di Alessandro Campi

Attenti a sottovalutare il “duduismo”, fase ideologica estrema del berlusconismo. Sottovalutando le implicazioni politiche-elettorali della sua recente infatuazione canina, gli avversari del Cavaliere rischiano infatti di andare incontro all’ennesimo amaro risveglio.

Berlusconi, dacché è entrato nell’agone politico forte del suo apprendistato imprenditoriale, non ha fatto quasi nulla a caso. La sua spontaneità è sempre stata ben ponderata. I suoi gesti, anche quelli intimi o minimi, hanno sempre assunto un calcolato rilievo pubblico. Se ha assecondato un umore collettivo è perché i sondaggi gli consigliavano di farlo, non perché ne fosse personalmente convinto. Facile pensare che l’innamoramento per Dudù, sin troppo platealmente esibito e divenuto ormai argomento di discussione pubblico e persino di gossip, non risponda ad un bisogno senile di serenità, ma ad una strategia d’immagine ancora una volta sapientemente e abilmente costruita.

Dudù è stato oggetto di facili ironie, quando è comparso sulla scena. E’ parso l’estremo e anche un po’ ridicolo conforto di un uomo abbandonato e sconfitto, pronto a chiudersi in casa con in braccio il suo nuovo compagno di solitudine. C’era un che di pateticamente tenero in questo anziano uomo politico che si faceva ritrarre abbracciato ad un batuffolo di pelo mentre provava a sfuggire la stampa.

Ma la coppia Silvio-Dudù (nemmeno più ci si ricorda che la padrona del cane è la signora Francesca Pascale) ha presto virato verso ambientazioni meno domestiche. Troppo presi a commentare l’uscita del primo dal Palazzo, non ci si è accorti dell’entrata trionfale del secondo nel grande gioco della politica-spettacolo italiana e nel mondo dell’informazione che la sostiene.

Dudù compare ormai di diritto nelle foto ufficiali, copertine incluse. Si è visto dedicare servizi e inchieste. Ci sono fotografi che lo seguono per immortalarlo E’ oggetto di discussione durante dibattitti e conferenze stampa. Ha persino un profilo su facebook che in breve tempo ha collezionato migliaia di amici. Da poco ha anche un sito web: “Forza Dudù”, facendo il verso ai club politici animati dal suo padrone. Silvio, interrogato sull’argomento, ne parla come di uno simpaticissimo, con il quale è piacevole trascorrere ore in compagnia e parlare: “è un bambino cui manca solo la parola”, è arrivato a dire. Alfonso Signorini, che nella costellazione berlusconiana opera alla stregua di un gran cerimoniere e meglio di altri ne incarna l’estetica, ha reso pubbliche le sue inclinazioni sessuali, che sono – ha spiegato – manifestamente gay, come era facile del resto dedurre dal modo con cui Dudù ha ceduto, durante il loro fugace incontro, al fascino macho del presidente Putin.

Ma dove sta in tutto questo il calcolo operato dal Cavaliere a danno di un innocente cane da compagnia? E che c’entra la politica con questi divertenti siparietti? II fatto è che sull’animalismo e la sua importanza sociale Berlusconi è stato indottrinato da tempo dalla Michela Vittoria Brambilla, una delle sue più devote sostenitrici politiche, colei che ha inventato i circoli della libertà facendo per prima concorrenza al Pdl. Proprio lei deve avergli spiegato quanto per gli italiani d’ogni età contino gli animali da compagnia, quale giro d’affari miliardari questi ultimi producano, quanto forte sia la corrente emotiva che si incanala in particolare verso cani e gatti. Esiste insomma una sensibilità diffusa, che vale potenzialmente milioni di consensi, che si sbaglierebbe a considerare di sinistra e che un politico abile non può trascurare o fare a meno di coltivare. Berlusconi, quando pensava a spezzettare il Pdl, aveva anche vagheggiato la nascita di un movimento o partito animalista. Alla fine – grazie a Dudù – ha deciso di prendere su di sé la rappresentanza politico-simbolica di quel mondo, con l’idea di inventarsi qualche nuova parola d’ordine: da “Meno tasse per tutti” a “Lo Stato ti abbandona, gli animali no”, oppure “Casa e cane: i pilastri della tua libertà”.

