di Angelica Stramazzi

Non molto tempo fa, chi scrive aveva sottolineato, proprio su queste colonne, l’esigenza di recuperare un’adeguata formazione politica soprattutto in quelle circostanze in cui si ha l’ambizione – per alcuni la presunzione – di ricoprire ruoli ed incarichi pubblici. Negli ultimi anni infatti abbiamo assistito alla presenza, all’interno delle nostre istituzioni, di personale politico reclutato, nella maggior parte dei casi, in base ai criteri di fedeltà al capo o al potente di turno, con un completo smarrimento e disconoscimento del merito, della preparazione individuale e della conoscenza del funzionamento della macchina statale e amministrativa. Solamente a livello locale – sebbene anche qui non siano mancate delle eccezioni – si sono registrate delle prassi positive, con soggetti che hanno conquistato gradimenti e consensi da parte dell’elettorato di riferimento proprio perché in sintonia con il territorio di appartenenza. E che, a conti fatti, hanno dimostrato di saper conoscere.

Del resto, l’attuale legge elettorale, che i partiti politici – su indicazione del Capo dello Stato – dovrebbero con celerità cambiare, non ha contribuito al rafforzamento – e alla restaurazione – del legame tra opinione pubblica ed istituzioni rappresentative, decretando invece un netto distacco tra le esigenze – non sempre legittime – della piazza e quelle, giudicate eccessive e smisurate, del Palazzo. Gli scontri e i tafferugli di questi giorni confermano quanto sia esasperato il clima ed elevata la tensione sociale, spesso utilizzata dal demagogo di turno per accaparrarsi applausi e consensi facili. La domanda da porsi sarebbe quindi la seguente: servono ancora – e se sì a cosa – i partiti politici in una fase così delicata, oppure basta affidarsi alle proprietà taumaturgiche della Rete per risolvere le mille criticità che affliggono il Paese? Conosciamo bene la risposta che a tale quesito darebbero gli esponenti del Movimento 5 Stelle: la vecchia classe politica, quella che governa da vent’anni a questa parte, ha fallito e va consegnata per questo alla storia. Senza alcuna indulgenza. Ma enfatizzare il ruolo svolto dal web, facendo passare il messaggio che una forma di democrazia partecipata direttamente dai cittadini sarebbe tout court migliore di una di tipo rappresentativo, costituirebbe un grave errore. Non a caso, Giorgio Napolitano, nel suo discorso di re-insediamento non ha disconosciuto la funzione svolta dalla Rete quale luogo – seppur virtuale – di espressione e mobilitazione politica e sociale; ma al contempo ha anche ribadito la necessità che i partiti politici tradizionali, nati a metà del secolo scorso, tornino a strutturarsi in maniera seria e compiuta per arginare il distacco tra governati e governanti e per contribuire a riavvicinare i giovani alla politica, intesa anzitutto come interesse della città, del paese in cui si vive.

Ecco perché la sfida che hanno ora davanti le forze politiche è duplice: provare a cambiare il modo in cui scegliere chi deve rappresentare in Parlamento i cittadini, adottando preferibilmente un sistema che conferisca lo scettro di tale scelta al popolo e non alle segreterie politiche, e rifondare quei luoghi di incontro, discussione, dialogo, dibattito e crescita sociale che erano fino al secolo scorso i partiti. Non si tratta di fare della dietrologia o – peggio ancora – di adottare una visione nostalgica e restauratrice del passato: o si danno alla cittadinanza dei segnali chiari oppure aumenteranno quelle forme di protesta, spesso inquietanti e pericolose, che abbiamo visto nei giorni scorsi. Francamente, l’assedio al Palazzo non giova a nessuno, se non a Beppe Grillo e a chi fa della demagogia la propria bussola: per tornare ad essere competitivi, anche dal punto di vista della democrazia e delle istituzioni rappresentative, occorre procedere alla rifondazione dei partiti politici. Ora se ne ha la possibilità: lasciarsela sfuggire sarebbe un fatidico e madornale errore.

Commento (1)

  • Max Joseph
    Max Joseph
    Rispondi

    sembrate un gruppo di regrediti che non si vuole aggiornare al cambio sociale oggettivo…

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)