di Federico Donelli

Se la presenza del Presidente Mohamed Morsi a Teheran in occasione del vertice dei Paesi non Allineati tenutosi a fine agosto (la prima visita di un leader egiziano dopo la rivoluzione islamica del 1979) aveva destato preoccupazione nelle cancellerie occidentali, le sue dichiarazioni contro “l’oppressivo” regime siriano hanno sorpreso favorevolmente facendo rivalutare il ruolo strategico che l’Egitto intende assumere nei futuri assetti mediorientali. Ad impressionare diversi osservatori internazionali è stato non solo la determinazione con cui Morsi ha più volte ribadito la necessità di un trasferimento dei poteri da Bashar al-Assad ad un regime democratico che sia espressione della volontà del popolo siriano ma, soprattutto, il fatto di aver esposto la propria ferma posizione sia in sede ONU sia in occasione del vertice dei non Allineati ospitato dall’Iran, principale alleato di Assad.

La presenza di Morsi al vertice dei Paesi non Allineati ha mostrato i primi cambiamenti della politica regionale del nuovo Egitto, volti a rilanciare il ruolo del Paese nel contesto internazionale. Questa ambizione mostra un primo elemento di rottura rispetto al passato, in quanto per diversi anni sotto la guida di Hosni Mubarak la politica estera egiziana aveva vissuto una situazione di generale staticità dettata dal maggior interesse nel mantenimento dello status quo interno e regionale. Interessi che avevano gradualmente offuscato il tradizionale ruolo dell’Egitto nel contesto mediorientale, ossia di difensore e ambasciatore delle rivendicazioni palestinesi. Un ruolo che è progressivamente venuto meno lasciando campo libero a nuovi attori regionali quali l’Arabia Saudita e il sempre più ambizioso Qatar, nella cui capitale Doha è stato trasferito il quartier generale di Hamas precedentemente stanziato a Damasco. Negli ultimi due decenni l’Egitto, spinto dai molti interessi del gruppo oligarchico vicini a Mubarak, aveva stretto ulteriormente legami finanziari e politici con gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita; decisione questa che ha vincolato politicamente il Paese durante le recenti crisi regionali (II Intifada, Afghanistan, Iraq).

L’attuale priorità del Presidente egiziano è quella di reintrodurre l’Egitto nel contesto internazionale con un maggior grado d’autonomia; un obiettivo raggiungibile solamente cercando nuovi partner commerciali ed investitori stranieri, perché solo riuscendo a tagliare il cordone ‘ombelicale’ finanziario con Stati Uniti e Arabia Saudita l’Egitto potrà sviluppare una politica estera più attiva ed autonoma. La visita a Teheran non è bastata a normalizzare i rapporti bilaterali con l’Iran tuttavia ha avuto forte valore simbolico mostrando come l’Egitto sia pronto a riconsiderare le proprie relazioni regionali e globali. Rientra in quest’ottica anche l’importante accordo raggiunto con la Cina che ha deciso di incrementare i propri investimenti in Egitto – dagli attuali 500 milioni di dollari a 3 miliardi $ – concentrati nel settore energetico (centrali elettriche e impianti di dissalazione). La recente visita a Washington è servita più che altro per ribadire l’impegno di Morsi nel promuovere lo sviluppo democratico dell’Egitto e soprattutto per offrire garanzie al Presidente Obama di poter controllare il radicalizzarsi delle azioni salafite, seconda forza politica in Egitto, accusata di alimentare le manifestazioni contro l’ambasciata USA al Cairo. L’amministrazione Obama punta molto sull’Egitto governato dai Fratelli Musulmani con la convinzione di poter promuovere un modello di governo democratico a guida islamica simile, ma al tempo stesso molto diverso, da quello presente in Turchia. Per questo motivo la nuova escalation di violenza che ha interessato diverse capitali del mondo musulmano rappresenta un pericoloso campanello d’allarme per il Presidente Obama e per la propria politica in Medio Oriente.

Quello che al momento è certo è che il riposizionamento egiziano come attore attivo nel contesto regionale dipenderà soprattutto dal consolidamento della stabilità interna condizione questa legata alla futura crescita economica. Solamente riuscendo a migliore le condizioni di vita della popolazione i Fratelli Musulmani saranno in grado di disinnescare il proliferare del messaggio radicale salafita ed al tempo stesso riassumere il ruolo di potenza regionale.

 

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)