di Francesco Forlin
La schiacciante vittoria di Frau Merkel alle elezioni tedesche ha molto da dirci. Ci dice in primo luogo che l’unico caso di riconferma di un primo ministro negli anni della crisi è stata resa possibile da una serie di decisioni coraggiose, alcune delle quali rimontano agli anni del cancellierato di H. Kohl e di G. Schroeder: la “tassa di solidarietà” con la quale i tedeschi occidentali si fecero carico di quelli orientali e la riforma Hartz del mercato del lavoro.
Su questa base solida, la Merkel ha innestato la sua ricetta economica a base di rigoroso controllo del debito pubblico e perseguimento del pareggio di bilancio. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un paese che sfiora la piena occupazione, con le uniche università ed istituti di ricerca continentali in grado di reggere il confronto con i concorrenti di area anglosassone.
“Come la Thatcher”, titola stamane un noto quotidiano online. Non può essere un caso che le figure politiche destinate ad incidere più profondamente nella storia d’Europa degli ultimi settant’anni debbano trovare collocazione nel campo del centro-destra, e che il loro principale merito debba consistere nell’essere state fierissime avversarie del partito della spesa pubblica “allegra”, dei diritti e delle tutele estendibili all’infinito, ovunque sostenuto e spalleggiato con colpevole cecità ed irresponsabilità dai partiti di sinistra. Ma fra le due c’è una differenza di non poco conto: Frau Kanzlerin si gioca la sua scommessa non soltanto sulla prosecuzione della crescita tedesca, ma anche sulla prosecuzione della costruzione europea. Una Germania non soltanto forte, ma anche serena e confidente in se stessa e nell’Unione è il migliore viatico alla crisi nella quale, sia per causa delle stesse incertezze della Merkel sia, in misura ben maggiore, per causa delle scellerate politiche perseguite dalle classi dirigenti degli altri Paesi europei, siamo tutti avvitati. Una Germania forte e stabile potrà ridurre a più miti consigli le rimostranze francesi sulla cessione a Bruxelles di una parte più sostanziosa del controllo sulle politiche di bilancio. Potrà, altresì, negoziare condizioni più flessibili con quei paesi meridionali che, come il nostro, hanno dimostrato di saper fare sacrifici. Potrà, infine, saper fare autocritica per quelle che sono le sue stesse ritrosie di fronte alla creazione di una sorveglianza bancaria centralizzata.
Tutto questo deve portarci a sviluppare una ulteriore riflessione. Al di là del sottosuolo più ricco, non esiste alcun motivo per il quale la Germania sia destinata ad essere la maggiore potenza economica europea. Tale primato è, piuttosto, un effetto che si verifica puntualmente allorché un elettorato si mostra maturo al punto tale da essere pronto a punire e premiare una classe dirigente allorché questa si rivela o meno all’altezza delle promesse fatte per ricevere consensi.
Prendiamo il nostro paese. Non avremo le materie prime della Germania, ma abbiamo un settore manifatturiero che fino a pochissimi anni fa era il primo in Europa – scalzato di recente indovinate da chi? Esatto, proprio dalla Germania. Abbiamo un settore turistico del quale si dice da tempo immemorabile che, se adeguatamente potenziato, sarebbe in grado da solo di creare tali e tanti posti di lavoro da far uscire l’Italia dalla recessione. Abbiamo un marchio – il made in Italy – che nonostante tutto è ancora oggi sinonimo di qualità in tutto il mondo.
Eppure non abbiamo, e qui la colpa è nostra che abbiamo permesso a chi ci governa di farlo senza prendere decisioni in merito, una politica energetica di respiro ampio, mentre la Germania ha già realizzato, se pure per un solo giorno, il miracolo di un paese il cui fabbisogno energetico viene assicurato per il 51% da fonti rinnovabili.
Eppure, ancora oggi, la scena politica italiana è dominata da un partito di centro-destra che continua a promettere da vent’anni una rivoluzione liberale mai arrivata – avendo adesso anche la sfrontatezza di riproporsi innanzi al corpo elettorale con lo stesso nome impiegato al suo debutto – e da uno di centro-sinistra costantemente sull’orlo di una crisi di nervi ogni qual volta si paventi la semplice messa in discussione di politiche sul lavoro che fotografano un’Italia vecchia di quarant’anni, oramai vivente solo in leggi e prassi consolidate dalle onnipotenti corporazioni sindacali, vere depositarie del nocciolo duro dei voti di sinistra.
Quando capiremo che nessuno è destinato a declinare o a primeggiare, ma che l’una e l’altra cosa sono figlie di ciò che noi decidiamo per noi stessi giorno per giorno, allora, forse, anche l’Italia sarà pronta a decidere, in cabina elettorale, lasciandosi alle spalle sia l’illusione che il domani possa essere migliore dell’oggi senza doversi impegnare per progettarlo, sia quella che quelli di ieri siano diritti acquisiti resi inalienabili dal solo fatto di essere stati a lungo goduti.
