di Federico Romanelli Montarsolo 
L’Europa è senza Stati. Un assurdo dimostrabile. Il processo di erosione della sovranità statuale che i paesi membri dell’UE hanno intrapreso nell’ultimo cinquantennio per consentire all’Europa di divenire uno Stato sovranazionale si è esaurito. Quella “delega” di sovranità monetaria e fiscale, ma non solo, concessa all’Europa dagli Stati moderni concepiti a Westfalia, ha fallito. Ma a fallire non sembra tanto il principale obiettivo europeo di creare maggiore unità politica tra gli Stati attraverso la creazione di un sovrastato,
di Federico Romanelli Montarsolo

L’Europa è senza Stati. Un assurdo dimostrabile. Il processo di erosione della sovranità statuale che i paesi membri dell’UE hanno intrapreso nell’ultimo cinquantennio per consentire all’Europa di divenire uno Stato sovranazionale si è esaurito. Quella “delega” di sovranità monetaria e fiscale, ma non solo, concessa all’Europa dagli Stati moderni concepiti a Westfalia, ha fallito. Ma a fallire non sembra tanto il principale obiettivo europeo di creare maggiore unità politica tra gli Stati attraverso la creazione di un sovrastato, quanto l’affermarsi di maggiore disunità all’interno degli stessi Stati europei. Una “delega” che ha dimostrato anche l’inadeguatezza delle contropartite che avrebbero dovuto accompagnarla. Si può ammettere, infatti, che la cessione di quote di sovranità da parte degli Stati nazionali ad un’Europa claudicante sia stata crescente al punto da mettere progressivamente a rischio la loro stessa unità ed identità nazionale? In cambio di quale disegno europeo?

Gli Stati nazionali sono più poveri. Rispetto al periodo d’introduzione dell’euro sono diminuite le risorse pubbliche da destinare alla sostenibilità dei loro sistemi previdenziali e fiscali. Gli Stati europei, o per meglio dire l’entità Stato in Europa, sono in crisi. Se a questo s’aggiunge la crisi più generale della politica, ovvero di un adeguato dispositivo di proposte e soluzioni da parte dei governi nazionali, il fallimento dell’entità Stato appare più marcato. Lasciamo stare l’Italia e guardiamo a cosa avviene in un paese che dovrebbe fungere da modello di Stato europeo, tanto per i paesi membri quanto per le istituzioni dell’UE che vi trovano sede: il Belgio. Qui, ormai da quasi un anno e mezzo, non esiste un governo. Inoltre, la frantumazione nazionale dello Stato belga può portare il paese alla prima secessione europea dopo la Cecoslovacchia. In cambio di quale disegno europeo?

Anche l’Europa allargata è più povera. Lo è al suo interno come al suo esterno, stretta nella morsa di Stati ‘giganti’ che dimostrano altra vitalità. Inoltre, mentre gli Stati europei – che prima avevano mezzi e strumenti per delegare sovranità e potere all’UE – implodono o si frantumano, lasciano ad altri soggetti l’acquisizione delle quote di sovranità da loro perdute. Soggetti che vivono al di fuori degli Stati, quali le banche (sempre meno nazionali) e le grandi imprese (transnazionali), controllano risorse sempre maggiori rispetto agli Stati sovrani. Soggetti forti extra-statuali acquisiscono maggiore potere e sono in grado di condizionare le azioni di Stati deboli semi-sovrani. In cambio di quale disegno europeo?

I fenomeni osservati pongono tre quesiti identici. Quale “concambio” politico e non monetario può essere ancora offerto dall’Europa dinnanzi al processo di frantumazione dello Stato moderno? Una sola, ci sembra, preoccupante risposta: l’anarchia. Gli Stati sovrani e l’Europa non hanno più potere e si ritrovano in una crisi d’identità verso la quale le risposte della politica sembrano inadeguate. E, d’altra parte, quale politica potrà mai offrire soluzioni a problemi che essa stessa ha contribuito a generare? Può la politica risolvere una crisi di cui è essa stessa protagonista? Forse sì, è ancora possibile. Una volta azzeratasi nei suoi spazi d’azione e di potere, un nuovo paradigma politico post-ideologico potrebbe trovare migliore articolazione rispetto all’attuale. Ricominciando ad “essere” politica!

Una politica europea che ambisce a riformare sé stessa e a riscoprire la sua ragion d’essere potrebbe partire, ad esempio, dalla madre di tutte le riforme: il sistema elettorale. Occorre rinnovare e rivitalizzare nel profondo il rapporto di fiducia del corpo elettorale, oggi deficitario. Tanto a livello europeo che nazionale il cittadino deve essere messo in condizioni di scegliere il parlamentare che lo rappresenta. Tanto a livello europeo che nazionale si dovrebbe elaborare un sistema che ripristini e legittimi il rapporto di rappresentanza, oggi perduta, tra elettori ed eletti. Come? Introducendo due riforme caposaldo. La prima riguarda l’elezione diretta del presidente della Commissione europea. La seconda un nuovo suffragio per una cittadinanza realmente europea attraverso la predisposizione di liste di partiti europei comuni in tutti i paesi membri dell’UE, senza passare per i “filtri” dei partiti nazionali. E’ necessario che queste due riforme, di portata rivoluzionaria, vengano precisate meglio ed elaborate in stretto raccordo tra loro.

Una politica realmente europea potrebbe partire da qui. E’ necessaria una rivoluzione copernicana. Per non continuare ad assistere inermi al processo di dissolvimento statuale, un cupio dissolvi verso l’ignoto. Per invertire il pronostico di una partita che stiamo perdendo. Siamo ai tempi supplementari ed il risultato sembra scritto. Un’Europa senza Stati è come una desolata landa. Di cartapesta.

 

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