di Manlio Lilli

La crisi italiana é anche la crisi dei cattolici. Il loro disagio crescente. Causato dall’incrinamento dei rapporti tra le gerarchie ecclesiastiche e gran parte del mondo cattolico con Silvio Berlusconi. Un rapporto iniziato con il deflagrare di Tangentopoli. Il 1993 costituì per la Chiesa italiana uno spartiacque, una specie di nuovo 1870. La perdita di autorità nelle questioni dello Stato un lutto che avrebbe potuto essere duraturo. Invece l’arguzia e la lungimiranza di Camillo Ruini ebbero il merito di trovare una pronta soluzione al rischio impasse. Non più monopolio cattolico in un unico partito, ma ovunque i valori mostrassero di essere seguiti, apprezzati, condivisi. La dottrina Ruini, in sintesi un’ibridazione di tutti i partiti, ebbe la sua fortuna. Giungendo al suo apice nel 2005, quando il 75% degli italiani si astenne dal referendum sulla fecondazione assistita.

Ora, la lunga liaison tra Silvio Berlusconi e i cattolici, in primo piano, e la Chiesa a suggellarne l’idillio sullo sfondo, é ormai agli addii. Il sogno di un Cavaliere “democristianizzato”, cioé moderato, ormai sfumato. Il grande imbonitore che al momento dello sconvolgimento politico provocato da Mani pulite, in piena diaspora, ebbe la capacità di attrarre numerosi esponenti  di quel mondo ha perso anche l’ultimo grande alleato. Dopo Confindustria e una cospicua fetta della società civile. Ma il logoramento del rapporto non é recente.

Già alla fine di agosto il cardinal Bagnasco aveva dichiarato che “la questione morale in politica, come in tutti gli altri ambiti del vivere pubblico e privato, è grave e urgente, e non riguarda solo le persone ma anche le strutture e gli ordinamenti”. L’arcivescovo di Genova aveva sostenuto che “la questione riguarda tutti come un problema non solo politico, ma culturale ed educativo. Non si tratta in primo luogo di fare diversamente, ma di pensare diversamente, in modo più vero e nobile se si vuole purificare l’aria, e i nostri giovani non siano avvelenati nello spirito”.

Concetti declinati con parole già dette che vengono ribaditi ora, con forza maggiore. Forse a segnare un passaggio decisivo della politica italiana.

Ma non bisogna sottovalutare il messaggio della Chiesa. Insomma pensare che il solo premier sia il beneficiario di questa accusa. Lui di certo, forse più di altri colleghi, a mani giunte e in rispettoso silenzio ascolta l’invettiva. Ma appena dietro di lui ce ne sono molti altri con “comportamenti licenziosi e relazioni improprie”.

Proprio per questo l’irrequietezza dei cattolici impegnati in politica, senza alcuna distinzione di attuale appartenenza partitica, é da tempo evidente. Nel Pdl come nel Pd. Segni tangibili ed inequivocabili alcune prese di posizioni di singoli esponenti o non esigui gruppi contro la linea dei rispettivi partiti, che talora ne hanno segnato non indolori scissioni. Dalle critiche alla manovra agostana su alcuni temi sensibili da parte di alcuni maggiorenti pidiellini, allo scontento della componente che all’interno del partito democratico fa capo a Fioroni, passando per  il passaggio all’Api di Rutelli di un gruppo rappresentato da Milana. Ulteriore indizio di questo processo é anche l’intensificarsi del dibattito sui media ed i networks sulla ricostituzione di una grande aggregazione cattolica. Anzi alla metà di settembre a Polignano a Mare, per iniziativa proprio dall’ex Ppi Fioroni, si sono ritrovati i cattolici di diversi schieramenti. Un tentativo di avviare un dialogo trasversale. Perché al di là di tutto, della politica di parte, é evidente il disagio dei cattolici. La percezione dell’inadeguatezza di molti, forse di tutti, i contenitori politici a rappresentare davvero quei valori richiamati da Bagnasco.

I temi ai quali, da anni, gerarchie ecclesiastiche e fedeli con occhio attento alla politica, guardano sono essenzialmente due. La questione etica e la riforma federalista dello Stato. Su entrambi i temi le preoccupazioni non sono diminuite, anzi sono andate progressivamente cresciute. “I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie” del Premier ed il ruolo disgregatore giocato dalla Lega hanno creato il vuoto. Entrambi hanno deluso le aspettative. Sia l’uno che l’altro non hanno colto l’invito a promuovere sul terreno della politica “una serie di valori non divisivi ma unitivi”.

I ripetuti appelli del Papa, del segretario di Stato Bertone, del capo dei vescovi, Bagnasco, perché i giovani cattolici si impegnino in politica indicano che la Chiesa non intende chiamarsi fuori. Le grandi manovre sono iniziate. Forse non sono mai finite. “La Chiesa rivendica il suo diritto ad occuparsi di politica” ha detto Bagnasco nel suo discorso dell’agosto del 2008 al meeting di Cl a Rimini. Molto probabilmente continuerà a farlo con altri referenti ed in un quadro differente da quello attuale.