Guido Crainz, Ombre d’Europa. Nazionalismi, memorie, usi politici della storia, Donzelli, Roma, 2022, pp. 200
di Silvio Minnetti
Come costruire il futuro dell’Europa? La pandemia e la guerra in Ucraina hanno investito l’UE costringendola a rivedere il proprio ruolo in un mondo turbolento, alla luce della sua ragion d’essere. Guido Crainz (in basso, nella foto) ci aiuta a capire come si è giunti a questa crisi e quali sono i nodi da sciogliere. Alcune tensioni sotterranee si erano manifestate già prima e dopo il 1989 con l’ingresso dei Paesi ex comunisti. Il “grande allargamento” del 2004 ha posto questioni nuove con il manifestarsi di tendenze sovraniste ed illiberali, con l’emergere di populismi e nazionalismi. La cultura non sembra aver alimentato il sogno europeo proprio nel momento in cui ne avrebbe avuto più bisogno. Inascoltato è stato l’appello di Juergen Habermas sulla necessità di costruire “una opinione pubblica europea”, mediante una rete di relazioni civili ed intellettuali per frenare le derive ed accelerare i processi di integrazione politica, culturale, militare.
Oggi dobbiamo prendere atto di una sfida antieuropea da parte di governi sovranisti ed illiberali. La storia insegnata nei banchi di scuola viene utilizzata come arma da guerra per distorcere gli avvenimenti da ex Jugoslavia a Putin. È un uso politico della storia per accrescere la distanza tra i Paesi europei e frenare il processo di integrazione politica. Le delusioni e le amarezze del presente vengono utilizzate per alimentare la nostalgia di un “grande passato”, al fine di conquistare il consenso sfruttando gli umori e pulsioni di ampi strati popolari. Basta considerare la narrazione putiniana di decenni, l’uso politico della storia per giustificare l’invasione di uno Stato sovrano. “Per altri versi, infine, si ha talora l’impressione che pesi ancora “l’ombra del Muro”. Che sia ancora in piedi una sorta di Cortina di ferro senza il comunismo. Eppure non si costruisce l’Europa se non cresce la capacità di ricordare ” con l’aiuto delle memorie altrui”, per dirla con Paul Ricoeur….andrebbero conosciute molto meglio e messe continuamente a confronto le differenti visioni del passato che caratterizzano oggi il ” continente Europa“. (Guido Crainz, “La Repubblica”, 20 novembre 2022, p. 37).
Esiste dunque una minaccia nazionalista sull’ Europa? Guido Crainz ci spiega come sono nati i sovranismi nei Paesi ex sovietici. Sono queste le ombre del passato che si allungano sul futuro dell’UE, a partire da Ungheria e Polonia. Certi umori illiberali e antidemocratici vengono da lontano. È stato un errore ammettere Paesi dell’ex Impero sovietico in Europa senza avere i requisiti necessari? È stato intelligente introdurre l’economia di mercato in salsa neoliberista dopo decenni di pianificazione statale creando disuguaglianze e disagio sociale insopportabili? Da dove nasce il rancore della gente verso l’Europa? Non è questo il terreno di crescita dei regimi semi autoritari alla Orban, che inietta ogni giorno sovranismo cercando alleati contro Bruxelles anche ad Ovest? Viene riscritta la storia nei libri di testo delle scuole di Budapest e Varsavia, consapevoli che “chi controlla il passato controlla il futuro. E chi controlla il presente controlla il passato” (G. Orwell).
Crainz, storico da sempre impegnato sul piano civile, dopo essersi occupato molto di Italia contemporanea, ci avverte sugli scricchiolii della costruzione europea, che potrebbero avere conseguenze gravi per il nostro Paese. È un vero grido di allarme. Le dissonanze nelle narrazioni pubbliche dei diversi Paesi devono trasformarsi in crescenti sintonie. Da questo dipende il futuro politico dell’Europa. Non può essere la politica a imporre la lettura del proprio passato mediante “politiche della storia” come in Polonia e Ungheria, mettendo a tacere le voci che si oppongono a queste derive. Certe narrazioni nazionalistiche rischiano di assomigliare alle “verità di Stato” dei regimi comunisti. Il 1989 è stata una “magnifica illusione”? La fine dei “Trenta Gloriosi” anni di crescita con piena occupazione, la bocciatura della Costituzione europea nei referendum francese ed olandese, la guerra preventiva in Iraq hanno mostrato un volto ben diverso ai Paesi di Visegrad che entravano nell’ Unione nel 2004.