Il Cavaliere, maniaco dei sondaggi da tempo immemorabile, non è escluso che ne abbia commissionato uno per capire quanto possa fruttargli Dudù in quella fascia di elettorato che affettivamente antepone gli amici a quattro zampe ai parenti stretti e ai vicini di casa. Da queste rilevazioni potrebbe aver ricavato la notizia – resa pubblica durante la recente presentazione a Roma dell’ultimo libro di Vespa – che il 30% dei proprietari di cani li fanno dormire sopra il letto e il 16% addirittura sotto le coperte. I dati così puntualmente illustrati potrebbero essere inventati. Potrebbe non esserci stata nessuna indagine su un tema tanto fatuo, ma è significativo che Berlusconi affronti l’argomento ricorrendo alla serietà inoppugnabile dei numeri. E’ segno che sta seriamente pensando a quanto gli animali da compagnia, per il tramite dei loro padroni, possano pesare nelle urne.

Nella sua carriera Berlusconi non ha vinto, come banalmente si dice, titillando la rabbia antipolitica degli italiani: diversamente da Grillo, specialista nell’aizzare i risentimenti sociali e gli odii inconfessabili che covano sul fondo di ogni società, il Cavaliere non è mai stato uno rabbioso. La sua forza è consistita nell’incrociare piuttosto le emozioni prepolitiche collettive e nel canalizzarle facendole diventare consenso a suo favore. Così è stato col desiderio degli italiani di darsi allo svago e alla spensieratezza dopo gli anni di piombo; di liberarsi dalla cupezza delle ideologie e dalla disciplina sociale operata dai partiti per riprendersi la loro libertà d’azione e di giudizio; di assecondare senza troppa vergogna la loro voglia di guadagno e di crescita sociale in un Paese che ha sempre demonizzato la ricchezza; di appagare il loro vitalismo smettendola con il puritanesimo cattocomunista che per un cinquantennio li aveva costretti a coltivare in privato i loro cattivi pensieri in materia di sesso; di soddisfare il loro istinto proprietario elevando la casa a fondamento di un benessere che nessuno Stato o potere pubblico può azzardarsi ad aggredire.

Oggi – avendo dinnanzi ai suoi occhi una popolazione sempre più anziana e una società frantumata nella quale crescono la solitudine e il bisogno di affetti essenziali – il Cavaliere ci riprova mostrandosi amico degli animali e suo affettuoso tutore. “Quelli” – i politici di professione – parlano e promettono, e agiscano alle spalle dei cittadini mostrando un tratto cinico, disumano e sprezzante. “Io” sono invece come voi: un uomo provato dalla vita, che cerca emozioni e passioni sincere e che non si vergogna di mostrarsi mentre accarezza il suo piccolo animale. Potremmo definirla una forma di populismo animalista la cui presa sugli elettori potrebbe rivelare sorprese, a dispetto di chi dà il Cavaliere per finito.

Ma si può ripartire da un cane per risalire la china? Sì, se amici e sodali di un tempo ti hanno nel frattempo tradito. Se Dudù non parla, sono molte le verità che esprime magari solo con gli occhi. Gli animali da compagnia sono fedeli e non ti mollano per convenienza. Riempiono le tue giornate e ricambiano le tue attenzioni. Sanno cosa aspettarsi e sanno cosa tu ti aspetti da loro. Fallito il progetto di costruire il “partito dell’amore”, perché gli uomini sono ingrati, stanco di essere circondato da delfini, falchi, colombe, pitonesse, squali, specie animali aggressive che non ti riservano alcuna dolcezza, il Cavaliere si è infine affidato ad un cagnolino pelosamente candido per fare pace con gli italiani – quei milioni che la sera si addormentano carezzando un micio o un’altra bestiola d’appartamento – e dimostrare loro che è uomo nuovo, del quale ancora ci si può ancora fidare.

Sarà un caso, ma il quotidiano di famiglia si deve essere accorto di questa virata berlusconiana verso il mondo animale, potenzialmente foriera di interessanti ricadute politiche, e ha subito deciso di assecondarla. Se un tempo il “Giornale” regalava volumi di storia patria e inserti su Mussolini, adesso ha deciso di omaggiare i suoi lettori con una guida a fascicoli su cani e gatti: su come accudirli, ma soprattutto su come capirli. Dalla “rivoluzione liberale” alla “rivoluzione animalista”, le metamorfosi del berlusconismo non smettono di sorprendere.

* Articolo apparso, in versione ridotta, sul “Messaggero” del 10 dicembre 2013.

 

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