di Federico Donelli

Che la guerra civile siriana rappresentasse un terreno più che fertile per il jihadismo internazionale si sapeva da tempo, ma i recenti segnali provenienti dal vicino Iraq rischiano di delineare scenari peggiori rispetto a quelli previsti, aprendo un nuovo pericoloso fronte di radicalismo islamico su base transnazionale.

Un comunicato emesso ad inizio aprile dallo Stato Islamico dell’Iraq, rappresentante “ufficiale” di al-Qaeda all’interno dei confini iracheni, ha annunciato l’unione del gruppo a Jabhat al-Nusra, movimento jihadista da un paio di anni attivo in Siria.

Il gruppo Al-Nusra rappresenta l’ala radicale dei ribelli al regime siriano, i suoi membri vestono abiti scuri richiamando la bandiera nera del jihadismo e negli ultimi mesi si sono messi in luce compiendo molteplici raid e attacchi terroristici ad infrastrutture ed avamposti del regime; azioni che se da una parte hanno portato alla presa di diversi siti considerati nevralgici per la lotta al regime, dall’altra parte hanno però causato la morte di molti civili suscitando indignazione e rabbia tra la stessa popolazione. Ciò che però più sorprende di questi attacchi non è stata soltanto la buona conoscenza degli obiettivi sensibili da colpire ma l’inaspettata disponibilità di armi ed esplosivi tutt’altro che rudimentali. Indizi questi che hanno confermato quanto ormai da tempo già si sospettava, ossia la presenza di una collaborazione sempre più fitta tra il gruppo e diverse cellule jihadiste irachene, oltre ad una più che probabile presenza alle loro spalle di un’efficiente rete di intelligence appoggiata da servizi segreti stranieri non meglio identificati.

Già prima della formazione di Al-Nusra jihadisti siriani godevano di stretti legami con le cellule qaedisti facenti capo allo Stato Islamico dell’Iraq; rapporti che a partire dal 2006, anno del ritiro delle truppe americane dal suolo iracheno, hanno potuto allargarsi ulteriormente ed in maniera del tutto indisturbata. L’assenza dell’esercito americano unita alla crescente instabilità interna al nuovo Stato iracheno hanno lasciato nelle aree periferiche una pressoché totale assenza di controllo, rendendole un ambiente adatto al proliferare di gruppi islamisti transnazionali.

La possibilità di agire pressoché indisturbati nelle zone di confine ha agevolato lo strutturarsi di una zona cuscinetto diventata rifugio per molti combattenti pronti ad operare all’interno di entrambi i Paesi. Lo scoppio delle proteste al regime di Bashar al-Assad e il suo rapido aggravarsi in guerra civile, non hanno fatto altro che concentrare le azioni di entrambi i gruppi in territorio siriano, sostenuti da una fitta e ben radicata rete di sostegno transnazionale.

Nei mesi immediatamente successivi all’inizio della crisi siriana, un numero sempre maggiore di simpatizzanti jihadisti ha attraversato il confine siriano trovando assistenza nel movimento iracheno dai cui sono stati efficientemente addestrati a tecniche di combattimento da impiegare nella lotta contro il regime. Si è così rapidamente ribaltata la situazione del decennio precedente quando, durante i primi giorni delle operazioni americane in Iraq, la Siria diventò un rifugio sicuro per molti estremisti e qaedisti protetti in quegli anni dallo stesso regime siriano.

Ad inquietare sia osservatori internazionali sia diversi esponenti moderati dell’opposizione siriana, il fatto che l’accordo tra al-Nusra e i jihadisti iracheni sia stato reso pubblico esattamente a ventiquattro ore di distanza dall’ennesima chiamata alle armi contro Assad da parte del leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri rischiando di far diventare la Siria sempre più un nuovo Afghanistan.

Oltre al jihadismo internazionale in Siria si assiste ad un confronto-scontro tra le diverse potenze regionali desiderose di ampliare la propria sfera di influenza come Arabia Saudita e Qatar che considerano i gruppi radicali uno strumento per accrescere la propria influenza sul futuro del Paese. Come recentemente evidenziato da diversi media internazionali, tra i primi The Indipendent, questa corsa all’egemonia porta al costante sostegno finanziario, in particolare dai sauditi, che oltre a somme di denaro si sono impegnati a rifornire di armi ed equipaggiamenti soprattutto le frange radicali dell’opposizione siriana, gruppi salafiti e Al-Nusra. Una politica, quella di Qatar ed Arabia Saudita, che ha recentemente spinto Tim Montgomerie, storico editorialista conservatore del Time, ad una dura e aperta critica nei loro confronti, accusandoli di alimentare l’estremismo e il continuo spargimento di sangue che contraddistingue l’evolversi della guerra civile siriana.

Occorre notare che se Al-Nusra è stata inserita nel dicembre scorso dagli Stati Uniti nel novero delle più pericolose organizzazioni terroristiche internazionali, Occidente a parte, viene considerata dalla quasi totalità dell’opposizione siriana come un valido ed importante alleato nella lotta al regime di Damasco.

Secondo alcuni osservatori, nell’ipotesi di una prossima caduta del regime ci sarà un inevitabile rafforzamento dei legami fra gruppi estremisti iracheni e siriani con la possibile conseguenza che lo Stato Islamico dell’Iraq possa assumere il ruolo di guida ed esempio per varie frange radicali presenti in tutta la regione; il tutto finanziato dalla corrente saudita in chiave anti-sciita (anti Iran).

I recenti sviluppi complicano ulteriormente la crisi siriana allontanando la possibilità che si giunga presto ad una sua soluzione. Importanti attori internazionali, Stati Uniti in primis, già molto restii dall’intervenire, vedono il diffondersi del radicalismo jihadista come un motivo in più per dubitare dell’effettiva efficacia di un “regime change” in Siria. Il crollo del regime di Bashar al-Assad porterebbe all’accentuarsi dell’anarchia e ad una violenta lotta per l’acquisizione del potere tra gruppi e fazioni diverse al momento unite nel fronte di opposizione siriana. Si andrebbe a creare così un pericoloso vuoto di potere in cui ad emergere potrebbero essere proprio i gruppi estremisti che, una volta al comando, diventerebbero ancora più difficili da controllare.

 

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)