di Emanuele Schibotto*
L’accordo raggiunto a fine 2013 tra Iran, Russia, Cina e le potenze europee, ora in fase di esecuzione, è l’occasione per riflettere sulla minaccia nucleare e sull’effettiva necessità di perseguire la strada della denuclearizzazione.
Da un lato, l’Iran accetta di non utilizzare energia e tecnologia nucleare per scopi militari, dall’altro Stati Uniti, Unione Europea e Paesi alleati eliminano le sanzioni e rimuovono l’embargo applicato nei confronti di Teheran. Questa in sostanza la sintesi dell’intesa raggiunta, la quale si basa di fatto su una convinzione: la proliferazione nucleare è un pericolo per la pace e la sicurezza internazionale e (aggiungono gli statunitensi) va contrastata a tal punto da ridurre gli arsenali nucleari a zero. Eppure, voci fuori dal coro la pensano diversamente.
Gideon Rachman, editorialista del Financial Times, ritiene che l’equilibrio del terrore dettato dall’atomica funzioni e che un mondo denuclearizzato sarebbe un posto ben più pericoloso di quello attuale: “Nessuno può provare che sono state le armi nucleari ad aver contribuito al mantenimento della pace tra le grandi potenze dal 1945 ad oggi, ma la spiegazione più verosimile risiede nel fatto che un conflitto tra potenze nucleari sarebbe considerato troppo pericoloso”.
L’analista geopolitico Robert Kaplan è convinto che la reale minaccia di guerre atomiche circoscritte possa risultare efficace per mantenere la pace e la sicurezza collettiva nel mondo attuale.
Secondo Jack David, membro del Council of Foreign Relations, il processo di denuclearizzazione a guida statunitense risulta di fatto fallimentare, non essendovi prove empiriche che ne dimostrino l’efficacia. Inoltre, osserva David, l’arma nucleare è usata dagli Stati come strumento di difesa e non solo di mero attacco: “È il caso dei 31 Stati protetti dall’ombrello nucleare statunitense – gli Stati Uniti si sono impegnati a mantenere una capacità nucleare e ad usarla per difendere altri Paesi. Molti dei Paesi sotto l’ombrello statunitense hanno rinunciato allo sviluppo di proprie armi nucleari fintanto che la deterrenza adottata da Washington permane disponibile e credibile”.
La minaccia nucleare è un utile strumento di deterrenza, anche nell’attuale configurazione del sistema internazionale, oppure è divenuta essa stessa fonte di insicurezza globale? Un mondo senza armi nucleari sarebbe davvero più sicuro? Il dibattito è aperto. Nel frattempo, vediamo l’Iran barattare la rinuncia all’atomica militare con il reinserimento nel sistema economico globale.
* Membro dell’Istituto di Politica, Direttore editoriale di Equilibri.net, Director for Development per Asian Century Institute. Il suo ultimo libro è Italia, potenza globale? Il ruolo internazionale dell’Italia oggi (Fuoco edizioni, 2012)
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