di Giampaolo Baglioni
“Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito con decentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro umanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tucto mi transferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza senza lo ritenere lo havere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, et composto uno opuscolo De principatibus, dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitationi di questo subbietto, disputando che cosa è principato, di quale spetie sono, come e’ si acquistono, e’ si mantengono, perché e’ si perdono. Et se vi piacque mai alcuno mio ghiribizo, questo non vi doverrebbe dispiacere; et a un principe, et maxime a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto; però io lo indirizzo alla Magnificienza di Giuliano. Philippo Casavecchia l’ha visto; vi potrà ragguagliare in parte et della cosa in sé, et de’ ragionamenti ho hauto seco, anchor che tuttavolta io l’ingrasso et ripulisco.”
Questo brano, tratto dall’epistola a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, è uno dei più celebri (e controversi) della letteratura italiana. In esso, per la prima volta, Niccolò Machiavelli dà notizia a un suo corrispondente della stesura di “uno opuscolo” De principatibus (solo successivamente volgarizzato in Principe). L’opuscolo è ancora bisognoso di integrazioni e labor limae (“tuttavolta io l’ingrasso et ripulisco”), e negli anni successivi Machiavelli certamente vi mise mano.
Ma, senza entrare nel merito della controversia filologica sull’esatta data di composizione – che nel corso degli anni ha coinvolto, con una varietà di argomenti, studiosi quali, tra gli altri, Friedrich Meinecke, Federico Chabod, Mario Martelli, Gennaro Sasso –, resta certo che nel 1513, tra il luglio e il dicembre, Machiavelli compose di getto, interrompendo la stesura dei Discorsi, un lavoro nel quale si disputava, secondo le sue parole, “che cosa è principato, di quale spetie sono, come e’ si acquistono, e’ si mantengono, perché e’ si perdono”: si tratta, di là da ogni possibile interpretazione, della parte fondamentale – completata, stando all’opinione più accreditata, nel maggio dell’anno successivo – della sua opera più nota, destinata a diventare, sin dal titolo, un classico imprescindibile.
Nel 2013 cadrà dunque la ricorrenza dei cinquecento anni dalla originaria stesura del Principe: mezzo millennio nel corso del quale il capolavoro machiavelliano – dopo essere stato dato per la prima volta alle stampe nel 1532 – è stato oggetto di interpretazioni le più discordanti, di censure e plagi (il primo già nel 1523), di apologie e confutazioni, di critiche e commenti d’ogni natura, di una quantità di edizioni, riproduzioni, stampe, versioni apocrife, rifacimenti anonimi e traduzioni in tutte le principali lingue, che hanno finito per produrre una bibliografia sterminata e per rendere il nome dell’Autore e del suo “opuscolo” internazionalmente noti.
Insieme al Pinocchio di Collodi, ll Principe è probabilmente il testo della letteratura italiana più tradotto e conosciuto al mondo, senza ovviamente contare, al di là dell’aspetto materiale legato alla sua capillare diffusione editoriale, la profonda influenza che esso ha esercitato, non solo nel campo della riflessione politica, nei diversi Paesi e nelle più diverse congiunture storiche, già a partire dal XVI secolo e che ancora oggi perdura.
Per celebrare quest’anniversario, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana-Treccani ha messo in cantiere una serie di iniziative – coordinate da Alessandro Campi, direttore della “Rivista di Politica” – che sono state ufficialmente annunciate nei giorni scorsi sul portale dell’Istituto (cliccare).
Per cominciare, una grande mostra che sarà allestita a Roma nell’ottobre 2013, dedicata alla fortuna e alla diffusione antica e contemporanea de “Il Principe”, un’opera interpretata in modi spesso opposti, da manuale per tiranni a libro sulla libertà dei popoli.
Dal punto di vista editoriale, verrà promossa nel 2015 la pubblicazione di una Enciclopedia Machiavelliana: due volumi diretti dal Gennaro Sasso che raccoglieranno il meglio della machiavellistica italiana e internazionale, mettendo a punto la biografia dell’autore e definendo le più aggiornate interpretazioni che lo riguardano.
Un’altra iniziativa editoriale vedrà la pubblicazione nel 2013 di un’edizione del cinquecentenario del Principe: un’edizione critica definitiva curata da Giorgio Inglese.
A queste opere, si aggiungerà una bibliografia machiavelliana completa, da realizzare grazie all’ausilio delle più moderne tecnologie informatiche.
Un programma articolato e impegnativo, che da un lato servirà a rilanciare l’interesse anche del grande pubblico nei confronti di Machiavelli e della sua opera più conosciuta, e dall’altro consentirà di approfondire la discussione scientifica sul maestro indiscusso del realismo politico.
Ma sono moltre altre – oltre quelle annunciate dalla Treccani – le iniziative che riguarderanno Machiavelli, per seguire e discutere le quali l’Istituto di Politica ha varato un’apposita pagina su facebook intitolata “Machiavelliana”. Basta andare al seguente indirizzo http://www.facebook.com/#!/pages/Machiavelliana/164877310283803 , cliccare “mi piace”, per essere informati su tutto ciò che nei prossimi mesi e anni riguarderà l’autore del Principe, in Italia e all’estero.
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