di Fabio Massimo Nicosia
Da qualche tempo compaiono sul teleschermo due nuove pubblicità governative (ma è normale che il governo spenda i nostri soldi per fare pubblicità a sé stesso?), aventi per oggetto l’evasione fiscale.
Nella prima si dice che l’evasore fiscale è un parassita, chissà perché con la barba non fatta da tre giorni, che vive alle spalle della società, così come ci sono i parassiti del legno, degli animali, etc. La seconda è più articolata, e vi si sostiene che se nessuno paga le tasse non ci saranno servizi, e più le si paga più servizi ci sono, mentre se poi le pagano tutti, i servizi saranno addirittura “efficienti”. Nientedimeno!
In realtà, gira un test di intelligenza, nel quale vien chiesto per quale ragione in una società sia previsto il pagamento di imposte. Non so quale sia la risposta esatta, ma si possono buttar lì alcune alternative: quella televisiva è la più banale: “per ricevere in cambio dei servizi”, ma conviene velare pietosamente; la seconda potrebbe essere “per redistribuire il reddito”, ed avrebbe pure il suo bel senso, se fosse vero e se non si desse anche la terza ipotesi: “per mantenere una manica di fannulloni essi sì parassiti”. Se pur fosse per “ricevere servizi”, vi è comunque uno scarto tra le ipotetiche aspettative sul godimento dei beni e l’effettiva acquisizione di quote di quel godimento; che si limitano reciprocamente, nello sforzo di convivere e di competere al tempo stesso. In ogni caso, se di quei servizi vi fosse infinita abbondanza, fosse cioè un bene non solo collettivo, ma anche pubblico in senso puro, non si darebbero conflitti di interesse e l’interesse legittimo cederebbe il passo a un pieno diritto soggettivo naturale, perché la soddisfazione integrale dell’aspettativa sarebbe in re ipsa garantita dalla non escludibilità del bene in questione: ad esempio, respirare l’aria del bene quasi-pubblico “cielo”. Ma, anche nei casi limite (ad esempio in caso di libero e gratuito accesso ai prodotti dell’ingegno), si tratterebbe di un’ipotesi di scuola, che presupporrebbe che la fruizione della risorsa abbondante o sufficiente per tutti fosse esente da costi di transazione e di informazione.
D’altra parte, se pagare le tasse fosse davvero funzionale all’andamento dei servizi senza alcuna componente redistributiva, tanto varrebbe che ognuno si pagasse da sé sul mercato i “servizi” più corrispondenti alle proprie preferenze. Invece, vigendo questa triangolazione contribuente-tasse-servizi, il tipo e la quantità di servizi previsti viene decisa allo snodo del riscossore, e non c’è alcuna dimostrazione che vi sia una corrispondenza tra preferenze diffuse e servizi forniti.
Quel che gli spot pubblicitari non dicono, infatti, è che già oggi, indipendentemente da come sono distribuite tra i cittadini, considerando cioè anche il fatto che c’è chi non le paga, le imposte e le conseguenti spese statali rappresentano livelli scandinavi a fronte di servizi, come si è spesso notato, da terzo mondo. E che quindi, nel nostro sistema, la lotta all’evasione fiscale potrebbe forse essere utile per ripianare il debito pubblico, ma non per ottenere risorse da devolvere a loro volta a “servizi”, per i quali le risorse sono già oggi ampiamente sufficienti, a meno che non si voglia elevare il tetto del prelievo fiscale al 60 o 70%! Il fatto è che queste risorse vengono in gran parte sperperate per profitti privati e di casta, mentre ai “servizi” non resta che il ruolo di testimonial pubblicitario.
Commento (1)
Domenico Letizia
E si, tanti vero che potremmo dire più tasse si pagano più i parassiti gondono di questo privilegio.