In questi Paesi le istituzioni democratiche avevano basi fragili anche prima dei regimi comunisti. È mancata “quella tradizione di meccanismi di controllo e garanzie costituzionali che da tempo salvaguarda le democrazie occidentali” (S. Sierakowski, “Micromega”, 2019, n.2). Già nel 1990 Geremek avvertiva in Polonia “la tentazione di instaurare governi dalla mano forte…. particolarmente presente nella società post-comunista proprio perché sono deboli invece le istituzioni democratiche e lo stile democratico di pensiero“. Così è riemerso il nazionalismo che covava già contro la dominazione sovietica. V. Havel e A. Michnik avevano avuto intuizioni precoci ma inascoltate. Così si sono affermati governi autoritari legittimati dalla crescita del Pil. È stato facile passare dall’euforia al disincanto, al rancore. Purtroppo la liberalizzazione selvaggia, la privatizzazione si incrociarono storicamente con il neoliberismo e riduzione del welfare anche in Occidente, creando non solo perdita di lavoro ma anche di dignità. Ciò spiega la crescita del partito di estrema destra AfD nella Germania dell’ Est, insieme alla paura della sostituzione etnica causata dalla immigrazione da Paesi islamici.
Da Maastricht a Mariupol abbiamo visto il “peccato originale” della introduzione di una moneta prima di una integrazione politica, l’assenza di una opinione pubblica europea, il riemergere di tendenze nazionaliste in varie parti di Europa, l’allargamento ad Est come sostituto di una politica estera comune.. Esempio drammatico è quello della Russia di Putin che arriva ad invadere l’Ucraina negando uno Stato indipendente e sovrano come ” invenzione di Lenin”. Sono deformazioni storiche volte alla ricostruzione di un impero, di una Terza Roma erede dei valori tradizionali e di una storia patriottica gloriosa nascosta dal crollo dell’Urss. Nel caso della dissoluzione della Jugoslavia vediamo nettamente la storia come arma di guerra. Nascono nuovi Stati attraverso conflitti armati e si registra una riscrittura dei manuali di storia nelle scuole. L’ ingresso nella Ue di diversi Paesi dell’Est è avvenuto senza una condivisione di memorie differenti. Shoah e Gulag hanno attraversato queste nazioni in modo drammatico, come se fossero “differenti Novecento”.
Esplicito è il riferimento ai ” due genocidi” nei paesi baltici con accentuazione di quello comunista, più recente rispetto a quello nazista. Il nesso tra nuovi nazionalismi, pulsioni autoritarie, ” politiche della storia” è più forte nel caso della Polonia. Qui vediamo emergere nettamente il sovranismo del partito al potere, Diritto e Giustizia. Il caso più eclatante è però l’Ungheria di Viktor Orban. Si tratta di un nazionalismo di stampo etnico, a partire dalla contestazione del Trattato del Trianon, dopo la Prima Guerra Mondiale, che cedeva territori a Paesi limitrofi. Da qui la riabilitazione del regime di Horty, a partire dal 1993 e la negazione di responsabilità nell’Olocausto degli ebrei.
Infine una pesante offensiva di Orban contro le voci dissonanti. Viene minata l’autonomia delle Università. Ci si propone di educare una nuova generazione di storici. I testi scolastici sono adattati alla propaganda del partito Fidesz al potere. Viene riscritta la Costituzione con una forte impronta autoritaria e nazionalista. Viene demolito lo Stato di diritto con il controllo politico di magistratura, media e istruzione. La stessa UE ha dovuto censurare queste misure illiberali. Percorsi simili troviamo in Cechia, Slovacchia, Romania e Macedonia del Nord. Storie complesse a partire dall’ abisso ideologico successivo al crollo dei regimi comunisti.
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