Egidio Ivetic, Est/Ovest, Il Mulino, Bologna, 2022, pp. 176, euro 14
di Silvio Minnetti
È il confine dentro l’Europa. Stiamo parlando di una faglia che attraversa e condiziona la storia europea ridefinendola da secoli. Ce ne accorgiamo solo nei momenti di crisi, come ora con la guerra in Ucraina. La contrapposizione tra Russia, Unione europea e Usa si sta infatti svolgendo lungo questa antica faglia che dal Baltico passa per l’Ucraina fino ai Balcani. Sono due tradizioni che si confrontano, quella latina occidentale e quella post- bizantina.
Egidio Ivetic (in basso, nella foto), docente di Storia moderna e di Storia dell’Europa orientale all’Università di Padova, ci spiega come si giunge ai confini tra Est ed Ovest e come si ridefiniscono e si riposizionato nei secoli. Dobbiamo comprendere le cesure della Storia per spiegarci l’invasione russa dell’Ucraina.
“Viviamo un ritorno drammatico della frattura in seno all’Europa fra il suo Est e il suo Ovest. Ancora un decennio fa nessuno avrebbe immaginato che la polarizzazione tra la Russia, e più in generale l’Asia, e l’Unione europea e gli Stati uniti si sarebbe concretizzata lungo l’antica faglia, quasi dimenticata, che delimitava le due tradizioni storiche europee, quella latina occidentale e quella post- bizantina…C’è l’est”, c’è l’Ovest e c’è una Europa di mezzo in cui ci sono regioni contese tra diversi stati: è accaduto nel passato e continua ad accadere nel presente“. (p. 7)
Un primo contesto problematico è rappresentato dai Paesi a ridosso della Russia, che furono Repubbliche dell’Unione Sovietica o satelliti sovietici. Qui la Russia ha posto dal Seicento le proprie frontiere verso l’Occidente e qui l’Occidente cerca il suo confine definitivo. Un secondo contesto difficile è quello balcanico con i suoi grovigli nazionali. Jugoslavia disgregata in una guerra civile e Ucraina invasa dalla Russia ne sono una evidente dimostrazione. Dobbiamo capire le ragioni storiche delle deflagrazioni lungo la faglia. La storia ci insegna che i confini non sono così netti e che nuove guerre possono verificarsi.
Parliamo di Europa ma anche di un Oriente d’Europa. È in questo contesto che sono avvenute le crisi mondiali ed i cambiamenti d’epoca: nel 1914, nel 1939, nel 1789, nel 1989 ed ora nel 2022. È un continente complesso con continua ridefinizione di confini. Cosa che non avviene in altri continenti. Il confine dell’Occidente è in continua dinamica. Il mondo occidentale poi è una comunità di paesi economicamente sviluppati, con sistemi politici liberaldemocratici, che comprende Unione europea, Gran Bretagna, Usa, Canada, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.
Possiamo parlare di un paradigma occidentale, di una età neoliberale che ha contrassegnato la storia dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989. L’Europa occidentale si colloca in questo quadro di valori e di interessi ma non tutta l’Europa fu Occidente. “L’egemonia della cultura liberale e libertaria, del paradigma occidentale, ben visibile nei primi anni Duemila lungo il crinale UE e non UE, e tra Ucraina e Balcani, nell’ultimo decennio è stata contrastata dai media russi e da quelli sostenuti da paesi come Quatar, Cina o Arabia Saudita. L’ avanzata dell’Occidente ha incontrato un altro paradigma ai confini dell’Europa centrale“. (p. 60).
