di Chiara Moroni
In questo momento in Italia la politica tutta, di destra e di sinistra è perdente, e le elezioni amministrative in Sicilia lo hanno dimostrato in modo evidente. Ciò che, al contrario, sembra essere sempre più radicato nel tessuto sociale e nelle dinamiche di opinione è la combinazione di due tendenze negative: l’antipolitica e l’inpolitica. In entrambi i casi si tratta di due forme di protesta nei confronti della politica tradizionale che hanno una stessa matrice: l’inaccettabilità della politica corrente e dei politici in carica.
Il termine antipolitica implica avversione, ma anche antagonismo e capacità o disposizione a contrastare il sistema politico in atto. I cittadini esprimono la propria avversione astenendosi dall’andare a votare e rinunciando a scegliere tra forze politiche che dimostrano in ugual misura di essere incapaci di interpretare e governare il presente e, soprattutto, di progettare il futuro.
Di queste due tendenze si è fatto interprete Beppe Grillo e il suo movimento. La disposizione a contrastare il sistema vigente, Grillo e il suo movimento l’hanno dimostrata nella fase contestataria dell’ascesa pubblica, durante la quale la critica e la denuncia delle incongruenze, delle incapacità e dell’inadeguatezza della politica italiana erano l’unico elemento costitutivo dell’azione. Una fase distruttiva, incapace di farsi politicamente propositiva. Questo è stato vero fino a quando il Movimento 5 stelle non ha partecipato a competizioni elettorali, entrando a tutti gli effetti a far parte del sistema politico con l’intento dichiarato di cambiarlo dall’interno. Per questa nuova realtà politica si è quindi, chiusa la fase dell’antipolitica vera e propria e si è avviato un progetto costruttivo di intervento concreto nel sistema politico e di governo.
Il limite di questo progetto è però, a nostro avviso, l’elevato grado di inpolitica che Grillo sta immettendo nel sistema. Il termine inpolitica vuole dare conto di una mancanza, vale a dire di prassi e procedure che inseriscono nel sistema politico elementi – soggetti e competenze – estranei alla politica.
La vocazione inpolitica del movimento 5 stelle sta nella logica, sistematica e scientifica, con la quale Grillo sceglie i candidati, cittadini il cui valore politico è tutto intrinseco al fatto che sono totalmente estranei alla politica stessa.
Vale la pena ricordare una grande lezione di Max Weber che nel lontano 1919 distingueva tra i politici “occasionali” e i politici di “professione”. “Tutti noi siamo politici “occasionali” quando andiamo a votare, oppure quando manifestiamo la nostra volontà applaudendo o protestando in una riunione “politica” […]”. Grillo fa dei politici “occasionali” l’unica incarnazione possibile per un sistema politico onesto ed efficiente.
Weber ci dice, però, che la politica dello Stato e il governo della cosa pubblica in epoca moderna richiedono l’intervento di politici di “professione”. L’impegno civile che ogni singolo appartenente alla comunità profonde nella sfera pubblica e nel dibattito che in essa si esprime, è cosa altra rispetto alla partecipazione all’istituzione e alla sua incarnazione.
Weber distingue due modi di fare della politica la propria professione: “Si vive “per” la politica oppure “di” politica”. Chi vive “per” la politica costruisce in senso interiore “tutta la propria esistenza intorno ad essa: […] alimenta il proprio equilibrio interiore e il proprio sentimento di sé con la coscienza di dare un senso alla propria vita per il fatto di servire una causa. […] Mentre della politica come professione vive colui che cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno”. Nella prassi le due alternative non si escludono l’un l’altra, infatti le condizioni sociali perché si possa vivere solo “per” la politica, sono rare e complesse. L’equilibrio tra le due predisposizioni rende il politico di professione colui che sa realizzare l’incarnazione dell’afflato ideale ottenendo al contempo un guadagno economico personale. Come per tutte le professioni la dedizione alla politica, è sì caratterizzata dalla possibilità di ricevere un compenso – adeguato – per l’azione che si svolge, ma anche dal possedere un insieme complesso di competenze ed attitudini personali che permettono al politico di agire in modo efficace ed efficiente nell’ambito del complesso sistema istituzione e nel rispetto di norme che regolano la prassi politica ed istituzionale.
La deformazione sta là dove il vivere “di” politica esaurisce completamente l’azione politica del singolo, riducendo a zero la spinta ideale, che viene subordinata all’ottenimento di un guadagno.
È questa la possibile corruzione del sistema politico che inevitabilmente collassa sotto la spinta di interessi personalistici e di guadagno individuale e che relega l’aspirazione ideale, e quindi l’interesse generale, a mera sterile dissertazione a beneficio di una del tutto formale legittimazione politica del potere che si esercita.
Questa deformazione del sistema genera un senso comune per il quale il professionista della politica che vive di politica è divenuto l’archetipo dell’uomo politico. In tal modo il “politico di professione” ha perso il valore e l’importanza che gli attribuiva Weber nella fattispecie del politico che vive per la politica, e ha assunto una connotazione negativa da burocrate incapace e spesso condizionato dal proprio interesse.
Tutto questo, a sua volta, alimenta spinte dal basso votate all’antipolitica, che come ogni movimento di protesta tende a non discernere tra la politica di valore e quella mercenaria, stabilendo che tutta la politica cosiddetta “di professione” porti con sé connotati di negatività e corruzione.
Questo tipo di generalizzazione spinge a ritenere che l’unica risorsa positiva sia tutto ciò che è estraneo alla professionalizzazione della politica, e che essa può essere sana ed efficace solo se incarnata da elementi non professionalizzanti. Ma tale convinzione porta ad affermare che concettualmente e materialmente l’opposto del politico di professione sia l’inpolitico, vale a dire colui che non solo è estraneo al sistema istituzionalizzato della politica, ma ne è profondamente alieno anche dal punto di vista delle prassi, delle conoscenze e delle competenze che pure sono necessarie per trasformare quell’afflato ideale di costruzione della propria esistenza intono alla politica, di cui parla Weber, in azioni e decisioni utili per il governo della cosa pubblica.
È profondamente sbagliato credere che la soluzione alle difficoltà in cui verte il sistema politico italiano sia abbandonare l’idea nobile del politico di professione per affidare il complesso sistema istituzionale a quelli che Weber definisce “politici occasionali”. Ma è ciò che oggi sta facendo Grillo con il suo movimento ed è quello che ha fatto Berlusconi a partire dal 1994 e che nel tempo è stato oggetto delle conseguenti deformazioni parossistiche che tutti noi conosciamo e avversiamo.