di Mauro Zampini
Ci voleva l’evidenza del baratto tra taglio dei vitalizi (materia su cui non vi è alcuna competenza governativa) e reintroduzione dei voucher, con il via libera di Salvini sul primo e l’ammorbidimento di Di Maio sui secondi, per afferrare finalmente in pieno il senso del “contratto di governo”, che sta alla base di quello che appariva dall’inizio un governo dei diversi. Se non dei contrari:  così apparivano, così si insultavano fino al giorno delle elezioni del 4 marzo,
di Mauro Zampini

Ci voleva l’evidenza del baratto tra taglio dei vitalizi (materia su cui non vi è alcuna competenza governativa) e reintroduzione dei voucher, con il via libera di Salvini sul primo e l’ammorbidimento di Di Maio sui secondi, per afferrare finalmente in pieno il senso del “contratto di governo”, che sta alla base di quello che appariva dall’inizio un governo dei diversi. Se non dei contrari:  così apparivano, così si insultavano fino al giorno delle elezioni del 4 marzo, e un po’ oltre, la Lega e il movimento cinque stelle. L’avessero chiamato “governo di scambio”, più puntualmente, o “baratto per il governo”, anche i politicamente antiquati – per i quali per fare una maggioranza due o più forze politiche dovevano convenire  sui punti di  un programma, non – non avrebbero avuto bisogno di qualche mese per capirlo.

In sostanza, il contratto di governo è semplicemente e banalmente un moltiplicatore di consensi:  formula che ben si addice a partiti con pochi obiettivi elementari, racchiudibili in uno slogan, e totale indifferenza per gli obiettivi altrui. Partiti  diametralmente opposti  al modello  delineato dai costituenti nell’art. 49 della costituzione, che disegnava unioni di uguali nelle idee e nei progetti. I due odierni contraenti sono la evoluzione, soprattutto tecnologica, della forma partito nata  dalla geniale intuizione e dai potenti mezzi di Silvio Berlusconi nell’ormai lontano 1993: allora per incamerare  a prezzo di saldo gli spaesati elettori del pentapartito, dissolti dopo la retata partitica di Mani pulite; oggi, per attirare un elettorato confuso e spinto verso  rigetto della politica. Anzi, a ben pensarci, il primo contratto  di governo nacque allora, con il patto elettorale tra opposti: nazionalisti e ultrafederalisti uniti sotto una bandiera bianca per sconfiggere gli eredi di bandiera rossa, che dovevano vedersela con alleati assai meno pragmatici e disponibili.

Non stupiamoci se si procederà di baratto in baratto: i migranti a Salvini, il taglio delle pensioni a Di Maio, la tassa piatta all’uno, il reddito di cittadinanza all’altro, la scelta delle partnership internazionali ancora a Salvini per il suo disegno di una grande destra europea, e così via.

Vista l’energia che sprigiona dalle altre  forze in campo,  potrebbe essere una formula dall’eterna durata. L’uovo di Colombo istituzionale. Saranno anche inesperti, i due contraenti, e del tutto nuove o completamente rinnovate  le due formazioni. Di certo non sono sprovveduti, e tanto meno  idealisti. Il loro problema sarà quello di convincere gli italiani che dietro gli slogan c’è qualcosa di utile per davvero. Per ora, tra vitalizi e migranti, astutamente ripartiti, siamo all’appropriazione chiassosa ed indebita di politiche altrui (i migranti), e all’euforia per un atto di sadismo espropriativo passibile di costituire un sinistro e diffuso precedente (il taglio dei vitalizi).

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