di Angelica Stramazzi

Checché se ne dica, il Festival di San Remo è da sempre un appuntamento molto atteso (oltre che chiacchierato); e gli ottimi ascolti incassati in queste prime serate d’apertura confermano quanto stiamo dicendo. Non si tratta solamente di una mera competizione canora fra i big (o presunti tali) della musica italiana, ma piuttosto della rappresentazione (o narrazione) di un momento o di una fase storica in cui si trova immerso il Paese. E in quest’anno cominciato con una campagna elettorale di cui si sarebbe fatto volentieri a meno, terremotato e scosso nel suo inizio dalla notizia della fine anticipata del pontificato di Papa Benedetto XVI, era quasi scontato, se non ampiamente prevedibile, che il Festival di San Remo si caricasse (anche) di un significato politico.

Del resto, l’Italia è un paese in cui qualsiasi tipo di evento, sia esso di carattere artistico, culturale o sociale, finisce – prima o poi – per essere ricondotto al mondo della politica. Che poi, etimologicamente parlando, dovrebbe richiamare (e richiamarsi) all’interesse più generale della polis. Della collettività (e della comunità) nella sua interezza. Le notizie che ogni giorno ci giungono puntuali circa l’arresto di questo o quel top manager, amministratore delegato o consigliere di una grande azienda, suggeriscono con tutta evidenza che le prassi e i comportamenti adottati da chi dovrebbe costituire (non solo a parole, ma soprattutto attraverso i fatti) un’élite, vanno in tutt’altra direzione. E il malcostume, unitamente alla necessità – vitale per alcuni – di sottrarre pubblici danari, finisce sempre per dilagare (e trionfare).

Se la speranza è sempre l’ultima a morire, anche quando verrebbe voglia di mollare tutto per trasferirsi in altri e più fortunati lidi, vale la pena ricordare, tanto per fare un po’ di esercizio mnemonico, che il Festival di San Remo dovrebbe concorrere, attraverso la celebrazione e l’esaltazione della musica, alla crescita culturale e sociale del Paese, senza contribuire ad alimentare fratture e divisioni già parecchio profonde e difficili da sanare. La performance (attesissima) di Maurizio Crozza, andata in onda nella serata inaugurale di martedì 12 febbraio, non solo non ha centrato l’obiettivo che ogni comico dovrebbe darsi, ossia quello di tentare di rallegrare tutti i presenti; ma è finita addirittura per porsi in una prospettiva del tutto lontana rispetto alla finalità di crescita sociale e culturale poc’anzi menzionata. Con che spirito uno showman affronta il palcoscenico pur sapendo di essere agevolato, nel suo mestiere e nella riuscita del suo spettacolo, da un clima già di per sé teso, esasperato fino all’inverosimile da continui distinguo, buoni solamente a generare ulteriore caos? E come mai la stessa produzione del Festival ha avallato la messa in scena di un copione che, con tutta evidenza, era orientato a screditare prevalentemente una parte politica?

Le preoccupazioni, per certi versi legittime (oltre che fondate, vista e considerata la performance dello stesso Crozza) di Silvio Berlusconi circa il fatto che il Festival di San Remo potesse tradursi in esercizio di propaganda politica, sono state ritenute inopportune e sproporzionate rispetto alla portata dell’evento. Che però, come si sottolineava all’inizio, ha una risonanza e una visibilità nazionale; e non è circoscritto ad una sola realtà locale.

Ecco perché sarebbe stato meglio incentrare questo Festival di San Remo su altri valori: quelli della cultura e delle sue mille declinazioni, tra cui rientra – giustappunto – anche la musica. Ma finché si continuerà a far leva sui buoni sentimenti di una certa parte del popolo italiano, boicottando l’indignazione altrui di fronte a spettacoli che tutto fanno fuorché stupire, meravigliare ed emozionare, non si compirà molta strada: l’Italia ha bisogno di nuove prospettive e di nuovi interlocutori, non solo per quanto concerne il mondo della politica. Sarebbe dunque auspicabile, per il bene di tutti, far retrocedere chi alimenta, seppur in maniera celata e subdola, l’orizzonte dell’odio, delle divisioni e delle fratture: è giunto il momento di proporre altro, lasciando spazio all’emersione di nuove energie capaci di sorprendere. Anche nel mondo dello spettacolo.

 

Commento (1)

  • Francesco
    Francesco
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    Dicevano le stesse cose per ladri di biciclette, davvero un articolo privo di intelligenza.

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