di Emanuele Schibotto*
Nell’immaginario collettivo si pensa all’Australia come alla “quinta colonna” dell’Occidente in Asia, quasi una “estensione” dell’Europa lontana oltre 16.000 km. Al netto dei legami culturali, linguistici, economici e militari con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, l’Australia ha deciso di cambiare rotta avvicinandosi come mai prima nella sua Storia al continente geograficamente più prossimo: l’Asia.
Il Primo Ministro Julia Gillard ha spiegato questa svolta nel discorso di presentazione del white paper “Australia in the Asian Century”, il quale delinea il piano strategico di politica estera volto a rafforzare i rapporti con i Paesi della macro-regione asiatica:
“Mentre l’Australia stava cambiando, anche l’Asia stava facendo altrettanto. Questo secolo riporterà l’Asia in una posizione di leadership globale […] Il centro dell’economia mondiale si sta muovendo verso la nostra direzione […] Entro il 2025 avrà raggiunto l’India centrale […] Siamo testimoni di trasformazioni economiche e sociali di dimensioni imparagonabili […] Entro il 2025 in Asia risiederà la maggioranza della classe media mondiale. Non sarà più solo il maggior produttore di beni e servizi del globo, ne diventerà anche il maggior consumatore. Queste sono buone notizie per l’Australia e dovrebbero portare a un profondo cambiamento nel nostro modo di pensare le relazioni economiche con l’Asia”.
Il piano identifica 25 obiettivi nazionali da realizzare entro il 2025, tra i quali:
– portare il reddito pro-capite a 73.000$ dagli attuali 62.000$;
– garantire accesso alla banda larga per il 100% degli edifici;
– contare 10 università tra le prime 100 al mondo;
– rendere lo studio della storia e cultura dell’Asia parte integrante del programma scolastico;
– rendere prioritario per lo studente l’apprendimento di una delle seguenti lingue a scelta: mandarino, hindi, indonesiano, giapponese.
L’intento del Governo non è trascurare le alleanze tradizionali (è di un anno fa la firma di un nuovo accordo di cooperazione militare Australia-USA), semmai quello di sfruttare a pieno le prospettive di crescita di lungo periodo della macro-regione, che secondo l’Asian Development Bank potrà arrivare a contare per il 50 percento del PIL mondiale entro il 2050.
Nel contesto europeo, un esempio simile di piano strategico per il sistema-Paese rivolto all’Asia lo formulò la Germania già nel 2002 (Asienkonzept), puntando in particolare ad aumentare le attività di diplomazia economica. Per l’Italia ad oggi nessun piano organico elaborato ad hoc, anche se negli ultimi anni – in particolare 2011 e 2012 – si è registrata una intensificazione dell’azione governativa destinata, ci auguriamo, a perdurare.
* Dottorando di ricerca in geopolitica economica presso l’Università Marconi e Coordinatore Editoriale del Centro Studi di Geopolitica e Relazioni Internazionali Equilibri.net