di Renata Gravina

La botte dei danari bucata e la vergine delusa sono le immagini che in questo momento si addicono all’Italia e alla Croazia. Secondo “Studio Europa”, emissione della Rappresentanza d’Italia presso l’Ue, gli ultimi spasimi di giugno rappresentano una scena che si ripete da anni. Tale scena presenta al contempo un’acquisizione e una perdita, azioni che rendono il bilancio finale europeo neutralizzato al netto.

Il rapporto della due giorni di summit europeo recita che “La lotta alla disoccupazione giovanile è un obiettivo specifico e immediato, considerato il numero inaccettabilmente alto di giovani europei disoccupati. Occorre mobilitare tutti gli sforzi per l’obiettivo condiviso di far sì che i giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione intraprendano un nuovo lavoro o un ciclo di istruzione o formazione entro un periodo di quattro mesi come stabilito nella raccomandazione del Consiglio sulla “Garanzia per i giovani”. Muovendo dalla comunicazione della Commissione sull’occupazione giovanile, si impone un’azione determinata e immediata a livello sia nazionale che dell’UE”.

Le conclusioni raggiunte al termine di un sofferto incontro da parte dei 27 paesi dell’Ue, prevedono un tetto di 9 miliardi di euro come fondo di garanzia per la disoccupazione giovanile in Europa, in particolare nei 13 paesi maggiormente in difficoltà. Tali fondi verranno stanziati secondo piani da decidere nei governi nazionali e da passare al vaglio dell’Unione. Il piano anti-disoccupazione risulta però già limitato nei contenuti e nelle modalità di esecuzione. Infatti la garanzia coinvolge i giovani fino a 25 anni di età che potrebbero vedersi offrire una formazione o un lavoro entro 4 mesi dal termine degli studi o dalla perdita del lavoro. I giornali europei sono altalenanti circa le misure prese, ma la sintesi degli umori è pressoché scettica. “Les Echos” valuta positivamente la manovra. Su “Público”, José Manuel Fernandes critica i summit Ue che si sono susseguiti dal 2010 con l’obiettivo di “salvare l’euro e scongiurare l’apocalisse”; “Un anno e 1,7 milioni di disoccupati più tardi, l’Europa propone la solita ricetta”, gli fa eco “El País”. “Lavoro per i giovani dell’Unione europea: tante chiacchiere e pochi soldi”, scrive “Gazeta Wyborcza”; infine Adriana Cerretelli sul “Sole 24 Ore” scrive che le misure concordate a Bruxelles non rappresentano un passo avanti decisivo, e l’Ue continua a muoversi come un “pachiderma” rispetto al dinamismo dei suoi concorrenti, in primis gli Stati Uniti.

L’immagine della botte dei danari bucata vale allora pressoché per tutta Europa. In questo contesto, la Croazia che intendeva festeggiare il sabato del villaggio del suo ingresso in Europa appare oggi più spaventata e delusa che in trepidante attesa.

Il primo luglio segna infatti la data di un trauma a partire dal quale l’ingresso nel mercato comune europeo esporrà le aziende croate a una maggiore concorrenza. Il risultato simbolico per la Croazia come regione balcanica che fa il suo ingresso in Europa e lo stanziamento di fondi anti-disoccupazione per l’Ue non sortiscono gli effetti desiderati. Come allontanare lo spettro dei nazionalismi in questa battaglia ad armi impari in cui alleati e nemici si confondono e l’Europa dalla botte bucata si riflette negli occhi virginei e spaventati della Croazia?

 

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