di Federico Poggianti
La stabilità politica nella Repubblica del Congo risulta attualmente compromessa da problematiche di varia natura, che lo stesso Presidente Nguesso, rieletto alle elezioni tenutesi il 20 marzo scorso con il 60% dei voti, fatica a normalizzare.
Nguesso, che ha ricoperto la carica di Presidente della Repubblica del Congo già dal 1979 al 1992, ha promosso un referendum, tenutosi il 25 ottobre 2015, per modificare l’articolo della costituzione che avrebbe impedito una sua candidatura per un terzo mandato. A nulla è valso il boicottaggio da parte delle opposizioni. A seguito del risultato favorevole, a dicembre il Presidente uscente ha annunciato che le elezioni, inizialmente previste per luglio, sarebbero state anticipate al 20 marzo, decisione immediatamente ratificata dal Consiglio dei ministri. E’ la seconda importante modifica costituzionale promossa da Nguesso dopo quella del gennaio 2002 che garantisce maggiori poteri al capo dello Stato ed un prolungamento del suo mandato a 7 anni. Dalla tornata elettorale tenutesi nel marzo dello stesso anno e vinta da Nguesso con oltre il 90% dei voti, erano stati esclusi i maggiori oppositori.
E’ in un clima, quindi, dominato da una forte repressione che il 17 giugno il generale Mokoko è stato tratto in arresto con l’accusa di aver attentato alla sicurezza dello Stato, oltre che di possesso illegale di armi e munizioni da guerra. Il capo di accusa si basa su di un video del 2007 che lo ritrae mentre colloquia con alcuni uomini, che si identificano come funzionari del D.S.G.E., sulla preparazione di un colpo di Stato ai danni di Nguesso.
Il generale, che già da tempo era agli arresti domiciliari presso la sua villa di Brazzaville, è stato uno degli sfidanti di Nguesso alle scorse elezioni Nguesso, ottenendo il 14% dei voti. Mokoko, ex capo di Stato Maggiore delle Forze Armate congolesi dal 1987 al 1993, è stato addestrato all’Accademia militare francese di Saint-Cyr, specializzandosi in seguito alla Scuola d’applicazione Genio d’Angers ed alla Scuola di Stato Maggiore di Compiegne. E’ in Francia che, tra l’altro, ha passato un periodo di esilio volontario dal 1993. Nel 2005 è stato richiamato in Congo proprio da Nguesso, che lo ha nominato proprio rappresentante presso la Commissione dell’Unione Africana.
E’ in questo contesto che sembrerebbe inquadrarsi l’attacco da parte di ignoti con bombe molotov ai danni dell’ambasciata della Repubblica del Congo a Parigi lo scorso 21 giugno. Il generale Mokoko, che ha ricevuto la visita dell’ambasciatore francese in Congo mentre era agli arresti domiciliari, ha contestato, come tutte le opposizioni, la legittimità dell’esito elettorale a favore di Nguesso, sottolineando come né gli Stati Uniti, né l’Unione Europea, né tantomeno l’ex potenza coloniale francese abbiano mai inviato messaggi di congratulazioni al presidente rieletto.
Oltre al fattore di instabilità legato alla figura di Mokoko, già nei mesi scorsi erano emerse forti tensioni all’interno del Paese. La mattina del 4 aprile scorso si erano svolti a Brazzaville pesanti combattimenti tra le forze di sicurezza e gruppi armati, identificati dal governo come appartenenti alle milizie Ninjas. Gli uomini avevano assaltato una postazione militare nel sud di Brazzaville situata tra la sede locale della polizia ed un edificio governativo.
Lo scontro a fuoco era gradualmente diminuito nel corso delle ore e già nel pomeriggio le forze dell’ordine erano riuscite a contenerlo entro i quartieri di Bacongo e Makelekele, nel sud della città.
Le milizie che hanno causato i disordini sembrerebbero legate ad alcuni candidati dell’opposizione alle recenti elezioni presidenziali, in particolare a Guy-Brice Parfait Kolelas, arrivato secondo alle scorse presidenziali.
