di Carlo Pulsoni
È tipico della propaganda dei regimi autoritari far apparire i governanti non solo come statisti illuminati ma anche come poliedrici intellettuali in grado di spaziare sugli argomenti più vari. In altra sede e limitandomi alla fortuna editoriale italiana (Un autografo di Cosimo de’ Medici, sovrano intellettuale), ho segnalato che Stalin appare anche come raffinato linguista (Sul marxismo nella linguistica, Roma, Edizioni Italia-URSS, 1950), Ceaușescu in veste di storico (Momenti di storia del popolo romeno del movimento democratico operaio e rivoluzionario della Romania, Roma, Editori Riuniti, 1979), mentre sua moglie Elena come un genio della chimica (Ricerche nel campo della sintesi e della caratterizzazione dei composti macromolecolari, Milano, SugarCo, 1980; Nuove ricerche nel campo dei composti macromolecolari, prefazione di Giuseppe Montalenti, Roma, Edimez, 1982), e grazie a ciò arriva ad essere perfino nominata Accademica dei Lincei.
Ancora più interessante è quando i governanti stessi cercano di ricondurre la cultura del periodo all’ideologia dominante. A tale proposito si rivela degna d’attenzione una lettera dattiloscritta con correzioni autografe che Benito Mussolini invia il 26 maggio 1931 a Luigi Federzoni, appena designato direttore di “Nuova antologia. Rivista di lettere, scienze ed arti”, nella quale si raccomanda che il periodico possa contribuire a smentire l’asserzione che il fascismo abbia abbassato il livello culturale del paese. Questa missiva su carta intestata de “Il Capo del Governo” è alla base del testo apparso nel Fascicolo del I giugno 1931 della rivista, sotto il titolo simbolico di “Auspicio”. Leggiamo le parti salienti dell’articolo (tra parentesi quadre le parole cassate della lettera): «È quindi non probabile, ma sicuro che la “Nuova Antologia” sotto la tua direzione, diventerà quella grande rivista che fu in altri tempi. Che la “Nuova Antologia” possa “riprendere”, lo ha dimostrato il periodo di direzione [di] tenuto ultimamente da Tommaso Tittoni. Che una rivista tipo “Nuova Antologia”, [sia] ma sempre più organica, attuale, aggiornata, rispondente ai bisogni dello spirito italiano e alle esigenze dell’attuale periodo storico fascista; che una rivista di tale natura, sia una necessità e possa attingere la più grande diffusione, io lo credo [convintamente] fermamente. Che la “Nuova Antologia” possa raccogliere attorno a sé quanto di meglio vi è in Italia, nel campo degli studiosi operanti, è mia profonda convinzione. La “Nuova Antologia” deve dimostrare e dimostrerà quanto sia falsa l’asserzione di un’Italia che il Fascismo avrebbe abbassato nella cultura, mentre invece dalla storia al diritto, dalla scienza alle arti, dal romanzo alla critica, l’Italia, oggi, può reggere al confronto con tutte le Nazioni del mondo in fatto di “produzione” intellettuale. In parecchi settori siamo all’avanguardia. E quel che più consolante è ciò che si può intravedere dagli accenni e dai tentativi delle nuove generazioni [che] le quali – maturate nel clima storico del Fascismo – [si accingono a] sono ansiose di ulteriori, ancor più [feconde] ardimentose avanzate. Come vedi la “Nuova Antologia” ha – secondo me – un compito di primo ordine: aumentare la potenza spirituale della Nazione. Sono sicuro che tu lo assolverai».
Alla pagina iniziale di Mussolini, segue una sorta di editoriale di Federzoni significativamente intitolato Dalla vecchia alla novissima “Antologia”, che, nel ripercorrere le vicende della rivista, fornisce delle linee guida su quali saranno i suoi orientamenti: «Patrono ed auspice dell’impresa, oggi come ieri, Benito Mussolini in queste stesse pagine indica a chi è stato ora chiamato a guidarla che cosa deve essere, a che cosa deve mirare in piena èra fascista l’Antologia, che sorse sull’alba gloriosa del Riscatto nazionale come voce della stessa coscienza italiana, e per la quale adesso più che mai il culto della tradizione e il senso dell’avvenire, le memorie del Risorgimento e la fede militante del Fascismo, si ricongiungono e fondono armonicamente in un pensiero di illimitata devozione alla Patria. “Aumentare la potenza spirituale della Nazione”: coteste parole formulano un programma che farebbe tremare altri molto più saldo e capace di noi. Ma, se varranno l’amore e la costante intenzione di bene, confidiamo di non tradire l’alta fiducia che ci ha onorati di così gravosa responsabilità». A questo editoriale si lega in maniera ideale il Fascicolo del 16 agosto 1931, ovvero il primo nel quale appare esplicitamente nel verso del frontespizio il nome di Federzoni come direttore (“Nuova antologia. Rivista di lettere, scienze ed arti”, diretta da Luigi Federzoni, Redattore Capo: Antonio Baldini); e, non casualmente, proprio a seguito del nuovo organigramma, si ha: «Nel fascicolo del 1° giugno, primo della nuova direzione, Benito Mussolini ha tracciato incisivamente quale debba essere il programma della Rivista, in armonia con le trasformate condizioni politiche e spirituali della Nazione, così da essere veramente l’organo principale della cultura e dell’opinione italiana di fronte alle grandi pubblicazioni congeneri dell’Estero. Da allora la Rivista, per seguire largamente e prontamente tutto il movimento politico, economico, letterario, artistico, e scientifico del nostro tempo, ha istituito una serie di “Note e Rassegne”, opportunamente avvicendate e affidate a titolari di alta autorità e riconosciuta competenza».
Il nome di Federzoni figurerà come direttore di “Nuova Antologia” fino al Fascicolo del 1° settembre 1943, scomparendo del tutto da quello successivo del 16 settembre. La situazione italiana era evidentemente cambiata a seguito della caduta del fascismo, che Federzoni stesso aveva contribuito a far cadere, alla luce del resoconto originale della seduta del Gran Consiglio del 25 luglio da poco ritrovato (Riemerge il Verbale inedito del Gran Consiglio).
Nel periodo della sua direzione, se si prescinde dalla neonata rubrica “Note e Rassegne”, scriveranno sulla rivista i più importanti scrittori, filosofi e intellettuali italiani, non solo quelli schierati con il regime, ma anche coloro che più tardi faranno propri altri orientamenti politici.
Se è compito degli storici soppesare il ruolo avuto da Federzoni nella caduta del Duce, saranno gli storici della cultura a valutare quanto sotto la sua direzione “Nuova Antologia” possa effettivamente considerarsi organica al fascismo.
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