di Antonio Capitano
La lungimiranza di Leonardo Sciascia è arrivata, nei fatti, sino ai nostri giorni. La sua Racalmuto oggi, in concomitanza con il ritorno dell’ora legale, è un Comune sciolto per quelle infiltrazioni che il grande autore siciliano anticipava, spesso solitario, nei suoi preziosi scritti. E sono gli stessi giorni in cui si prova a mettere a punto una legge anticorruzione che, come sottolinea il Ministro della Giustizia Paola Severino, è una priorità del Governo. Ma sopratutto dell’Italia e dei funzionari pubblici leali e fedeli.
In questo senso, sono rilevanti – per la portata dei contenuti – i lavori della Commissione di studio su trasparenza e corruzione nella Pubblica Amministrazione presieduta dal Capo di Gabinetto Roberto Garofoli, nominata dal Ministro della funzione pubblica Giuseppe Patroni Griffi. La relazione della Commissione è stata oggetto di un importante seminario “Regole e amministrazione pubblica ” che è stato essenzialmente dedicato al momento della prevenzione con particolare riferimento al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, soprattutto per la “qualità naturale” nella corretta erogazione delle prestazioni di atti amministrativi e servizi ai cittadini. Il Ministro ha sottolineato, tra le altre cose, che vi deve essere trasparenza e non opacità in tutto ciò che è pubblico – risorse, apparati, attività, servizi pubblici – con il primato dell’etica intesa come “regola di comportamento di chi lavora per la collettività”.
Lo stesso Garofoli, nell’illustrare, con efficace sintesi, i primi risultati della Commissione ha accennato in primo luogo ai comparti oggetto della relazione sui quali continuerà a svolgere le proprie riflessioni: sanità, appalti, urbanistica e controlli. Il leit motiv non è solo quello relativo agli enormi costi quantificati dalla Corte dei Conti ma ci sono anche i costi indiretti, tra i quali quelli etici della corruzione, consistenti nella sfiducia nelle istituzioni. Infatti, il dilagare della corruzione determina una mancata percezione del fenomeno con un rischio di tolleranza sociale che non permette di individuarla con una strategia di tipo integrato per le conseguenti azioni di repressione. E non solo sui singoli fatti ma sui presupposti della prevenzione, ovvero in merito alle ragioni culturali e amministrative e alle occasioni di corruzione. Per questo motivo, partendo dalla questione dell’organizzazione dei processi decisionali all’interno di ciascuna amministrazione, spicca oltre al vincolo internazionale dell’istituzione di un’autorità nazionale anti corruzione la novità che ciascuna amministrazione pubblica dovrebbe adottare un piano anticorruzione con annesse adeguate responsabilità. In questo contesto l’innovazione della proposta, per gli Enti Locali, prevede, in caso di mancata adozione del piano, l’avvio di un procedimento di nomina di un commissario ad acta al pari di quanto è previsto oggi nel TUEL per la mancata approvazione del Bilancio o del rendiconto di gestione.
Significativo e come sempre chiarissimo l’intervento del giudice costituzionale Sabino Cassese che sottolinea anzitutto il vero motivo per il quale ci si interessa della corruzione, evidenziando che tra i diversi scopi di una legge anticorruzione vi è il fondamentale aspetto per l’amministrazione pubblica di godere della fiducia dei cittadini per consentire di recuperare il “rispecchiamento”, già noto nell’Ottocento, tra il paese legale e il paese reale.
Di rilievo è il “primato” del diritto amministrativo su quello penale. Nel primo, l’azione si incentra sul momento del conoscere, dell’evitare e del prevenire. Al secondo invece è demandata la funzione di individuare e sanzionare. E’ del tutto evidente allora che il momento amministrativo è il presupposto per evitare che il danno si produca. Afferma giustamente Cassese che quando le funzioni pubbliche vengono trasferite dal centro alla periferia aumenta la diffusione della corruzione e questo in relazione ad un comprovato sistema socio-culturale, alla “prossimità” del potere locale composto spesso da classi sociali a formazione limitata, con scarsi valori etici, che possono avere maggiori occasioni di istigazione alla “cattiva” amministrazione. Volgendo lo sguardo alle buone pratiche nel resto del mondo, Cassese accenna agli Stati Uniti che già nel 1978 hanno istituito l’Ufficio per l’Etica del Governo che oggi, con l’essenzialità di uno strumento informativo, consente di avere puntuale contezza, attraverso una raccolta enorme di dati, su quanto l’Amministrazione americana attua per combattere il male della corruzione a tutti i livelli.
Tornando alla nostra realtà è chiaro che, oltre alla formazione di codici etici e soprattutto al rispetto di detti codici, vi debbono essere regole fissate in materia preventiva: una sorta di soft law che deve prevenire, anzitutto nella condotta del soggetto, la volontà di corrompere e di essere corrotto.
In italia mancano le bussole per essere guidati in questo disorientamento ma spesso la propria coscienza è il giudice piu severo e, come accade sempre, vi sono delle persone che sono piu “tentate” dalle occasioni corruttive, mentre in altre prevale l’autocontrollo frutto di una maggiore capacità educativa.
Per affermare questa mentalità reattiva alla corruzione, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, si deve maturare un percorso formativo che dovrebbe essere ben radicato soprattutto nelle istituzioni scolastiche ed universitarie e non solo nelle scuole di formazione pubblica. Ci vorrebbe una assunzione di una sorta di “vaccino” a rilascio prolungato che combatta la tentazione della corruzione con le armi del proprio bisogno di legalità e di concreto rispetto dei codici etici. Soltanto su queste basi e con evidenti, forti e sostanziali poteri di tutela, sarà possibile avvalersi della collaborazione, per l’interesse collettivo (come prevede la vecchia legge urbanistica), di coloro che sapendo di un fatto corruttivo o che potrebbe dar luogo ad un fatto corruttivo possano agevolare la prevenzione o la repressione del fenomeno. E questo sarebbe già uno straordinario punto di arrivo; un sistema che lasci solo chi con coraggio e dignità collabora all’interesse collettivo è un sistema malato e complice. Ecco perché, per un vero riformismo, sono necessarie delle regole rigorose che prevedano chirurgicamente ogni dettaglio per operare al pari della scienza medica con farmaci adeguati, guardando anche ai casi di successo internazionali.
A tale riguardo non si può non concordare con la conclusione di Cassese, per il quale “tutto ciò non si fa in un giorno ma c’è un giorno in cui si bisogna cominciare”.
Sarà il giorno in cui ogni ora sarà legale.
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