di Luca Marfè
NEW YORK – Trump è tornato. E, soprattutto, è tornato a fare Trump.
Durante il suo primo viaggio istituzionale nelle vesti di presidente aveva illuso opinione pubblica ed analisti di poter essere pacato, sorridente e, per l’appunto, istituzionale. Nonostante alcune sbavature di natura prevalentemente estetica, infatti, il tycoon era riuscito a contenere se stesso all’interno del perimetro dettato dal protocollo e, parallelamente, a tenersi a debita distanza dai suoi account Twitter.
L’incanto o presunto tale, però, si è dissolto di colpo al suo rientro in patria.
Con lo stringersi delle maglie del Russia Gate e con l’intensificarsi della coltre di imbarazzo attorno al suo consigliere-genero Jared Kushner, infatti, il nervosismo cui Trump ha oramai abituato la sua America è tornato a farla da padrone.
E così, quasi come se non fosse più riuscito a trattenersi e come del resto è spesso già accaduto in passato, riecco il fiume in piena firmato The Donald.
Ce n’è davvero per tutti: dalla stampa («Fake news!») a qualche scintilla sul fronte intelligence legata alla sua relazione con la premier Theresa May ed al caso dell’attentatore di Manchester, passando per la riduzione delle tasse, per il “funerale” di ObamaCare, fino a giungere alla Corea del Nord nei confronti della quale la tensione sembra essersi rialzata di colpo. E ancora il j’accuse a danno della Germania, condito dall’ennesimo riferimento ai debiti Nato, e l’annuncio shock sugli accordi di Parigi sul clima.
Insomma, riecco il vero Trump.
E, per quanto si possa ragionare sul suo carattere talvolta irragionevole, i suoi comportamenti si rivelano puntualmente tutt’altro che casuali.
Quella dei toni forti e delle parole un (bel) po’ strillate è infatti una vera e propria necessità per chi, sin dalle primissime uscite di una campagna elettorale al veleno, ha sposato, inizialmente un po’ per caso e successivamente con precisione chirurgica, questo tipo di registro.
In buona sostanza, quando tassi di popolarità e più in generale consensi vacillano, il presidente tocca le corde più care a sé ed alla sua platea, agitandola e richiamandola a compattarsi in un fronte per il quale la discussione composta ed il confronto riflessivo sembrano rappresentare una sorta di nemico giurato.
Un quadro per quanto complesso oramai chiaro. Confermato tra le altre cose dall’ultima uscita televisiva di Hillary Clinton che, in occasione di un suo lungo intervento andato in scena in California in seno alla conferenza su business e innovazione “Code Conference”, ha finito col fornire involontariamente l’ennesimo assist al suo eterno rivale.
Trump, infatti, non si è lasciato scappare l’occasione per punzecchiarla proprio via Twitter, quasi a voler riportare la sua America al clima conflittuale dei mesi scorsi, quelli durante i quali non era necessario avere idee chiare e progetti concreti per imporsi sull’avversario politico.
Largo dunque alla sua rinnovata aggressività, la stessa che lo ha incoronato come nuovo inquilino della Casa Bianca.
In attesa di capire quanto a lungo, e soprattutto se, questo giochetto possa reggere.
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