di Michele Marchi
Quella trascorsa doveva essere la settimana di Nicolas Sarkozy, impegnato in uno sforzo mediatico e di presenza sul territorio senza paragoni dall’inizio della campagna elettorale. Ebbene dopo il meeting di domenica 11 marzo a Villepinte (periferia Nord di Parigi), alla presenza di oltre cinquantamila sostenitori dell’UMP, si può legittimamente affermare che la corsa all’Eliseo potrebbe essere ad una svolta.
Fino a questa fase la campagna elettorale si era trascinata stancamente seguendo un copione per certi versi già scritto. Ad un presidente uscente costantemente indietro nei sondaggi si era contrapposto il “presidente in pectore” Hollande (vincitore certo, almeno secondo tutti i sondaggi), preoccupato più di far trascorrere i giorni senza sussulti che di proporre ricette innovative per risolvere i numerosi problemi (dal debito pubblico alla crescita anemica, passando per l’alta disoccupazione) di un Paese immobile. Insomma, come molti analisti hanno osservato, la campagna è parsa monotona e franco-centrica, dimenticando i veri dibattiti su crescita e competitività, con i due principali protagonisti che alternativamente hanno vestito i panni del “signor Incerto” e del “signor Incoerente”. A conferma che non solo di impressioni si tratti, in numerosi e recenti sondaggi oltre sei francesi su dieci non esitano a definire “scarsamente interessante” la campagna elettorale per le presidenziali del 22 aprile – 6 maggio prossimi. A completare un quadro poco stimolante si possono poi citare il ritorno, ancora una volta in base alle percezioni sondaggistiche, delle forze politiche estreme. Da un lato il Fronte Nazionale di Marine Le Pen sembra infatti in grado di sfruttare la personalizzazione offerta dalla campagna per l’Eliseo ed è al momento accreditato di un 16-17% di voti, che in larga parte difficilmente convergeranno su Sarkozy in un eventuale secondo turno. D’altra parte a sinistra si deve registrare la crescita costante del Front de Gauche di Jean-Luc Mélenchon. Se in questo caso il travaso di voti verso Hollande dal primo al secondo turno è garantito in percentuali molto maggiori, resta da considerare che se questo dovesse essere il quadro, un francese su tre al primo turno esprimerebbe la propria preferenza per un partito estremo e non coalizzabile.
Ebbene in uno scenario di questo genere, Sarkozy ha scelto di giocarsi il “jolly”, forse l’unico asso nella manica in grado di far vacillare le certezze di Hollande. Ha centrato cioè il suo intervento di Villepinte sul tema dell’Europa.
D’altra parte un neo-eletto Sarkozy, cinque anni fa, aveva salutato la sua vittoria proprio come il ritorno della Francia in Europa dopo il “no” referendario del maggio 2005 e lungo tutta la fase più acuta della crisi dell’area euro, l’inquilino dell’Eliseo ha dominato la scena accanto ad Angela Merkel. Chi meglio di lui dunque poteva affrontare questo tema? Ma a Villepinte è sceso in campo non Sarkozy l’europeista, ma Sarkozy il “sovranista”. Ovvero il Presidente ha chiesto una “svolta” all’Europa e lo ha fatto essenzialmente su tre punti. Il primo è quello dell’immigrazione, minacciando di sospendere la partecipazione francese al Trattato di Schengen (tipico atteggiamento gollista, sul modello della crisi della “sedia vuota” del 1965), qualora entro un anno non vengano rivisti i criteri di gestione dei flussi migratori e qualora non si introduca un governo politico dell’immigrazione, che possa condurre gli Stati inadempienti ad essere sanzionati, come accade per le inadempienze di bilancio. Il secondo punto riguarda la reciprocità negli scambi commerciali tra Europa e resto del mondo (con particolare riferimento al protezionismo americano e cinese). Terza proposta quella di introdurre una norma europea sul modello del Buy American Act, in sostanza riservare una quota consistente dei mercati pubblici europei ad imprese Ue.
Da un lato Sarkozy ha riproposto, in un discorso organico, alcuni passaggi più volte affrontati nel corso del quinquennato. Quale allora la differenza? Quali le novità? Intanto il timing delle sue affermazioni. È evidente che quello lanciato dall’Eliseo è un messaggio chiaro all’elettorato popolare molto propenso a votare massicciamente per Marine Le Pen. Sarkozy si presenta non solo come colui che ha salvato l’Europa dei tecnocrati e dell’euro dal default, ma anche come chi, in una sorta di “secondo tempo”, è pronto ad intraprendere la costruzione di un’Europa franco-centrica e protettrice.
Ma, declinando in questo modo il tema dell’Europa, Sarkozy ha un secondo bersaglio ben preciso e questo è Hollande. Il candidato socialista gode di scarsa esperienza internazionale ed è una sorta di incognita per le principali cancellerie continentali (peraltro in maggioranza di segno politico opposto, vedi tra gli altri Germania, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Polonia). Anche se smentite, le notizie filtrate di una sorta di “patto anti-Hollande” guidato dalla troika Cameron-Merkel-Monti, perlomeno indicavano qualche perplessità diffusa sul candidato socialista. Ma soprattutto Hollande sul tema dell’Europa ha il suo vero “tallone d’Achille”. Per non riaprire la ferita mai completamente guarita del 29 maggio 2005, egli ha dovuto assecondare l’ala sinistra del partito e in generale la gauche non socialista (così utile in vista del ballottaggio) proponendo di ri-negoziare il patto di bilancio europeo firmato da 25 su 27 Paesi dell’Ue, in particolare opponendosi all’introduzione della cosiddetta “regola d’oro” sul pareggio di bilancio, che nel caso francese obbliga alla revisione costituzionale. Le contraddizioni del PS sono ben evidenti nell’astensione massiccia degli eurodeputati socialisti in occasione del voto sul patto di bilancio dello scorso febbraio.
Insomma Sarkozy ha voluto affondare la lama nella più palese contraddizione di Hollande, scoprendo peraltro il fianco alle accuse di utilizzare una buona dose di populismo, che ben lungi dal togliere argomenti al FN, finirebbe per legittimarne le richieste e i toni.
Il primo sondaggio nel dopo Villepinte accredita Sarkozy del primo sorpasso nei confronti di Hollande al primo turno, 28,5% contro 27%, mentre al ballottaggio la differenza è ancora di dieci punti (55% contro 45% a favore del socialista). Dopo il meeting di Villepinte non sono di certo diminuite le incognite, perlomeno sembra però iniziata la campagna elettorale. A poco più di un mese dal voto i francesi ne sentivano la necessità.
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