di Domenico Letizia
Una delle figure centrali del pensiero contemporaneo, non solo in ambito filosofico è quella di Karl Marx, che con i suoi scritti ha segnato l’intero corso politico e accademico di tutto il Novecento, riportando concetti che prima di allora mai erano stati analizzati.
Dal pensiero di Marx sono sorte e si sono diffuse svariate scuole e svariati “marxismi e neo-marxismi”. Tra questi molti diventeranno o saranno additati a divenire protagonisti di sofferenza e distruzione, basti pensare a quelli che sono stati i vari “socialismi reali”. Ma una cosa è certa, anche dalle recenti rivalutazioni di ricerca analitica, i marxisti hanno distorto il pensiero di Marx. Vi è un opinione diffusa tra alcuni eretici del marxismo, anche alla luce di teorie post-moderne, che credono che ad intorbidire le acque intorno a Marx furono proprio i marxisti a cominciare da un anziano Engels.
Una corretta analisi su Marx dovrebbe partire dal concetto di “sistema socialista”, lotta di classe e rivoluzione. Sappiamo che il motto preferito da Marx era “De omnibus disputendum” cioè il bisogno di discutere e al tempo stesso dubitare di tutto, nessuna certezza, nessun affidamento fideistico, di tutto bisogna dubitare e discutere.
Come ha ben scritto Carlo Romano, Marx non ha mai inventato alcun sistema socialista e con tutta la ben nota arroganza intellettuale di cui era capace, si prendeva gioco di ogni presunto creatore di “sistemi”, basti pensare la profonda antipatia che Marx nutriva per tutte le forme di socialismo utopico e verso i sistemi preconfezionati. Anche sul concetto di rivoluzione vi è molto da approfondire. Come ricorda Umberto Curi: “Marx non fa mai riferimento al concetto di rivoluzione.” Rifiutava di fornire ricette per le osterie dell’avvenire. Più che prefigurare quale sarebbe l’assetto del futuro, Marx preferisce l’analisi della società del suo tempo e quelle dinamiche da cui sarebbe potuto scaturire un movimento di trasformazione radicale di cui il proletariato sarebbe stato protagonista.
Per Marx il comunismo non era altro che “il movimento reale che sopprime lo stato di cose esistente”, non un ideale da realizzare. Altro aspetto sempre presente nei vai marxismi è il rapporto con lo stato, l’idea di statalizzazione della società e l’organizzazione politica che tale sistema doveva raggiungere. Che il marxismo abbia distorto il pensiero di Marx è Marx stesso a farlo risaltare. Nella “Critica al Programma di Gothe”, analizzando il partito operaio tedesco e il programma di Lassalle dice: “Il partito operario tedesco per spianare la via alla soluzione della questione sociale chiede l’istituzione di cooperative di produzione con l’aiuto dello stato … Che si possa costruire con l’aiuto dello stato una nova società, come si costruisce una nuova ferrovia, è degno dell’immaginazione di Lassalle.” Ancora più forte la critica alla struttura stato quando discute del programma istruzione del Partito operaio tedesco: “E’ assolutamente da respingere una educazione del popolo per opera dello stato. Fissare con una legge generale i mezzi delle scuole popolari, le qualifiche del personale insegnante, i rami d’insegnamento, ecc.… e, come accade negli Stati Uniti, sorvegliare per mezzo di ispettori dello stato, l’adempimento di queste prescrizioni legali… Piuttosto si debbono ugualmente escludere governo e Chiesa da ogni influenza sulla scuola.”
Da queste considerazioni ricaviamo anche un aspetto particolare di Marx, nascosto dai marxisti, l’individualismo. Marx non avrebbe avuto difficoltà ad affermare che l’individuo è l’insieme delle proprietà di un soggetto reale disprezzando la propensione per la divisione collettiva della ricchezza.
Da sempre al centro dell’analisi e del metodo marxista vi è il concetto di “lotta di classe”. Tutto il mondo conosce il testo del 1848, Il Manifesto del partito comunista, che inizia con le seguenti famosissime parole: “La storia di ogni società esistita fino a questo momento è storia di lotta di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve oppressori e oppressi in reciproco contrasto e condussero una lotta ininterrotta…” Secondo Marx a metà dell’Ottocento la lotta era tra borghesia e proletariato. Ma ai nostri tempi, che hanno dimostrato che anche uno stato può fallire come un’azienda, la lotta di classe è incentrata su una nuova prospettiva, tra statalisti e antistatalisti. Il libertario Leonardo Facco autore del volume “Elogio dell’evasore fiscale” scrive: “Evasori di tutto il mondo, unitevi. Se Marx fosse ancora vivo starebbe con chi non paga le tasse.” Dal problema della tassazione/statalismo bisogna soffermarsi alla questione sfruttamento. Oltre il concetto di alienazione, una rivoluzione nella teoria politica, secondo Roemer lo sfruttamento non è denunciabile esclusivamente nella sua spiegazione analitica del profitto, per Marx rendere i mezzi di produzione accessibili a tutti è l’aspirazione della sua eguaglianza.
Insomma, ciò che conta è la base di partenza che deve essere uguale per tutti, poi ognuno farà fruttare queste condizioni di partenza. La teoria marxiana sembra adatta a spiegare l’attualità con qualche aggiunta. Come descritto dall’anarchico analitico Fabio Massimo Nicosia le attuali istituzioni, i mercati come i soggetti internazionali, concordano su un elemento, che impedisce loro di esprimere un suffragio positivo sulla politica dello stato: quello della necessità di dimagrimento attraverso liberalizzazioni, privatizzazioni, mobilità nel pubblico impiego, ecc.. Come dire che la dittatura dei mercati e del diritto internazionale va nella stessa direzione della dittatura proletaria marxiana, quella della progressiva erosione dello stato, in vista della sua estinzione.
Data la situazione economico politica attuale e quella fiscale, secondo linee marxiste di elaborazione politica non è l’imprenditoria (si pensi a questa classe come coloro che generano impresa, lontana dai monopoli e dallo statalismo assistenzialista, se vogliamo, pensiamo alla piccola e media impresa) la classe storicamente indicata ad estinguere lo stato? E non certo per una collettivizzazione forzosa, ma per il risorgere di quegli elementi tanto cari alla sana borghesia – a dir il vero anch’ essa in via di estinzione -: libertà e responsabilità. In quest’ottica, Marx risulterebbe essere davvero uno dei più feroci antimarxisti con il pallino sconvolgente delle giustizia di classe.
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