di Federico Donelli

Durante l’ultima settimana di Agosto una proposta di legge promossa dal partito di maggioranza della coalizione di governo, il Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (PDUNM), ha fatto riemergere le tensioni mai sopite tra le due diverse componenti etniche del Paese: quella maggioritaria macedone e quella minoritaria albanese. La legge se approvata avrebbe portato al riconoscimento di una serie di benefici economici (sussidi) e sociali (copertura sanitaria) a tutti i membri dell’esercito macedone che presero parte all’azione repressiva nei confronti della guerriglia albanese, conosciuta come Esercito di Liberazione albanese, insorta nel febbraio del 2001 contro il governo centrale di Skopje al fine di rivendicare maggiori diritti per la minoranza albanese.

Gli scontri del 2001, durante i quali persero la vita 150 persone, terminarono con la stipulazione dell’accordo di Ohrid in cui venne riconosciuto l’albanese come lingua ufficiale e garantito alla comunità albanese una maggiore rappresentanza all’interno delle istituzioni di governo e degli apparati statali. Nonostante l’accordo di Ohrid però gli attriti tra le due diverse etnie sono continuati e a poco è servita la prassi adottata in questi anni dalle coalizioni di governo di inserire all’interno delle compagini di governo anche membri dei partiti di riferimento della comunità albanese. Al momento il partito “albanese” presente nella coalizione di governo è l’Unione Democratica per l’Integrazione (UDI) che ha immediatamente criticato la proposta di legge in quanto discriminante nei confronti dei combattenti albanesi.

Ad onor del vero ad innescare le tensioni però è stata la scelta dell’attuale Ministro della Difesa Fatmir Besimi, di etnia albanese, di effettuare a metà Agosto una visita ufficiale, accompagnato da altri esponenti dell’UDI, presso il monumento in memoria dei caduti della guerriglia albanese. Una scelta a cui hanno fatto seguito aspre critiche da parte dell’intera comunità macedone rivolte contro il governo ed in particolare contro il suo leader, il Primo Ministro Nikola Gruevski. Proprio il duro attacco a cui è stato sottoposto il Primo Ministro ha fatto pensare che dietro la proposta di legge, presentata a distanza di due settimane, vi fosse la precisa volontà di vendicare l’affronto subito e colpire i membri di governo appartenenti all’UDI.

In realtà dietro la scelta di alzare i toni del discorso etnico intrapresa dal partito di maggioranza vi è una precisa tattica politica al fine di sfruttare le argomentazioni etnico nazionali per accaparrarsi voti alle prossime elezioni locali che si terranno in Marzo. Al momento i sondaggi, seppur tradizionalmente poco attendibili, danno per favorito il principale partito di opposizione, l’Unione Socialdemocratica di Macedonia (USM). La volontà del partito di governo è quella di spostare l’attenzione del dibattito politico dalle recenti “sconfitte” subite in ambito internazionale, con il generale stallo dei negoziati per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea, e in campo economico dove, a causa del drastico calo delle esportazioni, l’economia versa in condizioni critiche e le previsioni più ottimistiche danno un solo punto percentuale di crescita del PIL nel 2012.

Nonostante gli scarsi risultati ottenuti dal proprio governo, il Primo Ministro Gruevski rimane il politico più popolare e amato in Macedonia, ma proprio il timore di un calo di popolarità lo ha convinto ad appellarsi ad elementi di carattere etnico con la consapevolezza di intaccare la già precaria tenuta della coalizione. Non si può escludere che le attuali scelte di Gruevski rientrino in una prospettiva più ampia in cui una eventuale uscita dal governo dell’UDI porterebbe ad elezioni politiche anticipate, da accorpare a quelle locali, prima quindi che la crisi economica interna acuisca ulteriormente la disaffezione nei suoi confronti.

Le tensioni tra le diverse anime della società macedone rischiano di crescere ulteriormente nei prossimi mesi ma è più probabile che, per quanto forti, i toni rimangano confinati in una dialettica politica pre-elettorale. Pur non essendoci quindi un concreto rischio che lo scontro si radicalizzi portando nuovamente ad episodi di violenza etnica, a fare le spese dell’attuale situazione di totale stallo politico è la Macedonia stessa che rallenterà ulteriormente il proprio processo di sviluppo.

 

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