di Giuliano Gioberti
In Europa, a tutti i livelli istituzionali, i processi di strutturazione politica vengono sottoposti a una trasformazione crescente. In particolare, nel versante progressista dei sistemi politici democratici, se sul finire del XX secolo la sinistra post-comunista veniva descritta come un «esercito in ritirata» e se dopo l’implosione dell’Unione Sovietica sembrava inevitabile un ridimensionamento del campo dei partiti di sinistra e, ancor più, di quelli collocati a sinistra dei partiti socialisti e socialdemocratici, all’inizio del terzo millennio emergono nuove opzioni possibili. Da qui l’interesse per lo studio delle nuove forme della new left europea, che a partire dalla vecchia tradizione marxista-leninista arriva a costruire un progetto politico del tutto nuovo e in via di profondo cambiamento.
A questo proposito, un contributo utile all’analisi del fenomeno accennato è fornito dal recente volume uscito per Donzelli a firma di Marco Damiani: La sinistra radicale in Europa. Italia, Spagna, Francia e Germania (Donzelli, Roma, 2016, pp.XX-260, euro 19,50).
Damiani – ricercatore in Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia – s’inserisce sostanzialmente all’interno di un vuoto della letteratura politologica internazionale, per cercare di fornire un’analisi comparata dei principali partiti della sinistra radicale. Il periodo di tempo considerato è compreso tra il 1989 e il 2014. I casi presi in esame sono Italia, Spagna, Francia e Germania. Nel volume viene esclusa la trattazione della Gran Bretagna perché storicamente priva di una tradizione politica social-comunista paragonabile a quella registrata in tutti gli altri Paesi menzionati e perché tuttora sprovvista di un partito politico organizzato a sinistra del Labour Party.
In questo contesto, lo sforzo prodotto dall’autore viene fornito all’interno di un quadro di riferimento piuttosto complesso, per cercare di capire qual è il ruolo dei partiti della sinistra radicale post-novecentesca nelle principali democrazie europee, quali sono le differenze con il passato e i margini di crescita futuri. A un venticinquennio di distanza dalla caduta del muro di Berlino, l’obiettivo è capire qual è il processo di trasformazione che investe i principali partiti della new left europea e quali sono le differenze con il passato. Il lavoro si avvale, tra l’altro, di ventisei interviste somministrate ai testimoni qualificati (dirigenti, leaders e segretari nazionali) di tutti i partiti indicati. L’ipotesi sviluppata all’interno del saggio è che tali forme di partiti politici siano partiti pro-sistema e non più partiti anti-sistema nell’accezione sartoriana formulata intorno alla metà degli anni settanta del Novecento. Pro-sistema nella misura in cui non si pongono come obiettivo la fuoriuscita dalle forme di Stato democratico, accettando di operare all’interno delle regole del gioco costituito. Ma non è tutto. Pur essendo pro-sistema, secondo la lettura che ne fornisce l’autore, i partiti della sinistra radicale europea manterrebbero una carica anti-establishment, dettata dalla volontà di candidarsi a sostituire una classe politica di governo (riformista o conservatrice) con un’altra classe politica di governo.
Attorno a questa ipotesi di studio, il libro è articolato in due parti. Nella prima parte, l’autore ricostruisce il dibattito storicamente formulato sul rapporto tra destra e sinistra. Rispetto a tale discussione, viene introdotta la categoria di sinistra «radicale», fornendo ad essa una definizione in grado di distinguerla tanto dal campo della sinistra riformista quanto da quello dell’«estrema» sinistra. In questa sezione del libro si presenta analiticamente il processo di nascita e trasformazione dei partiti della sinistra radicale di Italia, Spagna, Francia, e Germania, evidenziando l’elevato conflitto interno che accomuna i singoli studi nazionali. Ciò che emerge in questa fase della riflessione è che, in tutti i Paesi considerati, nei partiti della sinistra radicale si sviluppano dinamiche a forte contenuto conflittuale che, non raramente, conducono a traumatiche scissioni e all’indebolimento ciclico dei medesimi partiti politici.
Nella seconda parte del volume si presenta, invece, la configurazione, l’andamento elettorale e il rapporto che i partiti della sinistra radicale hanno con l’Europa e con le istituzioni politiche sovranazionali. Riguardo alla configurazione, intesa come insieme di valori, organizzazione e membership, l’autore propone una lettura che prova a descrivere la trasformazione registrata nel venticinquennio 1989-2014. In questo caso, lo sforzo è fornire una lettura critica all’interno di modelli interpretativi in grado di evidenziare affinità e divergenze dei singoli casi esaminati. Quanto all’andamento elettorale, l’obiettivo è analizzare il peso specifico di tali partiti nei rispettivi Paesi di riferimento, utilizzando la chiave della comparazione politologica per cercare di spiegare:
1) i motivi dei successi e le cause delle sconfitte elettorali;
2) i rapporti registrati, in termini di voti conseguiti, con i corrispettivi partiti socialisti e socialdemocratici.
Da ultimo, riguardo alle relazioni intercorse tra sinistra radicale e Unione europea, in questo saggio si ripercorrono i rapporti controversi registrati tra i partiti della radical left post-ottantanove e le istituzioni comunitarie, recuperando in questa circostanza le critiche avanzate dai partiti della sinistra “non socialista” al processo di unificazione che conduce prima alla Cee (trattato di Roma, 1957) e poi all’Ue (trattato di Maastricht, 1992). Il libro si chiude con la ricostruzione del processo costituente che porta alla nascita dell’eurogruppo parlamentare (GUE-NGL) e del Partito della Sinistra europea.
Il libro si chiude con il tentativo di comprendere più approfonditamente le affinità e le divergenze che mostrano i partiti della sinistra radicale post-novecentesca, provando a tracciare un bilancio venticinquennale delle forze afferenti al campo della new left europea.
Lascia un commento