di Luca Marfé
NEW YORK – «State calmi e godetevi il viaggio».
Comincia così, su Twitter e rigorosamente a caratteri cubitali, il 2019 di Donald Trump. Con quello «state calmi» che assomiglia tanto a un “fate i bravi”, a un “non rompete troppo le scatole”.
«Buon anno a tutti, inclusi gli haters e i media delle fake news! Il 2019 sarà un anno fantastico per coloro che non soffrono della sindrome di squilibrio mentale da Trump. Molto semplicemente state calmi e godetevi il viaggio, grandi cose stanno succedendo per il nostro Paese!».
Difficile commentare la presa in giro della «sindrome di squilibrio mentale da Trump». È certo però che, se il 2018 è apparso agli occhi del mondo come un percorso folle, considerati i toni di questo ennesimo esordio social, il tycoon promette addirittura di rilanciare.
Il presidente suona la carica dei suoi che, eccitati a comando dalle sue parole, si preparano per un nuovo anno di battaglie politiche, per una sorta di resa dei conti che anticipa lo scenario di un nuovo voto: quello determinante, quello del 2020.
In cima alla lista degli scontri, il cosiddetto shutdown, in atto con il fronte democratico. Il blocco delle attività amministrative, scattato lo scorso 22 dicembre per via della mancata intesa tra le due parti politiche in gioco, dura oramai da 12 giorni e pare destinato a protrarsi ancòra a lungo. Trump non molla di un centimetro: vuole l’accordo, ma vuole il Muro col Messico. I dem non hanno nessuna intenzione di accontentarlo e così, per il momento, di muro c’è soltanto quello che divide la destra e la sinistra a stelle e strisce.
L’altra guerra in corso è ovviamente il Russiagate. Con il procuratore speciale Robert Mueller che, tra testimonianze e indizi che paiono convertirsi in prove, sembra ad un passo dalla svolta. La parola impeachment riecheggia tra le mura della Casa Bianca con insistenza sempre maggiore e The Donald potrebbe essere presto costretto a difendersi per davvero.
Sulla linea dell’orizzonte degli esteri, invece, le sfide sono due, entrambe sul versante orientale: la Cina, con il duello sui dazi che di fatto è stato soltanto rimandato ad una scadenza primaverile, e la Corea del Nord che per bocca di Kim Jong-un alterna comportamenti istituzionali e provocatori.
Due possibili vittorie epocali o due potenziali disastri irreparabili.
A Trump, e a questo 2019, onere o onore di due risposte comunque cruciali.
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