di Riccardo Cavallo
Dopo il rivoluzionario discorso di investitura e la successiva nomina dei viceministri e sottosegretari utilizzando, ancora una volta, un altrettanto rivoluzionario strumento, il manuale Cencelli, il governo Renzi ha iniziato la sua marcia dentro le istituzioni. Tra indagati, riconferme, figli d’arte e funzionari di partito, la nave renziana, dopo aver fatto salire a bordo tutti i membri dell’equipaggio, ha preso definitivamente il largo nei tempestosi mari della politica proseguendo però sulla scia tracciata dai governi precedenti. Immediatamente la macchina della propaganda si è messa in moto esaltando le eroiche gesta del premier che, già di primo mattino, era al lavoro spulciando gli innumerevoli faldoni ereditati dal governo Letta al fine di risolvere, una volta per sempre, gli atavici problemi che tormentano gli italiani. Così il verbo renziano si è diffuso rapidamente alle prime luci dell’alba nella rete, attraverso un cinguettìo via tweeter, oltrepassando le silenziose mura di Palazzo Chigi e svegliando dal torpore gli italici bamboccioni, ancora avvolti nel dolce tepore casalingo. Renzi dixit: “A #PalazzoChigi lavorando sui dossier più urgenti del Governo. #buongiorno #lavoltabuona”. Non è stata, in realtà, ‘la volta buona’, ma ‘l’ennesima volta’, poiché uno dei primi provvedimenti varati dal nuovo governo è stato quello di inasprire la tassazione sulla casa, definendo l’aliquota della Tasi al 2,5 per mille, lasciando ai cari ex colleghi sindaci, l’onere di aggiungere un’odiosa addizionale nella misura massima dell’0,8 per mille, il cui gettito deve essere utilizzato per “finanziare detrazioni o altre misure relative all’abitazione principale”. A ciò si aggiunge, l’approvazione del decreto salva Roma che, a dispetto del nome, nella sostanza rischia di tradursi in una sorta di do ut des: l’anticipo delle somme dovute, in cambio di una serie di misure draconiane che sicuramente daranno luogo ad una massiccia ondata di privatizzazioni e/o liberalizzazioni. Tuttavia, Renzi non è nuovo a queste epiche imprese, avendo già sfidato le intemperie, qualche mese fa, convocando la prima riunione della segreteria del suo partito alle prime ore del giorno di una rigida giornata invernale.
Non si può sopperire alla mancanza di idee con la mera esaltazione dei fatti. Tanto più, in questo frangente storico dove non c’è nulla di più astratto dei fatti. Anzi, nella società liquida forse questo insistente richiamo ai fatti (e al fare) sembra essere ciò che accomuna la destra e la sinistra (ammesso che esista ancora una distinzione netta tra queste categorie). Basta guardare gli innumerevoli talk show dove la frase che si ascolta più di frequente, nell’accorato confronto tra gli esponenti del centro-destra e del centro-sinistra, è la seguente: “basta con le parole ora servono i fatti”. L’incondizionato appello alla realtà fattuale e il j’accuse più ricorrente nei confronti degli avversari politici é proprio quello di essere troppo astratti e fumosi. Lo stesso Renzi tuttavia quando si è scontrato con la dura realtà dei dati diffusi dall’Istat sull’andamento dell’occupazione in generale (e di quella giovanile in particolare) che, nel nostro paese ha raggiunto cifre da capogiro, non ha fatto altro che esclamare quasi sorpreso: “allucinante”. Anche in questo caso, il vocabolario del mago della comunicazione si è dimostrato piuttosto ripetitivo e banale, se si pensa che, appena qualche giorno prima, egli aveva usato l’analoga espressione per la questione dei marò, definendo la loro vicenda “allucinante”. Allo stesso modo l’uso apparentemente ‘innovativo’ della comunicazione da parte dell’ex sindaco di Firenze, si evince anche dal fatto che, di fronte al materializzarsi dello spettro della disoccupazione, egli non fatto altro che tirare fuori dal suo cilindro, la formula magica del jobs act. Dietro quest’ancora indefinita espressione mutuata dal linguaggio anglosassone, (che, per molti versi, somiglia alla stessa operazione attuata dal governo Monti che sostituì ai vecchi ‘tagli’ la meno temibile e più cool espressione spending review) si nasconde, con molta probabilità, la riproposizione, come si arguisce dalle prime anticipazioni, delle solite misure illusorie e ricattatorie nei confronti dei lavoratori che, a loro volta, devono rinunciare a tutta una serie di garanzie e di tutele a vantaggio delle imprese. Qualunque sarà l’apporto alla stesura del jobs act da parte delle nuove star del firmamento politico-intellettuale renziano, la sua approvazione sarà soggetta ad un imprescindibile atto: Renzi come un diligente scolaretto dovrà recarsi in pellegrinaggio sia nei santuari del potere economico-finanziario, sia al severo cospetto della cancelliera Merkel. Ciononostante, Renzi sembra sia stato già stato scavalcato dall’ancor più giovane Nelli Scilabra, assessore alla formazione della giunta siciliana guidata da Crocetta, che ha fatto sapere come in Trinacria, il jobs act sia già una realtà e non uno slogan, poiché grazie ai finanziamenti europei, la Regione attraverso un apposito bando che sarà pubblicato nei prossimi mesi, metterà a disposizione dei neolaureati siciliani che vogliono avviarsi allo svolgimento della libera professione, la considerevole somma di 300 euro al mese (e per un solo anno).
Ciò è l’ulteriore riprova dell’assoluta estraneità di Renzi alla cultura di sinistra, o a quello che rimane di essa, per cui non era necessario, per giungere a tale conclusione, dilungarsi in un lavoro di scavo esegetico nei meandri della prefazione renziana che accompagna la pubblicazione della nuova edizione del pamphlet di Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Come spiegare, tra l’altro, il plauso ricevuto da Renzi (e dal neo ministro dell’economia Pier Carlo Padoan) da parte del Fondo Monetario Internazionale e dalla Confindustria? Del resto l’insofferenza di Renzi a qualsiasi dibattito, anche vagamente intellettuale, è più che evidente come dimostra una delle sue ultime esilaranti battute; di fronte alla querelle tra Fioroni e D’Alema sul morire democristiani o socialisti e l’invito di quest’ultimo a confrontarsi in un seminario sulla presenza della cultura cattolica nel socialismo europeo, afferma, con l’usuale sfrontatezza e quasi parafando un noto motivo della canzone neomelodica napoletana: “anch’io comprerò i popcorn” per assistere all’epico scontro. Dispiace solo che D’Alema abbia replicato in maniera poco elegante aggiungendo semplicemente: “stia attento ai popcorn lo vedo sovrappeso”. In ogni caso, il pettegolezzo sembra aver sempre la meglio sulla discussione politica. E il giovanilismo che Renzi ostenta ogni qualvolta interviene (e a cui tutti, persino i suoi ‘nemici’, fanno riferimento) serve solo a coprire il vuoto di cultura politica che si cela dietro un profluvio di parole prive di significato. Tanto più, se poi il novello Principe si cimenta, com’è avvenuto nel corso dell’ultimo congresso del PSE, con l’inglese o il francese.
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