Tutto torna ad essere possibile, a patto che la politica cessi di essere strumento di ottenimento del consenso fine a se stesso e torni a farsi luogo di lettura ed interpretazione del presente e, infine, di costruzione consapevole del futuro. Un futuro che non possiede le ferree catene del destino. Né per la Germania, né per noi. Non è nel fato che vanno cercati i segni di crescita e declino, ma nelle nostre volontà.
Dopo tutto, “niente sta scritto!”, come dice Lawrence d’Arabia in una memorabile scena dell’omonimo film.
Commenti (4)
rebecca trabalza
L’ Angela custode
Leggendo l’epainos da Lei scritto, suppongo che sia riuscito a valicare lo stadio di coscienza infelice, causatoLe dall’ignominioso fiasco di SuperMario, per raggiungere gli ameni lidi dell’ultimo step denominato “sapere assoluto”.
Mi fa molto piacere, mi rallegra e mi rassicura poichè La immaginavo invaso da una Sehnsucht invicibile che le devastava il Koerper e il Leib. Che pensieri burattineschi! Come può il Doktor Franziskus,depositario del Geist del filosofo di Leomberg, struggersi nostalgicamente la Seele, tormentarsi il Gemut, diventare di color colchico rivolgendo il Gedanke al nefando flop del Professore?
Non si sarebbe, di certo, chiuso in uno sdegnoso silenzio. Non avrebbe lasciato arrostire il Bocconiano tra le fiamme dell’autodafè allestito dagli agit-prop, dai sinistrorsi e dai sinistroidi che affogano e annegano tra le bandiere rosse e non conoscono neanche il Tricolore.
Giammai!
Consunto, difenderà a spada tratta e finchè avrà fiato, il padrone di Empy, che, tra l’altro, vuoi paragonarlo a quello stucchevole, lezioso e falsamente benigno di Dudù? Cosa è l’insuccesso del pupillo di Napolitano se non il momento dell’antitesi attraverso il quale si dispiega la libertà dello Spirito Assoluto? E a chi ribatte che questo è solo sdolcinato idealismo, Franziskus von Vorlin ( il von è stato appioppato dall’ex cancelliere Schroeder alla famiglia del filotedesco per le laudi a gloria, le apoteosi che il montista sofista umbro elargisce al Volk germanico, a cui, a quanto pare, dai restanti 59999999 Italiani, è innalzata una perenne damnatio memoriae), rimbrotta che, durante il governo del cancell… ehm presidente Monti, l’Italia aveva prestigio ed era rispettata da tutti, ma soprattutto dall’affascinante e sinuosa Kanzlerin, Angela Merkel. A chi ribatte e mette sotto accusa la beltà e lo charme di Angelona, il devotissimo fan von Vorlin risponde che alla sinuosa e giunonica solo un politicastro seppe resostere. Quel capo-mafia, nipotino di quelli che vestivano la camicia nera, fornito di una modestia napoleonica, più superbo dei comunisti, che sono i più superbi dei superbi che abitano in Italia, ebbe l’indecenza e il poco acume di affibbiarle l’epiteto “die Kulone”.
A prescindere che vuole buttarsi nuovamente nella giungla della politica italiana riproponendo l’arcidefunto partito con il quale non seppe mai governare e che ricorda il bercio con cui gli ultras assordano nelle partite di calcio(l’unico ambito in cui l’Italia riesce a battere la Germania), non si doveva assolutamente permettere di insultare die Kanzlerin con quel termine da lupanare!!! Come se fosse una volgare e sciatta lupa minorate e minorenne che lui gradisce tanto!!!! Angel Merkel, depositaria del Geist degli Hohenzollern, forgiata sulla Vernuft di Bismarck e sul Verstand del Kaiser Guglielmo, brilla di prussiano rigore. Frau Angela non elargisce il suo saluto salvifico di dantesca menoria, ma punisce e castiga con luciferina severità da dame-Luzifer di romantica menoria.
Per non parlare della sinistra!!!!
A prescindere che la sinistra è la mano di Mefistofele, non si può più tollerarae la crisi di nervi, degna delle casalinghe disperate che sono, in cui sprofondano questi rossi scriteriati asserviti alle corporazioni sindacali, che sono , in realtà, onnipotenti Minculpop che fossilizzano e impantanano l’Italia!
Perciò, si innalzi la preghiera:” Angela d’Europa, che sei la mia cusode, guida, regna e proteggi me che ti fui affidato dal rigore teutonico. Amen!”
rebecca trabalza
Forlin, Forlin, perché rigetta il conversatorium non degnandomi neanche di una risposta? Gradirei la risposta dell’affascinante conservatore.
rebecca trabalza
“Lawrence d’Arabia, perché mi hai abbandonato?” Franziskus von Vorlin, dopo aver saputo della scomparsa dell’attore, icona del look mandy, a cui, chiaramente, il Doktor si ispira.
rebecca trabalza
Froeliche Geburtstag, Forlin! Anche se in ritardo.