di Francesca Varasano

La letteratura può offrire un punto d’osservazione privilegiato sulla realtà di un paese: la Russia socialista e le sue vicissitudini si sono incarnate nelle opere immortali di Majakovskij, Pasternak, Dovlatov ed altri. La Federazione Russa emersa dalla dissoluzione dell’impero sovietico vive oggi anche nelle parole di una nuova generazione di scrittori.

“Il secondo cerchio” (Ed. Tropea, 2012) è una raccolta di romanzi brevi insigniti del premio Debut, riservato ad autori di lingua russa che non abbiano superato i venticinque anni d’età.

Il titolo si richiama apertamente a “Il primo cerchio” di Solženicyn, romanzo del 1968 che esamina la condizione dei detenuti nei campi di prigionia leggera staliniana – un limbo, un girone infernale. L’eredità sovietica non trova spazio, invece, nei racconti dei giovani Alisa Ganieva, Igor Savelyev, Anna Lavrinenko e Aleksej Lukjanov: nati negli anni ’80, questi scrittori descrivono la Russia contemporanea senza nostalgia né acrimonia verso un passato a cui non hanno partecipato. Troppo giovani se non per sporadici ricordi d’infanzia, l’assenza dell’Unione Sovietica dalla narrazione è un dato di fatto e non è la sua assenza a definire la cifra stilistica; il primo cerchio va superato verso l’ignoto.

Dal libro emerge una Russia contemporanea più complessa dell’immagine proposta dalle relazioni annuali di qualche ONG o dai cataloghi turistici europei.

Piuttosto che una crociera da San Pietroburgo a Mosca, i racconti si snodano fra i cammini impervi del Daghestan o le strade di Ufa, Jaroslavl’ e Čeljabinsk sul crinale degli Urali, confine ricco di incanti e promesse fra Europa ed Asia. I quattro scrittori si misurano con i mille volti della Russia moderna: integralismo e bluetooth; rapimenti di spose, guerriglieri e moda made in Italy; nazionalisti violenti e caucasici che combattono nell’esercito russo; studenti che non studiano e lavori detestabili, claustrofobici. Racconti scritti su carta igienica che vaticinano un futuro catastrofico in cui le comunicazioni hanno smesso di funzionare e i Russi hanno dimenticato le imprecazioni (va da sé che senza la possibilità d’insultarsi nessuna attività umana funzioni poi bene).

La giovane età di chi scrive è un filo conduttore dei romanzi de “Il secondo cerchio”: secondo i detrattori del Debut, perfino troppo giovani per esprimere appieno il proprio talento. Eppure, nota la scrittrice Ol’ga Slavnikova nell’introduzione al libro: “a trent’anni una persona non scriverà più ciò che è in grado di scrivere a venti”, e vale la pena scriverlo.

Del resto, parte significativa della produzione di Puškin, capostipite della letteratura russa contemporanea, appartiene ai vent’anni del poeta. Ucciso ancora giovane in un duello (forse già oggetto di una sinistra profezia), a venticinque anni aveva scritto Boris Godunov ed iniziato l’Onegin; con consapevolezza e sentimento, non avendo compiuto trenta anni, metteva anzi in guardia dai tranelli del tempo: “di futuro vive il cuore”, notava nella poesia che prende il nome da un verso, il primo, conosciuto in italiano come “Se la vita ti tradisce”.

L’attenzione ai trentenni o quasi della Russia odierna non si limita alla letteratura, ma è un fenomeno più ampio che merita considerazione.

Lo scorso novembre il sito RIA novosti (www.ria.ru) ha pubblicato un’ampia analisi di Aleksandra Sheveleva su coloro che sono stati definiti i baby boomers russi: nati negli anni ’80, “oggi lavorano, guadagnano i soldi, hanno dei figli, pagano le tasse, chiedono un mutuo, partecipano alle manifestazioni e sono il target prediletto degli inserzionisti”. I giovani fra i 25 e i 29 anni, in particolare, costituiscono il secondo gruppo più numeroso della Russia odierna e hanno guadagnato non solo potere di spesa ma progressiva influenza sociale.

Questa generazione è figlia “della Risoluzione del Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 1981 sulle misure di potenziamento degli aiuti statali alle famiglie con figli” ed è anche per questo numerosa; è la prima “cresciuta con i cartoni animati della Walt Disney”, che hanno contribuito a plasmarne i valori ed influenzato i sogni, sottolinea l’autrice dell’articolo. Essi stanno a loro volta procreando, dando vita ad un secondo baby boom che popola il territorio del paese.

I ventenni e trentenni europei risentono più di ogni altro gruppo d’età della situazione economico-sociale. La Russia del 2012, paese d’economia emergente nonostante la crisi globale, sembra essere forte di una gioventù che raccoglie le sfide ideali della letteratura e quelle concrete poste dalla società contemporanea. Si misura con le aspirazioni e i problemi propri d’una generazione di trentenni o quasi che s’affacciano in un periodo di progresso e relativo benessere dopo gli sconvolgimenti politici degli anni ’90 ed ha forse il privilegio di poter cercare di costruire un futuro che possa appartenergli e sia diverso da quello ricevuto dai propri genitori. A questo proposito, sottolineando la consapevolezza acquisita in qualche caso, nota Sheveleva: “la mia generazione vuole più degli altri. E, per di più, sappiamo riunirci”.