di Giulio De Ligio
Con il libro di Arpad Szakolczai Il gioco permanente con i limiti. La pandemia, il malinteso dell’universalismo e gli imbrogli della teoria economica, la casa editrice romana Ensemble, fondata nel 2011 e presieduta da Matteo Chiavarone, inaugurerà dopo Pasqua la collana «Koinonìa». Nella riflessione che segue Giulio De Ligio, direttore della collana e tra i fondatori dell’Istituto di Politica, introduce lo spirito di questa proposta in apparenza intempestiva,

di Giulio De Ligio

Con il libro di Arpad Szakolczai Il gioco permanente con i limiti. La pandemia, il malinteso dell’universalismo e gli imbrogli della teoria economica, la casa editrice romana Ensemble, fondata nel 2011 e presieduta da Matteo Chiavarone, inaugurerà dopo Pasqua la collana «Koinonìa». Nella riflessione che segue Giulio De Ligio, direttore della collana e tra i fondatori dell’Istituto di Politica, introduce lo spirito di questa proposta in apparenza intempestiva, ma che mira in realtà a prendere sul serio il presente – in più di un senso un approfondimento delle amicizie e delle questioni che animano da un decennio la “Rivista di Politica”.

 

«Il vero filosofo sa molto bene che non è affatto messo di fronte al suo avversario,

ma accanto al suo avversario e agli altri davanti a una realtà sempre più grande e misteriosa»

«La discussione non è tra gli eroi e i santi; la battaglia è contro gli intellettuali,

contro coloro che disprezzano al contempo gli eroi e i santi»

Charles Péguy

 

La collana Koinonìa intende suscitare e proporre saggi di approfondimento dell’attualità storica. Il compito che si prefigge sarà dunque declinato al presente, dove la realtà umana è ancora e sempre messa alla prova. A dispetto dell’incessante autopsia sociale fornita dall’informazione contemporanea, nulla è meno evidente, oggi, del significato e della possibilità di questo approfondimento. Koinonìa non lo cercherà attraverso inchieste, reportage o denunce che lo riducono all’esposizione di cifre, complotti e colpevoli. Autori e lettori saranno piuttosto chiamati ad accogliere un’ipotesi teorica, che è anche una promessa pratica, su cosa si tratta di approfondire e di come il pensiero si dispone a farlo: l’approfondimento reale del presente è nel riconoscimento, e nell’esperienza, del «comune» che in tutte le sue forme vive – o si perde – in noi e attraverso di noi. L’approfondimento dell’attualità storica così inteso non può essere cercato e raggiunto attraverso documentazioni che si accontentano di registrare dati parziali e acquisizioni storiche, meccanismi sociali e rapporti di forze, passioni tristi e valori facili. La coerenza durevole della vita è ancora inseparabile dallo sforzo di comprendere e attualizzare ciò che «accomuna» tutti gli aspetti della vita.

La collana proverà a non dimenticare ovviamente, col poeta filosofo del nostro esergo, che «i veri profondi non sono specialisti della profondità che annunciano la loro profondità» e che il comune non è una parola sublime, una realtà che si approfondisce con parole «virtuali» incapaci di azioni, un bene a cui bastano «pensieri già tutti fatti e corazzati dall’abitudine». I saggi che verranno pubblicati cercheranno di dissotterrare delle questioni primarie della Città a cui, in realtà, ci disabituiamo: se sono solo per me stesso, cosa sono? di che giustizia è capace il temporale? quali motivi umani, o quali forze profonde, uniscono davvero i popoli e rendono la storia intelligibile? quale vocazione anima la vita delle nazioni e le preserva da idolatrie distruttive? Le affronteranno, per questo, a partire dal nostro esigente presente, hic et nunc. Affronteranno, ponendole, le eredità e i processi storici che sembrano ora rendere quelle questioni anacronistiche e quasi invisibili, svuotate dalla complessità moderna e dalla fatica dei secoli, smentite dalle tragiche risposte che esse hanno trovato in una storia in cui l’umanità europea sembra averle prese troppo sul serio, in cui l’anima e la Città in Europa sembrano aver mirato troppo in alto, in cui sembriamo aver troppo creduto nella terra e nel cielo.

Il titolo della collana – il riferimento greco alla questione delle «comunità» che avrebbe permesso ad Aristotele e san Paolo di comprendersi – racchiude dunque i termini di una preoccupazione che lega le matrici del lungo slancio europeo: polis, res publica, république, comunismo e socialismo, nazioni e mondializzazioni, ecclesia. Quello slancio o quella ricerca sembra oggi più sospesa che conclusa, già da prima di una pandemia muta sul tutto-dei-popoli, come un cammino interrotto e quasi privato di speranza. Che gli autori e i lettori considerino sinceramente, per misurare la profondità della sospensione presente, questo «bilancio» attuale. La costruzione europea e la globalizzazione non incoraggiano quasi più nessuno a credere nell’unificazione umana avvenuta o imminente, a dirsi laicamente «l’anno prossimo, a Gerusalemme». Nel bollettino quotidiano delle crisi, tutte le forme collettive e formatrici del comune – scuole e famiglie, nazioni e religioni – appaiono disponibili a ogni critica, a ogni irrisione e a ogni volontà soggettiva, come fossero già state di fatto abbandonate al loro destino, come se sapessimo ormai che tutti i contenuti di quelle istituzioni sono incapaci di formare pienamente la persona. Così lo sguardo non riesce più a fermarsi su una «cosa comune» senza vederla – o meglio dissolverla – come il semplice prodotto della circolazione casuale di individui, come un dovere opprimente o un investimento sbagliato, come il sepolcro imbiancato di lunghe distruttrici illusioni. Retorica a parte, il «comune» è di fatto per noi, oggi, una questione assente o passiva.

