di Domenico Letizia
La storia culturale e politica del pensiero anarchico contemporaneo è caratterizzata anche da eventi che a primo impatto appaiono circoscritti e poco incisivi ma che ad una attenta lettura nascondono domande significative sul futuro del pensiero libertario. Mercoledì 2 Luglio, a Milano, si è svolto un convegno che ha avuto la capacità di attirare molta curiosità: “Radicali e Anarchici. Un incontro possibile”. Il dibattito ha visto la partecipazione del professor Pietro Adamo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino, del professor Giampietro Berti, docente di Storia contemporanea all’Università di Padova, di Marco Cappato tesoriere dell’Associazione “Luca Coscioni” e presidente del gruppo consiliare radicale-federalista europeo, dell’avvocato Fabio Massimo Nicosia, giurista, scrittore e filosofo del diritto, di molti militanti radicali e individualità del mondo anarchico, come il già anarcosindacalista Michele Albo.
Ad oltre quarant’anni di distanza dalle marce antimilitariste, che videro insieme radicali e anarchici, si è assistito negli ultimi anni ad una ripresa di interesse, da parte di militanti e simpatizzanti radicali, nelle tematiche prima anarco-liberiste e poi anarchiche in senso lato. D’altra parte, nel mondo anarchico si è andato sempre più abbandonando il richiamo al rivoluzionarismo di tipo ottocentesco per un approccio più critico e pragmatico, che ha trovato il culmine nell’ultimo libro di Giampietro Berti, “Libertà senza rivoluzione. L’anarchismo tra la sconfitta del comunismo e la vittoria del capitalismo”, e nel dibattito che ne è scaturito sulle pagine della pubblicistica anarchica, in particolare, su “A/Rivista Anarchica”. Invece, i radicali, anche a rischio di essere impopolari, sono impegnati in una ripresa di temi riguardanti i diritti civili e il garantismo che non dovrebbero lasciar indifferenti il mondo anarchico. Sul garantismo e sulla proposta di Amnistia è tornato in voga il dibattito sull’attuale struttura istituzionale della detenzione. Molti radicali, come in passato, sottolineano la necessità di un superamento delle attuali case circondariali per un qualcosa che richiami più alle “case famiglia”. Concretamente si torna a parlare di abolizionismo, vertenza storica di anarchica memoria.
Il quesito portante di tutto il dibattito è stato: “Che rapporto c’è e che futuro può esserci tra anarchismo e radicalismo?”. Molti bollerebbero subito la domanda come priva di fondamento, rimarcando con forza le infinite differenze che contraddistinguono la galassia radicale dalla galassia anarchica. Invece, senza particolare difficoltà di comprensione, il ragionamento condotto da Fabio Massimo Nicosia è estremamente semplice e pragmatico: “il radicalismo è quel filo conduttore che dal liberalismo conduce all’anarchismo”. L’attualizzazione contemporanea del gradualismo di Malatesta? A parere di Berti sembrerebbe di sì. Con il fallimento di tutte le istanze rivoluzionarie della sinistra “storica” e con il generarsi da queste istanze delle più crudeli dittature che la storia ricorda e descrive, l’anarchismo se vuole continuare ad incidere nell’attualità non può che partire dalla liberal-democrazia per andare “oltre” quest’ultima e non “contro”. Non è poco, ad un’analisi più attenta, l’anarchismo si è collocato a sinistra perché il suo anticapitalismo è stato predominante rispetto al suo libertarismo. Se l’anarchismo rimane prigioniero del paradigma destra/sinistra, la sua capacità d’azione sarà destinata a rimpicciolirsi. Alla contrapposizione destra/sinistra deve subentrare il paradigma di riferimento autorità/libertà. Il politico è più importante del sociale e la libertà è più importante dell’anticapitalismo; quindi, per conseguenza logica, dell’eguaglianza. Bisogna passare dalla priorità dell’eguaglianza alla priorità della libertà, e secondo tale analisi concettuale bisogna analizzare anche il fenomeno capitalistico e la società libertaria da rincorrere.
Dalla teoria passiamo alla pratica e in tale percorso si muove l’analisi di Pietro Adamo, proponendo una vertenza libertaria da condurre in collaborazione tra anarchici e radicali: la proposta di legalizzazione e di depenalizzazione dell’Eutanasia. Adamo con estrema concretezza richiama tutta la galassia libertaria all’unione su punti precisi, identificabili in varie vertenze, una volta esaurite tale proposte politiche si torna tranquillamente a coltivare il proprio orticello politico. Intanto, un confronto avviene, e non è poco, e contemporaneamente si dà priorità anche ad una metodologia di lotta politica caratterizzata dall’unione laica delle individualità, come ci ricorda la storia della Lega Italiana per il Divorzio, una lega composta anche da attori politici lontani nei modi di pensare ma profondamente uniti per tale vertenza, l’introduzione del divorzio nel quadro legislativo. D’altronde probabili incroci tra “le due realtà libertarie” sono perni consegnati dalla storia di una delle individualità più stimolanti dell’anarchismo della seconda metà del novecento, la figura di Casare Zaccaria.
Cesare Zaccaria è ricordato insieme a Giovanna Caleffi Berneri (la vedova Berneri) come tra i principali animatori della rivista Volontà. Zaccaria, oltre che rappresentare un anarchismo laico e non comunista è anche espressione di una cultura eterodossa dell’anarchismo, fattore che sarà espressione di vivace antipatia da parte di molti esponenti dell’anarchismo classico che non guarderanno di buon occhio le idee e la direzione di “Volontà”. Tra i temi propagandistici prediletti da Zaccaria, nei testi da lui curati nell’immediato dopoguerra, non può non colpire la presenza, oltre che dei diritti civili, del controllo delle nascite, una bandiera tipicamente radicale. Zaccaria, successivamente, dal movimento anarchico passò al Partito Radicale, divenendone un esponente di spicco.
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