Come? Scomponendola in individui, donne e uomini dotati di ragione e spirito critico, senso del dovere connesso a sensibilità per i diritti, non solo i propri. Lasciato nella massa l’individuo annega e per stare a galla si uniforma e conforma a chi gli lancia una scialuppa di salvataggio. Lì arriva (anche, ma non solo) quel capitalismo edonistico di cui parli (con Magatti). Ma è già da prima che si è perduto.
Dovremo ragionare su individualità e individualismo, e non gettarlo subito nel macero della critica ideologica. C’è individuo e individuo, individualismo e individualismo. La massa è sempre quella, buona per mobilitazioni eterodirette, mai per partecipazione autonoma e consapevole.
Un caro saluto,
DB
pantera74
Carissimo professor Breschi, mi trova d’accordo con Lei e con il nostro amico Alessandro, solamente in parte. Credo che un crimine cosi’ grave contro l’umanita’, debba risvegliare non solo le coscienze e l’indignazione ma anche L’UNIONE, LE VOLONTA’, IL CORPO ( si, si, NON SOLO LO SPIRITO ) dal torpore. Ci sono bambini costretti a prostituirsi? Noi cittadini non possiamoo indignarci e basta. Dobbiamo unirci, denunciare il fenomeno alle autorita’, all’informazione, continuamente; E, SE QUESTE, COME ACCADE, si muovono ad U per tornare al punto di partenza, BISOGNA DENUNCIARE ANCHE LORO: BONI GUTTAE MARIS CAVANT LAPIDEM MALI.
Personalmente non credo che “Il più grande errore moderno non è l’annuncio della morte di Dio, ma l’essersi persuasi della morte del diavolo”. Il piu’ grande errore moderno, ANZI IL PIU’ GRANDE CRIMINE CONTRO L’UMANITA’, a mio giudizio, e’ quello di rassegnarsi al male, come qualcosa di inevitabile.
Danilo Breschi
Carissimo “Pantera74”,
“rassegnarsi al male” ed “essere persuasi della morte del diavolo”, ovvero fuor di metafora: ritenere che non abbia più senso la parola “male”, sia costruzione culturale di epoche oscurantiste (certo, fu utilizzata anche per quello, conservare gerarchie e dominii iniqui) e che in fondo tutto è relativo, non sono espressioni così distanti.
Rassegnarsi al male e poi metterlo d’un canto, anche magari per soffrirne meno, o far come lo struzzo, sono possibili passaggi consequenziali di un cittadino delle nostra società. Impedire questa resa spetta a tutti noi, concordo.
A presto
DB