di Domenico Letizia

Molti ancora ricordano le Società Operarie di Mutuo Soccorso, diffusissime nell’Ottocento e nel primo Novecento in Italia e nel resto d’Europa. Per una corretta analisi ci occorre ripartire dalle origini dello Stato moderno, quando si andavano bene delineando, soprattutto con fattori totalizzanti e accentratori, complessità come popolo, cittadinanza, nazione. L’accentrare di questi elementi portò al superamento del modello medioevale.

Caratteristica del potere medioevale era il suo porsi come uno dei molteplici soggetti della vita collettiva affiancato da una moltitudine di realtà comunitarie attive sul fronte economico, sociale e politico. Gruppi sociali attorno ai quali si andavano riaggregando forze dinamiche della vita collettiva: gilde di arti e mestieri, corporazioni professionali, confraternite religiose e non. Un insieme vasto, autonomo ma reciprocamente intersecato tra le varie strutture, attraverso una fitta rete di relazioni. La caduta dell’Impero Romano provocò, con tutta una serie di problematiche e difetti, una frammentazione associativa comunitaria articolata le cui componenti avevano assunto un ruolo guida nell’assistenza alla collettività. Da queste premesse nasce il movimento Mutualista che andò rafforzandosi nell’età industriale a partire dall’800 attraverso l’unione della classe operaria.

Nate per tutelare le condizioni morali e materiali dei lavoratori, le Società di Mutuo Soccorso si sono occupate di assistenza medica, infortunistica, istruzione e pensionistica agendo come fattore di socializzazione tra i componenti. La società tedesca del primo ottocento, quella dove è cresciuto Max Stirner, viene definita dagli storici: “il tempo delle unioni”. Una società dove erano diffuse migliaia e migliaia di associazioni tra privati e su basi rigorosamente volontarie, che intervenivano su tutti i settori della vita sociale; Unioni e associazioni libere dove era possibile modificare i fini originari delle strutture, rigorosamente svincolate dallo Stato, autogestite nelle scelte.

Proprio la Germania, un forte Stato assistenziale, conservatore e centralista centrò un duro colpo a queste strutture libere: le varie riforme di Bismark sulle politiche assicurative dei lavoratori e sulle pensioni furono da esempio. In Italia il fascismo che non poteva tollerarle, data la loro funzione, le sciolse a partire dal 1924.

Le Società di Mutuo Soccorso –  che nascono e si sviluppano in assenza di Stato sociale – furono elementi di autorganizzazione operaria durante il secolo della rivoluzione industriale. Vennero poi distrutte quando lo stato negò ogni principio di organizzazione autonoma, l’onnipresente volto dello statalismo nella vita dell’individuo.

Il Mutualismo in Italia è stato oggetto di attenzione storiografica incentrata soprattutto sui suoi aspetti politici, tralasciando altri aspetti tipici dell’associazionismo mutualista, molto più pratici, che riguardano soprattutto la sua dimensione economica e sociale. Come sostenuto da Luigi Tommasini, il mutualismo ha cominciato ad essere visto nell’analisi storica della società liberale italiana come uno dei punti di appoggio fondamentale dello Stato liberale, che, lasciando libero lo spazio sociale, lasciava alla libera interazione associativa la formazione e lo sviluppo di culture e concezioni di solidarietà e assistenza.

Fino al 1848, fino all’ondata rivoluzionaria che portò negli stati Europei le concessioni di costituzioni liberali, l’associazionismo di mutuo soccorso era limitato ed ostacolato, date le limitazioni generali alla libertà di associazione. La svolta si ebbe dopo il 1848, quando l’associazionismo mutualista venne ritenuto importante, per una parte della classe dirigente liberale, anche come freno laico all’intervento assistenziale delle corporazioni e delle istituzioni della Chiesa. Pietro Maestri, uno dei protagonisti della diffusione del mutualismo nell’Italia liberale, dichiarò: “Le nuove istituzioni della previdenza (quelle laiche a differenza di quelle cattoliche) non conoscono una sola famiglia, i cui membri, senza distinzione di credenze si associano nell’intento di assicurarsi l’assistenza mediante mutue guarentigie”. La situazione mutò, come ricordato, in seguito allo sviluppo di forti Stati centralizzati e assistenzialisti che portarono a morte la spontaneità creativa delle associazioni di mutuo soccorso.

La lezione alla contemporaneità, oggi, dove si è dimostrato che anche uno stato può “fallire”, parte da due considerazioni di fondo: 1) La presenza oppressiva dello Stato nella vita dell’individuo, 2) La convinzione che vi sia bisogno di strumenti mutualistici per contrastare la deriva consumista dei nostri rapporti sociali, ci porta a riflettere sull’importanza del mutualismo come “sostituto libertario” del welfare. Dallo studio delle società di mutuo soccorso e attraverso considerazioni economiche e sociali attuali si può lavorare per un rifiorire del mutualismo che non perda, fortunatamente, il suo carattere di iniziativa e unione privata ma che agisca con finalità sociale e pubblica.