Ciò che riaffiora allora oggi da lontane profondità, per chi pone almeno davvero la questione del comune come ci si affida a una preghiera, è l’incompiutezza e la sospensione di una ricerca che un’immunizzazione sanitaria non rilancerà. Ciò che riaffiora tra le notizie è oggi l’ammissione che nessuna solidarietà meccanica, nessuna comunicazione tecnica, nessuna produttiva mano invisibile compirà oggettivamente, cioè senza l’adesione dell’azione e della coscienza umane, la storia dei popoli. «Ma dove vivi?» si chiede in effetti a chi ignora cose essenziali – come noi rischiamo di ignorare non una qualsiasi «crescita» prevista per l’anno prossimo, ma il mondo comune, la comunità o la comunione che renderebbe coerenti le vite perdute e salvate.

Questa presentazione della collana non si vuole solenne. Non è scritta come se tutti gli avvertimenti che riceviamo dal male passato – dal male di cui temiamo e ammettiamo il possibile presente – fossero un dettaglio della storia universale, ma non intende nemmeno mutilare la coscienza dell’azione da compiere e di ciò che dà forma alla vita. Introduce dunque delle riflessioni che, senza escludere i criteri più alti, non si sentiranno esonerate dall’esame dei contenuti concreti delle esperienze collettive, dal discernimento delle nostre prove reali, dalla rivelazione del presente.

I saggi proposti da Koinonìa non svolgeranno un «programma di lavoro» come si mette all’opera una promessa elettorale o la dottrina di una scuola. La collana mira innanzitutto a perseguire e a precisare, perché si tratta in realtà della profondità difficile da raggiungere, un rovesciamento della prospettiva da cui tendiamo a guardare oggi – in Europa o «da nessuna parte» sulla rete – le cose umane. Aprendo il giornale ogni mattino, in una lettura che non ha più preghiere per la storia, le opinioni sembrano dover scegliere oggi tra queste opzioni della coscienza moderna: la critica sistematica di ogni verità e la sorveglianza morale, la denuncia di ogni remoto accenno di una discriminazione presente, ereditata o immaginaria, il calcolo competente di un settore sociale o l’ammissione di quanto siamo deludenti, lo sforzo per liberarci fino alla fine dei secoli da qualche ostacolo che ci impedisce di essere noi stessi, finalmente, autenticamente. Tra le voci più udibili, vi sono poi anche, come diceva già il poeta della storia carnale un secolo fa, gli specialisti della profondità e i generalisti del vivere insieme.

Si può allora almeno sperare che questa collana renderà concreta e credibile un’antica abitudine di lettura su ciò che non si limita a scorrere sotto i nostri occhi, una forma responsabile della parola, per cominciare un’operazione comune o un patto tra l’autore e il lettore: entrambi, proveranno a essere «partecipi» dei fenomeni affrontati, a partire da se stessi come parti di quelle cose comuni, a concepirle come esperienze che in qualche modo devono anche ad autori e lettori la loro realtà – le loro grandezze e le loro miserie, la loro fedeltà o infedeltà ai debiti ereditati, ciò che negano o affermano della vita.

La preoccupazione delle «comunità» e della «comunità suprema» che Koinonìa proverà a esplicitare, incoraggiare e approfondire – nel tempo che si è detto della «bancarotta dei popoli» – non è incompatibile con la meditazione o la confessione delle cadute che ogni esperienza comune ha conosciuto, conoscerà, conosce nella storia. Anche in quelle cadute vi è conoscenza. Quelle cadute, in ogni caso, riguardano ciò che dipende da azioni e discernimenti umani nell’Italia e nell’educazione, nelle famiglie e nelle nazioni, nell’amicizia che lega liberamente l’uomo a Dio.

Ogni proposta di Koinonìa proverà ad essere, in altri termini, un esercizio di vero realismo, una riflessione fedele a ciò che è coerente e durevole nell’attualità storica. Che autori e lettori considerino per finire, o per ricominciare il loro compito comune, questa cosa verbale: non si potrebbe descrivere la storia umana, né decidere del presente, senza impiegare dei nomi e dei criteri comuni, che valgono per il comune, che permettono di esprimere una proposta comunicabile. I saggi di questa collana, in un certo senso, accetteranno dunque che la declinazione al presente dell’antico verbo koinonein (mettere in comune, prender parte) non è un’opzione, ma l’esigenza pratica di ciò che riunisce – o finisce per separare – la Città e l’anima, la comunità e la verità. A una certa profondità, nel presente preso sul serio, la memoria, la realtà e la vocazione dei «collettivi» uniscono o dividono il tempo, la coscienza, le ore di ogni giorno. Il giornale quotidiano sembra in più di un senso tradire quest’antica, persistente informazione che koinonìa, con le sue pagine in attesa di incarnazioni, proverà direttamente e semplicemente ad approfondire.

 

 

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