di Marino Freschi
Berlino. In questi giorni in cui si parla molto di Brexit non poteva mancare la “Germanentry”, ovvero l’entrata della Germania a gamba tesa nel contesto europeo. È un evento, che potrebbe impaurire alcuni, infastidire molti, rallegrare pochi. Ma perché poi? In fondo è un ritorno allo spirito europeo degli anni Cinquanta quando l’Europa era tutta continentale e cominciava a marciare spedita. Intanto almeno due secoli di ferale inimicizia tra Francia e Germania venivano definitivamente sepolti e il Reno tornava a scorrere pacifico tra le due grandi nazioni. Era improvvisamente la rinascita di una antica costellazione storico-culturale: quella dell’Impero Carolingio che unificava nel sogno di Roma e nel segno di Cristo la Francia (ormai non più Gallia), le tante stirpi germaniche (non si poteva parlare ancora di Germania), l’Italia longobarda, la Spagna non mora, i Paesi Bassi e vasti territori dell’Europa danubiana e orientale. La Britannia era esclusa.
Questa Europa neo-carolingia era unita dai dolori di troppe guerre, da innumerevoli morti e tremende distruzioni. Eppure le nuove generazioni si risvegliarono alla vita, alla speranza con questo sogno meraviglioso. Era naturale che si pensasse di coinvolgere la Gran Bretagna, anche se non mancavano voci perplesse e scettiche. Non si dimenticava il suo “splendido isolamento”, l’orgogliosa vocazione insulare e imperiale dell’Inghilterra, né si poteva cancellare la grandiosa stagione del Commonwealth che univa Londra più a Sidney, Ottawa che a Bonn o a Roma. E infatti quelle perplessità si rivelarono assai presto fondate, giustificate dalla posizione inglese che ha sempre frenato ogni volontà di maggiore coesione politica anche a livello istituzionale, economico e militare. L’Inghilterra non ha mai smesso di sognare nostalgicamente il suo grande passato imperiale che non poteva essere risarcito da un ruolo senz’altro dignitoso nella Comunità Europea, ma non certo egemonico, anche se sotto molti aspetta l’influenza inglese risultava (e risulta) prioritaria. Si pensi soltanto all’indiscusso primato dell’inglese come lingua franca di comunicazione, da tempo accettato dai nordici come pure dai tedeschi e dagli italiani e un po’ meno dai francesi e dagli spagnoli, che hanno ancora legittime aspettative sulla funzione internazionale delle loro lingue. Chi si sono mossi con maggiore lungimiranza politica sono stati i tedeschi con una classe politica di grande spessore da Adenauer a Brandt, da Kohl alla Merkel. La Germania ha completamente dismesso l’elmo chiodato del Kaiser, ha ripudiato ogni velleità pangermanista e perfino ogni rivendicazione territoriale, non sempre ingiustificata: si pensi che Danzica ha dato i natali a Schopenhauer e che a Königsberg, dal 1945 la russa Kalinengrad, è nato Kant. Ma due guerre sbagliate e un regime criminale come quello hitleriano si pagano. E la grandezza dei cancellieri tedeschi è quella di aver accettato con lealtà il conto della storia. Ora questa lungimiranza deve assolutamente continuare. Gli errori tedeschi nei confronti della Grecia devono imporre a Berlino di riprendere quella saggezza che ha guidato le politiche, pur così diverse, ma parimenti così generose, di Adenauer e di Brandt.
Per un singolare paradosso quest’anno è l’anniversario di William Shakespeare il più inglese e insieme il più universale dei geni inglesi, così come è l’anniversario di Cervantes. Due spiriti immensi che testimoniano che l’Europa è una nella cultura e nello spirito: in essa ci ritroviamo ora e sempre. L’attuale momento di smarrimento potrà aiutarci a unirci ancora di più in una Europa continentale finalente coesa, quella di Carlo incoronato imperatore a Roma di genti franche, francesi e italiche, nonché quella di Dante e di Goethe che si considerava tedesco, greco, italiano e che amava il francese e l’italiano come la sua lingua. Anche gli inglesi, nello spirito di Shakespeare, sapranno ritrovare la generosità necessaria per essere grandi, e ciò che sono sempre stati, ovvero europei. Ci vorrà tempo per loro, mentre per noi è una grandiosa opportunità. Questo è lo spirito che circola a Berlino, con una Germania, che nella sua parte migliore (forse) è pronta a lavorare per l’ Europa di Erasmo e della generazione “Erasmus”, la più bella fioritura europea.
Lascia un commento