di Manlio Lilli

“Il Parlamentarismo odierno è disgregato in una sequela di interessi particolari di sconfinata irrilevanza. Per darsi un’apparenza di dignità e in più un potere reale, si associano a interessi di partito. I partiti considerano loro compito primario superarsi a vicenda, e a pagarne le conseguenze sono l’obiettività e lo Stato. Questo vale sia per i partiti di maggioranza che per le opposizioni”. Erano parole di Robert Musil, scritte in un articolo del 1916, ora riproposto nella raccolta La guerra parallela (Silvy edizioni, pp. 224, euro 16). Articolo nel quale lo scrittore austriaco, avvertendo l’esigenza di una leadership politica forte, opponeva il politico “Comesideve”, energico e capace, ma poco amato dal suo stesso partito, al “Comesivuole”, interessato solo alla ricerca del consenso.

Dopo quasi un secolo quelle considerazioni, ispirate da un’Europa profondamente differente da quella attuale, mostrano la loro attualità. Anche in casa nostra. Forse più che altrove proprio nel Paese a lungo inconsapevole dei rischi che tante stagioni di misure inefficaci, perché generalmente blande, avevano contribuito a creare.

Metabolizzata con tempi e modalità differenti la fase della “sostituzione”, si è riaccesa la competizione in vista dell’appuntamento elettorale prossimo venturo. Con discussioni anche vivaci. Ovunque. A destra, come a sinistra, come al centro. Feste di partito, incontri, come si dice, di area, o organizzati da Fondazioni. Occasioni diverse tra loro ma uguali nell’ambizione di offrire uno spunto di riflessione, la possibilità di coagulare anime con più o meno riconosciute affinità. Discussioni che non di rado danno l’impressione di mettere a repentaglio la stessa unità della sigla politica nella quale si svolgono. Primarie e leadership (interna ed esterna). Consenso e associazioni. Movimenti e partiti. Legge elettorale e politiche economiche. Sono alcuni dei temi sui quali la Politica lavora a vari livelli. Aggiungendo e togliendo nomi ai simboli che li rappresentano. Presentandosi con un abbigliamento più sportivo, magari senza giacca e, naturalmente senza cravatta. Ricorrendo ad una scenografia coinvolgente nella quale le nuove tecnologie offrano l’occasione di condividere impressioni. Giocando per quanto possibile sulla contrapposizione che tanto sembra piacere ad alcuni. Quella tra “giovani” e “vecchi”, tra “innovatori” (e “rottamatori”) e “conservatori”, tra establishment dei partiti e forze nuove.

La battaglia per il potere del Paese non ammette debolezze. All’interno del Pd, tra Bersani e Renzi, così come, nel Pdl, tra Berlusconi e la schiera dei fedeli e gli inquieti ex aennini. Non diversamente dai malumori all’interno dei grillini. Dietro alle contrapposizioni nazionali, esito e/o origine di quelle locali, si nasconde frequentemente la necessità di rivendicare la supremazia dell’uno piuttosto dell’altro. Ed in questa dinamica illogica prevale il numero dei “Comesivuole” dei quali parlava Musil. Sono ancora loro a dettar legge. A prendere le decisioni. Ad orientare le sorti del Paese. Così, agli altri, ai “Comesideve” di oggi, non rimane che tentare di opporsi allo strapotere dei primi. Cercando di coltivare le proprie ambizioni personali senza sacrificare gli assunti iniziali. Preoccupandosi degli elettori.

Perché il problema, probabilmente, non sono i partiti politici, le loro organizzazioni piramidali, nelle quali emergere è operazione particolarmente difficoltosa se non si può contare su un autorevole esponente. Contenitori nei quali la selezione sembra essere più il risultato di buone relazioni che di solido merito. Il problema è costituito dagli uomini e donne che costituiscono quei contenitori. Ricoprendo ruoli nelle segreterie, nelle direzioni nazionali e nei tanti organigrammi che regolano tanti partiti.

Così al cambiamento nulla porterà lo Stil novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante e twitter (Milano, pp. 192, euro 15,00) di Renzi. Come nulla aveva portato Uscita di sicurezza (Rizzoli, pp. 259, euro 12,00) di Tremonti e ancora prima C’è un’Italia migliore (pp. 192, euro 10,00) di Vendola oppure Ai Liberi e forti. Valori, visione e forma politica di un popolo in cammino (Mondadori, pp. 128, Euro 17,50) di Sacconi. L’elenco è vasto. Sono molti a sentire il richiamo del libro.

Siamo di fronte a dei politici e non a degli uomini di pensiero. A persone che oscillano tra lontanissimi opposti. Taluni sostenendo opinioni che, rifuggendo qualsiasi idea di complessità, scadono nel luogo comune, nella banalità. Tal’altri argomentando in maniera complessa, ricorrendo a costruzioni sintattiche quasi incomprensibile a chi le ascolti, questioni semplici. Gli uni e gli altri, per motivi diametralmente opposti, incapaci di risultare efficaci. Di essere realmente incisivi.

Con questi giganti e molti altri del loro uguale livello, si procede. Politici che sempre più assomigliano a dei bambini. Come loro, hanno una propria opinione e non ascoltano quelle degli altri, preferendo affidarsi a reazioni emotive. Quasi inconsapevolmente scelgono di essere bambini piuttosto che adulti. E come questi meditare su quello che dicono e scrivono, non voler diventare attori della società dello spettacolo e affidare alcune questioni a persone competenti.

Dal momento che sembra difficile trovare interpreti nei quali si fondino le qualità del (buon) politico a quelle dell’uomo di pensiero non resta che auspicare che almeno trovino spazio gli uni o gli altri.

A Musil, in Austria, l’unica soluzione possibile appariva la scelta. L’elettore, quando sarà chiamato a farlo, “deve considerare la persona e eleggere non dei Comesivuole ma solo autentici Comesideve”. In Italia, ora, tra poco, si potrebbe provare scegliendo (politici) adulti e non bambini. E questa volta senza alcun riferimento al dato anagrafico.

 

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