di Fabio Polese

11403160_10153545997982384_5431319008918797415_nNato un anno fa, quando il 29 giugno del 2014 Abu Bakr Al-Baghdadi si è proclamato Califfo, lo Stato islamico sembra inarrestabile. «La loro avanzata è davvero singolare. L’Isis nasce, in parte, da un pasticcio dell’America. Lo racconta la Clinton in Scelte difficili. Si voleva abbattere Assad ad ogni costo e, così, si è deciso di armare i cosiddetti ribelli moderati. Il problema è che poi si è scoperto che i ribelli moderati non erano affatto moderati. Hanno abbandonato la guerra contro Assad e si sono affiancati allo Stato islamico. Se queste sono le basi, ovvero si riconosce apertamente che qualcosa è andato storto nel piano di destabilizzazione di un governo legittimo, si capisce anche perché l’Occidente non ha ancora attaccato l’Isis. Conviene, politicamente, a certe Nazioni, come gli Usa, la Turchia e il Qatar, avere una forza destabilizzante in Medio Oriente». A parlare ad Istituto di Politica, sono i due giornalisti de il Giornale, Andrea Indini e Matteo Carnieletto, autori del libro-inchiesta «Isis segreto». Un volume fondamentale per capire com’è nato, come agisce e come si espande lo Stato islamico.

Isis e social network. Quello dei social è da sempre un regno di libertà. E gli uomini dello Stato Islamico, che lasciano libera iniziativa ai singoli, lo hanno capito bene. Internet è sicuramente lo strumento più facile da usare per arruolare nuovi adepti. Proprio partendo da questo, i due autori del libro-inchiesta, hanno creato un profilo Facebook falso e hanno cercato di addentrarsi dentro il mondo virtuale delle bandiere nere. «Abbiamo cominciato ad aggiungere tra i nostri amici alcune persone che abitavano in Siria e che, diciamo, avevano profili poco raccomandabili. In pochissimo tempo, meno di 12 ore, abbiamo trovato una fonte buona, disposta a parlare. Si chiamava Il servo ribelle al Mujahed. Ci ha invitato ad abbandonare l’Italia degli infedeli, per raggiungere la Siria e combattere con gli jihadisti».

La promessa di beni materiali. Gli uomini del Califfo propongono quello che per loro è un mondo migliore, dove finalmente regnano Allah e la sharia. E, soprattutto, si propongono anche beni concreti. «Lo abbiamo visto proprio in questi giorni», spiegano i due giornalisti. «Maria Giulia Sergio, la 27enne italiana che ora si trova nella Siria meridionale a combattere con gli uomini di Al Baghdadi, in una delle conversazioni intercettate, dice a suo papà: “Qui potrai trovare una jeep a 3000 euro”. Il sogno di ogni uomo». Ma non è tutto: «Non dimentichiamo che lo Stato islamico sta arrivando là dove alcuni governi non sono riusciti ad arrivare: sta proponendo un sistema di welfare. Certo, islamico, ma sempre welfare. Si offre anche un ideale, quello del jihad, che fa leva sul vuoto in cui vivono i nostri giovani, disposti ormai a tutto pur di sentirsi vivi».

Isis e l’impatto mediatico del terrore. Gli jihadisti dello Stato Islamico puntano anche sul terrore, soprattutto attraverso video che sembrano molto vicini ai film hollywoodiani. Con effetti speciali, ma con sangue vero. «Con questi video – puntualizzano Indini e Carnieletto – l’Isis si radica nelle nostre teste. È un po’ come quando si guarda un film dell’orrore: vorremmo chiudere gli occhi, ma non ce l’ha facciamo e continuiamo a guardare. La cosa tragica è che quelli dell’Isis non sono film. Sono la realtà. Sanno che con questi video possono terrorizzarci e, quindi, annichilirci».

Come si finanzia l’Isis? Lo Stato islamico è ben organizzato e riesce a finanziarsi in vari modi. Con la vendita del petrolio. Con il commercio delle tante opere d’arte che vengono confiscate dagli uomini del Califfato e che poi vengono vendute nel mercato occidentale. Con il contrabbando di armi e con i riscatti. Ma non solo. «L’Isis – spiegano i due giornalisti – aumenta il proprio erario anche grazie a tutti quegli Stati che godono, più o meno apertamente, della sua presenza in Medio Oriente. L’Arabia Saudita, la Turchia e il Qatar».

Pericolo Isis in Europa. «L’Isis può colpirci in ogni momento», spiegano i due autori. «Bisogna tenere a mente che lo Stato islamico non è Al Qaeda. Non ha una struttura solida e preferisce lasciar agire i cosiddetti lupi solitari. È da questi che dobbiamo innanzitutto guardarci». L’Isis, infatti, a differenza di Al Qaeda, è da una parte più organico, dall’altra lascia più libera iniziativa ai suoi miliziani. E, soprattutto, lo Stato islamico accetta chiunque sia disposto a combattere per lui.

Gli errori dell’Occidente. Secondo i giornalisti de il Giornale, l’errore dell’Occidente è stato madornale ed è iniziato ben prima del tentativo di destabilizzare Assad. «Si è iniziato con le primavere arabe e i risultati sono stati disastrosi. Poi si è provato a far fuori un presidente legittimamente eletto e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Lo Stato islamico si estende in un territorio immenso. In Siria c’è Al Nusra, che è un gruppo qaedista a cui gli Usa strizzano l’occhio. Gli errori in Siria sono gli stessi della Libia: fatto fuori un governo forte, il potere viene preso dagli islamisti. E così gli Stati crollano».

I migliori alleati sono gli sciiti. «L’Occidente dovrebbe tornare indietro sui suoi passi, riconoscesse di aver sbagliato e comprendere che i possibili alleati per sconfiggere lo Stato islamico, paradossalmente, sono Assad, Hezbollah e Iran». Un’altra alternativa, «più concreta è che si passi per un’operazione militare internazionale. Una scelta davvero pericolosa, che magari potrebbe sì annientare l’Isis, ma che potrebbe far aumentare ancora di più l’odio di una certa parte del mondo islamico nei confronti dell’Occidente». Se non lo avessimo capito, «stiamo ancora pagando le guerre, politicamente scellerate, in Afghanistan e in Iraq».

«Isis segreto» è dunque un testo prezioso e completo per comprendere quello che sta succedendo in Medio Oriente. Ma non solo. Ci fa anche capire che, essere geograficamente lontani dall’orrore dei tagliagole, non può farci sentire più sicuri. Sarebbe solo una illusione, un pericolosissimo errore di prospettiva.

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