di Claudia Biancotti

Che alle crisi economiche s’accompagnino ventate di irrazionalità diffusa non è cosa nuova. Di fronte all’incertezza e alle ristrettezze, c’è sempre qualcuno che tende a reagire con ricerca di capri espiatori, teorie complottistiche dal tono più o meno esoterico, estremismo identitario, adesione a mitologie rassicuranti. E c’è sempre qualcuno che coglie il momento per costruire consenso politico intorno ad esse.

Quello che accade in Italia in queste settimane, tuttavia, è particolarmente interessante: forse per la prima volta nell’Europa occidentale postbellica, il fronte irrazionalista sembra esprimere piuttosto chiaramente una rappresentanza parlamentare, che supera le divisioni tradizionali tra destra e sinistra non solo nella cultura ma anche nel comportamento in aula.

Dalla Lega Nord all’Italia dei Valori, passando per alcuni pidiellini fedeli al capo, per la destra estrema, per il Movimento Cinque Stelle e per l’area di opinione (pur non ancora rappresentata) che si riconosce nel progetto di Nichi Vendola, l’improvvisata coalizione che si oppone all’insediamento del governo tecnico – o per lo meno intende limitare fortemente la sua latitudine decisionale – ha una parola d’ordine comune: è in atto un conflitto tra le banche e i popoli, una contrapposizione tra tecnocrazie e democrazie.

L’irrazionalità non sta nell’ipotizzare uno scontro tra blocchi sociali di per sè, bensì nel tenersi lontani da qualsiasi considerazione di merito e di dettaglio, preferendo teorie onnicomprensive che prevedono un carnefice e una vittima. Si parla poco di bilancio pubblico,  funzionamento del mercato del lavoro, sistema pensionistico, legge elettorale: molto invece di buoni e cattivi, questi ultimi preferibilmente occulti. La declinazione del concetto assume sfumature diverse a seconda della cultura politica sottostante: lo straniero vuole commissariare l’Italia, il capitale è perennemente alla ricerca di carne da macello, una cospirazione massonica o giudaica intende esautorare gli elettori, i poteri forti conducono una battaglia contro l’innovazione anti-elitaria, i sacerdoti del multiculturalismo si servono dei mercati per attentare alla coesione etnica.

Allo stato attuale, però, questi sono dettagli: ciò che importa è la comune narrativa per cui esiste un colpevole potente e oppressivo, da rovesciare tramite una fronda popolare. E il conseguente comune ostruzionismo nei confronti di Mario Monti, di volta in volta marionetta di Goldman Sachs, premier illegittimo perchè non eletto, uomo delle spietate destre liberiste, complice nella spoliazione dei deboli tramite il signoraggio bancario, pericoloso laicista.

Nei manuali di teoria dei sistemi si parlerebbe di complessità emergente: da una molteplicità di azioni semplici emerge un fenomeno che è più della somma delle sue parti, e non si può spiegare analiticamente a partire dalle sue componenti se non considerando esplicitamente anche le interazioni tra esse nello spazio e nel tempo. Se centinaia di automobilisti escono di casa allo stesso momento per raggiungere lo stesso punto, si crea un ingorgo stradale; esso risulta dalla combinazione degli intenti di ciascuno, pur senza esserne affatto parte.  Allo stesso modo, il blocco irrazionalista non è figlio di un progetto specifico: nessun partito si è candidato alle elezioni sotto la bandiera del cattivo senso, o almeno non nelle odierne proporzioni. Emerge piuttosto da un incontro tra tre fattori.

Ci sono gli interessi particolari di ciascun attore coinvolto, che non sono irrazionali bensì inconfessabili: e così il desiderio di mantenere il controllo sulle aziende municipalizzate del Nord Italia, o sulle emissioni televisive, o sull’elettorato più suscettibile a proclami populisti viene a bella posta vestito degli eroici, rustici panni di un eroe contadino.

C’è la superstizione nazionale, un tempo imbrigliata almeno parzialmente in certi aspetti del culto cattolico e concentrata presso i meno istruiti, ora libera di disperdersi in rivoli più fantasiosi e diffusa in strati più ampi della popolazione. È cosa nota che nel nostro paese sono richiestissimi i servigi di maghi, fattucchiere, chiromanti, e che cresce rapidamente l’adesione a sette di ogni tipo; proliferano i guru all’amatriciana dediti alla gematria, ai medicamenti taumaturgici, e occasionalmente alla criminalità.

E infine c’è lo scoraggiamento collettivo conseguente a un’organizzazione della politica che negli ultimi anni ha incoraggiato ben poco la partecipazione attiva. Nel centrodestra monocratico come nel centrosinistra oligarchico, si è vista poca contendibilità del potere e soprattutto poco spazio per il rapporto tra rappresentanti e rappresentati; tra il legittimo senso d’impotenza del cittadino-spettatore e il fantasma della subiezione a un grande manovratore il passo è, talvolta, breve.