Questi è presidente ad interim del Mouvement Congolais pour la Démocratie et le Développement Intégral, per il quale è stato candidato. Il padre, Bernard Kolelas, deceduto nel 2009, era stato il fondatore del movimento, di cui le milizie Ninjas rappresentavano il braccio armato.
Il mancato riconoscimento della vittoria di Nguesso da parte di Guy-Brice Parfait Kolelas, che il 1° aprile scorso ha depositato ricorso contro i risultati elettorali, porterebbe il Governo a propendere per l’ipotesi di un suo coinvolgimento diretto nei combattimenti avvenuti alcuni giorni dopo nella capitale.
La recrudescenza degli scontri con le milizie Ninjas ha portato ad un attacco governativo nella regione dove le milizie hanno maggior seguito, il cosiddetto Pool Department, scatenato il 5 aprile e proseguito per una settimana. Nel corso dei bombardamenti, condotti con elicotteri, è stata colpita anche una delle ex residenze di Pastor Ntoumi.
Frédéric Bintsamou, conosciuto come Pastor Ntumi, ultimo leader formalmente riconosciuto delle milizie Ninjas, che ha guidato i negoziati nati dal cessate il fuoco del 2003 e culminati nel 2007 con la sua nomina a Ministro responsabile per la pace e la reintegrazione dei combattenti. Bintsamou è stato eletto nel 2014 consigliere nel locale dipartimento di Mayama, nel Pool Department: in questa regione tra il 1997 ed il 2003 si sono svolti i principali combattimenti tra i Ninjas e le forze governative.
I disordini causati dalle milizie Ninjas aprono importati interrogativi circa chi detenga l’effettivo controllo su queste. Bintsamou, che ne è l’ultimo leader riconosciuto, si è fatto garante dal 2007 del loro complessivo disarmo. D’altra parte il riaffacciarsi nella capitale di gruppi di guerriglieri riconducibili a tali milizie, che secondo le autorità risponderebbero a Kolelas, sembrerebbe indicare l’irrompere sulla scena di una nuova generazione di combattenti legati direttamente al nuovo establishment del M.C.D.D.I., che di fatto rappresenta un’incognita sulla tenuta degli accordi di pace stipulati precedentemente alla morte di Bernard Kolelas.
Il Paese sembra quindi fortemente accentrato sulla leadership di Nguesso. Questi da un lato ha ripreso i combattimenti con le milizie Ninjas, operando una massiccia repressione nei loro confronti e spostando il terrendo di scontro direttamente sul loro territorio di provenienza. Nel tentativo di allentare l’isolamento in cui versa il Paese soprattutto nei confronti dei partner occidentali, il Governo ha permesso il 9 giugno scorso la visita della regione oggetto degli attacchi da parte di inviati delle Nazioni Unite.
Il fronte militare sembra dunque saldamente in mano a Nguesso, in particolar modo dopo l’arresto di Mokoko, che per il proprio background politico e militare ed i contatti che sembrerebbe aver saputo tessere, in Francia in special modo, rappresenta tra gli sfidanti quello più pericoloso per Nguesso. Se infatti il 14% dei voti ottenuti alle elezioni non fanno di lui un competitor credibile dal punto di vista elettorale, è pur vero che rappresenta una figura di riferimento per l’establishment militare del Paese e, verosimilmente, un interlocutore alternativo per i Paesi occidentali. La maggior minaccia sarebbe data dalla possibilità di una sovrapponibilità delle due figure, quella di Nguesso e di Mokoko, che simili per estrazione e formazione militare, renderebbero il Presidente sostituibile senza pregiudicare la struttura dello Stato congolese. D’altra parte, le modalità, rimaste misteriose, con cui il Governo è venuto in possesso di un video risalente a nove anni fa, lasciano pensare ad una volontà di consolidare il potere di Nguesso da parte della stessa Francia, qualora fossero coinvolti i propri servizi d’intelligence, a discapito delle affermazioni di principio che vorrebbero il regime isolato dai Paesi occidentali.
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