di Fabio Massimo Nicosia

Come notavo in un mio precedente intervento ospitato dall’Istituto di politica, Marx era fautore dell’estinzione dello Stato, anzi, la “prevedeva” come esito del trionfo proletario nella lotta di classe, ma non ha mai dedicato tempo, ritenendola evidentemente fatica inutile, a descrivere come avrebbe potuto funzionare una società senza Stato.

Anche gli anarchici classici non sono esenti da questa critica, tranne forse Proudhon, che vagheggiava un sistema federale e mutualista, una sorta di fusione tra municipalismo e mercato.

Chi invece ha prodotto ampia bibliografia sul funzionamento di una società senza autorità centrale sono gli anarco-capitalisti, a partire da David Friedman e anche da Rothbard. Essi hanno preso sul serio le obiezioni dei critici, e hanno cercato di rispondere in modo estremamente puntuale (chi farà le strade, chi produrrà diritto e giustizia, etc.).

Si noti tuttavia che, nel Manifesto del Partito Comunista, scritto da Marx con Engels nel 1848, si possono leggere le seguenti parole: “Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi prodotti della società, toglie soltanto il potere di assoggettarsi il lavoro altrui mediante tale appropriazione”. Tutti proprietari, dunque, come già aveva lasciato intendere uno dei padri del liberalismo, John Locke.

Ma c’è di più. Così come gli anarco-capitalisti spiegano che sarà il mercato a realizzare le strade, Marx, nei Grundrisse, prevede che verrà un giorno nel quale il capitalismo saprà rinunciare allo Stato per realizzare direttamente, secondo la logica del profitto, i beni pubblici e collettivi. Si crea qui un cortocircuito rispetto alla vulgata marxiana e marxista, secondo la quale l’estinzione dello Stato è subordinata alla conquista dello stesso da parte del partito dei proletari. Marx ha qui infatti una grande intuizione: che possa essere la borghesia a estinguere direttamente lo Stato. Che ne è allora della conquista del potere da parte dei comunisti, dato che il programma marxiano è di fatto affidato alle forze liberali?

Come si vede, lo Stato non è più necessario come strumento della transizione, e compito delle forze proletarie non è più di rafforzare lo Stato in vista di una sua estinzione rinviata sine die, ma piuttosto di dar man forte alle forze borghesi al governo perché liberalizzino il più possibile la società. Il che non significa che la “sinistra” non debba mai governare, a patto che faccia proprio e radicalizzi il programma liberista.

Alla luce di quanto precede, l’attuale esperimento cinese, governo comunista, economia capitalista, ci può apparire forse meno bizzarro di quanto non appaia a tutta prima.