Non possiamo dimenticare poi che, nelle narrazioni dell’Est, permangono Bisanzio e Mosca, la Seconda e la Terza Roma. La storia ha il suo peso in Turchia, Russia e nei Balcani. Lo spazio postbizantino sembra sempre più cosciente di un percorso originale. “La seconda e la terza Roma sembrano redivive“. (p. 85). Esiste poi una vasta Europa di mezzo con numerosi Stati: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cekia e Slovacchia, Ungheria, Romania, ex Jugoslavia, Albania e Grecia. Nell’Ottocento e nel Novecento qui abbiamo visto la terra dei rancori. Stiamo parlando di una vasta area tra il Baltico, il Mar Nero ed i Balcani. Le città dell’Europa di mezzo hanno visto convivere comunità di lingua, religione e confessioni diverse. Alcune di queste hanno un alto valore simbolico: Kaliningrad, Odessa, Sarajevo. Abbiamo visto nascere nel 1918 e rinascere con il maresciallo Tito, nel 1944 – 1945, fino a lambire Trieste, una impossibile Jugoslavia. Abbiamo assistito infine alla tragica dissoluzione Jugoslava negli anni Novanta.
L’ultima frattura è su Kiev, Dnepr, Ucraina. “Il padre della nazione ucraina è Taras Sevchenko, scrittore e pittore vissuto tra il 1814 ed il 1861. Contrario alla russificazione della sua lingua e della sua cultura e al fatto che gli ucraini fossero definiti “russini”, piccoli russi, fratelli minori dei grandi russi, Sevcenko ha espresso l’insofferenza per la negazione della sua nazionalità. Di fatto la russificazione ci fu nel secondo Ottocento, con il divieto della lingua ucraina, considerata un mero dialetto. … L’Unione Sovietica fece il contrario. Essa fu garante delle identità nazionali e quindi sostenitrice dell’assetto federale dello Stato… L’ urbanizzazione, perseguita dagli anni Venti in poi, ha finito per omologare la popolazione e ha lasciato solo in Crimea e nel Donbass una componente russa maggioritaria in ambito locale… Ricorderemo tutti il 24 febbraio 2022. Vladimiro Putin ha dichiarato guerra all’ Ucraina in un lungo discorso diffuso. La storia è stata menzionata spesso. Qualcuno ha detto che il presidente Putin sta facendo battaglia con la storia e che non può permettersi di essere ricordato come colui che ha perso l’Ucraina. I suoi modelli non affondano nell’ Unione sovietica quanto nell’ Impero: Pietro il Grande, Caterina II, Nicola I, Alessandro II”. (pp. 157-167).
In conclusione, questa guerra è sconvolgente perché porta dentro indirettamente Stati Uniti, Unione Europea e Nato. Quali che siano le intenzioni di Putin nell’ aggredire un Paese sovrano come l’Ucraina, le responsabilità della Nato nell’ allargarsi velocemente in Stati un tempo soggetti all’ Urss, il mondo cambierà dopo questa guerra. Verranno ridefiniti i confini tra Russia e Ucraina dopo centinaia di migliaia di morti e immani distruzioni. È in atto uno scontro tra Russia e Occidente dagli esiti imprevedibili. In particolare la guerra mette in crisi l’Unione Europea sul piano economico e sociale.
Questo conflitto vede un passaggio verso un nuovo ordine mondiale con l’Occidente da una parte e tutti gli altri, con la Cina in primo piano dall’ altra. Sorprende l’atteggiamento di non esplicita e netta condanna dei Paesi Brics, Brasile, Cina, India, Sudafrica, verso l’aggressione russa. Si sta configurando, anche con una nuova banca mondiale di sviluppo, un mondo parallelo al G7. Il rischio è quello di non avere un mondo multipolare bensì un nuovo bipolarismo tra Occidente e tutto il resto.
“È una partita a scacchi che può avere tempi lunghi. Arrivare a una tregua o a una pace in cui l’Occidente tolleri l’invasione diventa il precedente per altre guerre, sarebbe l’apertura di una fase storica di azioni unilaterali che nessuno è in grado di valutare. La Russia può tracollare, in molti lo sperano. Ma anche l’Occidente si trova in crescente difficoltà e può entrare in una crisi di sistema gravissima. Tutti ci stanno perdendo. Lo scenario è inedito. Di certo, ancora una volta, come a Sarajevo e poi in Serbia nel 1914, come in Polonia nel 1939, è nel cuore dell’Europa che è deflagrato un conflitto che comporta cambiamenti nel mondo. È una nuova storia“. (p.172)
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