di Maurizio Griffo
La politica italiana, per quanto caratterizzata da indubbie singolarità, si svolge in un contesto comune alle altre democrazie europee, e non solo. Per intenderla, perciò, è utile guardare anche all’estero, per capire come fenomeni comuni si sviluppano e in cosa si differenziano. Anche l’emergere del movimento Cinque Stelle, che è l’elemento che caratterizza quest’ultima fase della politica italiana non è una emergenza del tutto singolare e autoctona, ma si può leggere in parallelo ad analoghe manifestazioni di insofferenza verso i partiti tradizionali che abbiamo visto presentarsi, in maniera spesso virulenta, in diversi paesi. Si tratta di un fenomeno che accomuna nazioni assai distanti fra loro come, ad esempio, Spagna, Grecia, Austria, Francia, Gran Bretagna (e l’elenco potrebbe continuare). Movimenti politici nati da poco tempo acquistano rapidamente un fortissimo seguito elettorale, non solo mettendo in crisi gli equilibri consolidati, ma surclassando formazioni politiche di antico lignaggio e di provata esperienza. Un fenomeno che configura una vera e propria rivolta contro le élite, sentite come incapaci, chiuse, lontane dai bisogni delle popolazioni. Vista sotto questa angolazione la situazione italiana non è anomala, ma si allinea in pieno alla vita politica dell’intero continente.
Fissato questo orizzonte comune, è utile adesso indicare le particolarità che il movimento pentastellato presenta. Due sono i caratteri specifici che lo caratterizzano in maniera eccentrica rispetto ad analoghi movimenti attivi in altri paesi: la forma giuridica e il sostrato ideologico.
Il primo punto non è di solito avvertito dall’opinione e dai commentatori. I partiti politici sono associazioni di fatto, non regolamentate per legge, il movimento Cinque Stelle è un marchio di cui è proprietaria la Casaleggio e associati, che ne concede l’uso solo a chi ritiene opportuno. Si tratta, in sostanza, di un vero e proprio partito azienda. Questa espressione, spesso adoperata per criticare il partito berlusconiano nelle sue varie denominazioni si attaglia molto di più al movimento animato da Beppe Grillo. Se è vero che la prima Forza Italia era composta da funzionari Fininvest, il partito berlusconiano si è poi trasformato, ed attualmente aderisce alla famiglia dei partiti popolari europei. Il movimento pentastellato, invece, mantiene un carattere proprietario/aziendale, che ne fa un unicum nel panorama politico internazionale.
Veniamo ora alla caratterizzazione ideologica. Parlare in questi termini può apparire, a prima vista, eccessivo. I grillini, infatti, partiti con una caratterizzazione genericamente antimoderna e protestataria, hanno spesso cambiato posizione su molti temi. Tuttavia, pur fra tante giravolte tattiche, è possibile individuare una precisa connotazione identitaria. Certo, l’antimodernismo rimane costante, ma è sopravanzato da un altro elemento che costituisce il vero caposaldo ideologico del movimento: il giustizialismo. Non si tratta di una generica propensione alla denuncia della corruzione politica, che si potrebbe capire in un movimento antipolitico, ma di una precisa scelta di campo. In altri termini, per i grillini i giudici hanno sempre ragione e i poteri di fatto e di diritto della magistratura vanno accresciuti.
Per dimostrare la giustezza di questo assunto è sufficiente richiamare alcune vicende recenti e meno recenti. Prima di associarsi con Grillo diventandone il guru, il compianto Gianroberto Casaleggio si era già affacciato sulla scena politica. Aveva, infatti, curato il sito web di Italia dei valori la formazione giustizialista fondata dall’ex pubblico ministero Antonio Di Pietro. Circa due mesi fa alle esequie di Casaleggio alcuni dirigenti pentastellati, per riassumere sinteticamente il tratto unificante del loro movimento, hanno scandito ad alta voce il coro “onestà, onestà”. La scorsa settimana il neo sindaco grillino di Roma, saputo dell’arresto di impiegati del comune, accusati aver riscosso tangenti, prima si è complimentata con il magistrato, poi ha fatto sapere che i dossier valutati come più scottanti, quelli relativi agli uffici dove c’è il sospetto di pratiche corruttive consolidate, andranno portati subito in procura. In sostanza il movimento non intende amministrare la capitale accingendosi ad un’opera di risanamento, selezionando il personale e instaurando pratiche virtuose, ma chiama in soccorso la magistratura.
Non è difficile proiettare questi comportamenti su scala nazionale. Se il movimento dovesse vincere le prossime elezioni politiche non aspettiamoci ponderate azioni di governo, bensì un accorato appello all’ordine giudiziario perché divenga il dominus di fatto della nostra vita pubblica.
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