Maurizio Griffo
Alle volte ci sono notizie che, per qualche misteriosa ragione, non hanno la risonanza che meriterebbero. Qualche settimana addietro Davide Piccardo, un membro autorevole dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche italiane), ha scritto sul suo blog che alle prossime elezioni politiche voterà per il Movimento cinque stelle, aggiungendo, ed è questa un’informazione ancora più importante, che così faranno molti altri musulmani italiani.
C’era da aspettarsi che una simile dichiarazione di voto avrebbe aperto un dibattito, o almeno suscitato delle polemiche, provocato risposte, rettifiche o messe a punto ufficiali. Invece nulla, silenzio totale o quasi. La cosa stupisce ancora di più se si considera che siamo in campagna elettorale, quando spesso anche appigli polemici di scarsissimo conto, per non dire pretestuosi, suscitano un vespaio di discussioni.
Se l’affermazione di Piccardo risponde al vero (e non abbiamo motivi per dubitare di un autorevole esponente della comunità musulmana), occorre chiedersi quali sono le ragioni che spiegano una presa di posizione così netta. In altri termini, cosa hanno fatto i pentastellati per vedersi accreditare della fiducia della comunità islamica?
La prima risposta che viene alla mente è che il consenso musulmano dipenda dall’ambiguità che caratterizza le posizioni in politica estera del movimento grillino. Come si sa Di Maio e soci hanno a lungo messo in discussione la collocazione internazionale dell’Italia, proponendo di uscire dall’alleanza atlantica. Questa presa di posizione specifica, solo parzialmente corretta negli ultimi tempi, si è accompagnata ad una mai rinnegata sottovalutazione del pericolo del terrorismo islamista. Tanto è vero che i parlamentari pentastellati si sono sempre schierati contro la partecipazione delle nostre forze armate a missioni internazionali in Afganistan, in Medio oriente o altrove; inoltre ritengono sia opportuno ridurre drasticamente le spese per la difesa. Su di un piano più generale, poi, il Movimento sostiene la necessità di un non ben precisato dialogo con l’islam, una propensione che pare prescindere dalla denuncia del fondamentalismo.
Un’altra ragione, magari aggiuntiva e non alternativa a quella precedente, in grado di spiegare l’occhio di riguardo islamico verso i Cinque stelle, potrebbe dipendere da una circostanza solo apparentemente privata e personale. Il leader fondatore, megafono e icona del Movimento, il comico Beppe Grillo è sposato con una signora iraniana di religione islamica. In linea di principio si potrebbe obiettare che le scelte relative alla vita privata non debbono influire sul giudizio politico. Nel caso specifico però le cose non stanno proprio così, il Movimento cinque stelle non è una semplice associazione di fatto, come sono di solito i partiti politici, ma un marchio di cui hanno magna pars Grillo e la Casaleggio e associati. Si tratta, come è noto da numerosi episodi verificatisi in passato, di una struttura non solo fortemente centralistica, ma in cui la volontà dei capi viene imposta con sbrigativi ukase, che rovesciano tranquillamente le decisioni precedenti. In una simile condizione il fatto che il leader storico abbia una moglie musulmana ha senza dubbio un peso non trascurabile nell’indirizzare le scelte del movimento, contribuendo a dettare la linea minimizzante rispetto al pericolo islamista di cui si diceva in precedenza. Poste tali premesse, sottolineare che Grillo abbia fatto un passo indietro in questa campagna elettorale non appare decisivo. Già in passato il comico genovese si era messo da parte, salvo tornare in prima fila appena ha voluto senza che nessuno battesse ciglio, e nulla ci dice che non sarà così anche questa volta.
In conclusione, anche sotto il profilo essenziale del contrasto al terrorismo islamista e della politica estera il Movimento cinque stelle appare, più che inaffidabile, decisamente pericoloso.
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