di Renata Gravina

Dès l’enfance, l’homme est lent, incapable de construire ses propres lois, il n’y voit goutte, il est uniquement manœuvré par des bornes qui tout doucement l’entraînent vers la cécité de son destin (D.Rolin, L’enragé)

Pieter Bruegel è il protagonista della stirpe fiamminga dei Bruegel omaggiata dalla città di Roma con una mostra (al Chiostro del Bramante fino al 2 giugno 2013) volta a ripercorrre la storia di un frammento essenziale dell’arte fiamminga. La stirpe artistica dei Brugel, affermatasi tra il XVI e il XVII, è al centro del romanzo della scrittrice belga Dominique Rolin. In l’Enragé Bruegel il vecchio è trattato dall’autrice in una modalità talmente letteraria da lasciar dimenticare che al di là del romanzo il pittore sia esistito veramente. Come l’oggetto dei suoi dipinti realisti Pieter Bruegel è vissuto dall’autrice all’inverso, in un procedere dalla morte alla vita.

Nel romanzo, Bruegel, steso sul letto d’agonia diventa pittore e soggetto di sofferenza, condannato a causa di un’artrite reumatica a non poter mai più dipingere. L’ Enragé di Dominique Rolin uscito nel 1978, tradotto nel 1992 a cura di Chiara Elefante per Panozzo Editore e vincitore del premio Franz Hellens, è attuale perché permette di addentrarsi nella psiche di un artista che ha riacquisito solo nel tempo il valore intrinseco del suo lascito rappresentato dall’analisi realistica del grottesco. L’arte e la realtà per Bruegel si confondono così come il procedere inverso dalla distruzione alla vita. Come Bruegel mette in scena attraverso le sue opere l’uomo privo di tutti i fronzoli e messo a nudo nella sua più profonda radice, Dominique Rolin parte dalla decadenza dell’artista che è sua stessa catarsi e fonte di una potenza creatrice. Si potrebbe considerare l’eterna attualità artistica dell’impeto del grottesco: esso, attraverso le parole e le immagini, impone al ricettore la percezione immediata e asciutta della crudezza, l’accostamento antitetico degli opposti vita/morte; ricchezza/povertà; magrezza/grassezza che coesistono in ogni epoca.

Coupure e exile, rottura e ed esilio sono i moti impulsivi che spingono Bruegel alla creazione in antitesi all’invasione e alla privazione, storica e familiare. Il pittore vive le Fiandre del XVI secolo, dominate dalla brutale invasione spagnola, e proietta gli eventi storici e personali in una produzione realistica e folkloristica che non lascia nulla di non detto. Il romanzo della Rolin rende tutto ciò in forma di biografia romanzata che ripercorre la vita e i motivi dell’arte del pittore. L’estetica di Bruegel consiste in un mondo pittoresco e immaginario sullo sfondo di una crudezza diretta che ha ad oggetto il reale. I punti cardine dell’estetica di Bruegel sono gli estremi di ogni punto di rottura e si condiscono di folklore popolare e realismo in antitesi agli ipocriti fasti barocchi e in consonanza con il retaggio del surrealismo di Bosch, ispiratore e complice di Bruegel.

Le ossa sono uno dei temi prediletti da Bruegel, asse di ricerca artistica ed etica del pittore. Mostrare innanzitutto le ossa significa condurre il pubblico a una diretta immersione nel reale, fatto di verità e di crudezza. Lo scheletro privo di difesa, privo di struttura, paradossalmente umanizza il soggetto del dipinto. L’ossatura è strumento e soggetto agente che riconduce all’inverso l’universo in cui coesistono in tensione la vita e la morte. Ne l’Enragé quella stessa fragilità è rappresentata dal pittore stesso che diviene l’osso scoperto, strumento della propria arte, istinto di creazione che si oppone finanche alla propria decadenza.

Altro carattere di Bruegel riflesso nel tentativo biografico della Rolin è quello dell’identificazione. Lo sviluppo dell’umanità espresso nella sua ossatura è obbligo dell’artista e liberazione esistenziale. L’ artista s’identifica con l’oggetto della sua produzione e anche la sofferenza vitale è un modo dell’arte.

A questi caratteri si aggiunge la scoperta dell’importanza del colore, mediato dall’esperienza italiana dalla quale Bruegel esistenzialmente e vitalmente non si può scindere. Tale esperienza permette all’artista di riconsiderare la sua produzione e di rivederla ancora più vera e terribile in virtù della vividità della luce. Il colore diventa rivivere o vedere con nuova luce la verità bruciante (come nel Trionfo della morte o Veduta del porto di Napoli). La riproduzione del delirio interiore dell’artista non si lascia intimidire dall’espressione delle brutture ma vale come astrazione artistica dalla resa totale, in letteratura come in pittura. Bruegel il vecchio ricorda come la vita possa essere anche interpretata all’inverso, priva di calcolo e di ordine, sola e semplice testimonianza di un contatto vivido e crudo con il reale.

 

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